venerdì 25 luglio 2025

LONESOME DOVE di LARRY MCMURTRY

TITOLO: Lonesome Dove
AUTORE: Larry McMurtry    traduzione di: Margherita Emo
EDITORE: Einaudi
PAGINE: 992
PREZZO: € 17
GENERE: letteratura americana, letteratura western
LUOGHI VISITATI: Texas metà '800


Un libro meraviglioso che si legge in un soffio nonostante la mola.

Un viaggio epico spostare una mandria di bovini dal Texas al Montana per fondare un nuovo ranch nelle verdeggianti praterie a nord dello Yellowstone dove non è ancora arrivato nessuno. Questa sarebbe già una bellissima storia, ma è solo la principale a cui se ne aggiungono molte altre rendendo impossibile appoggiare il libro.

Quando la mandria e la squadra della Hat Creek abbandonarono l’arida pianura del Wyoming per addentrarsi a poco a poco nel Montana, ebbero tutti l’impressione di lasciarsi alle spalle non solo il caldo e la siccità, ma anche la bruttezza e i pericoli. Invece di essere gessose e coperte di artemisia, le pianure erano coperte d’erba alta e punteggiate di fiori gialli. Le ondulazioni del terreno si allungarono, i riflessi del caldo che avevano avuto negli occhi per tutta l’estate lasciarono il posto all’aria fresca, pungente del mattino e fredda della sera. Cavalcarono per giorni di fianco ai Monti Bighorn, le cui cime sparivano a volte tra le nuvole.
La freschezza dell’aria parve migliorare la vista degli uomini, che si misero a congetturare su quante miglia riuscivano a vedere. Le pianure si stendevano verso nord a perdita d’occhia. Avvistarono molta selvaggina, soprattutto cervi e antilocapre. Una volta videro una grossa mandria di alci e due volte un piccolo branco di bisonti. Non videro altri orsi, ma ci pensavano spesso.
I cowboy vivevano da mesi sotto l’immensa cupola del cielo, eppure il cielo del Montana sembrava più profondo di quello del Texas e del Nebraska. Era così profondo e così azzurro da privare perfino il sole della sua ferocia: appariva più piccolo, in quella vastità, e a mezzogiorno il cielo non diventava mai tutto bianco come aveva fatto più a sud. A nord restava sempre una fascia azzurra, dove nubi bianche galleggiavano come petali in uno stagno.”

Qualsiasi aspetto del western che vi viene in mente in questo libro c’è ed è tutto amalgamato alla perfezione: ranger, ranch, cowboys, mandrie, sceriffi, ladri di cavalli, saloon, indiani, esercito, cercatori d’oro, cacciatori di pellicce, prostitute.

Protagonisti principali sono Gus e Call due Texas Ranger “in pensione” che gestiscono la Hat Creek un ranch/rivendita di bestiame a Lonesome Dove in Texas sul confine con il Messico. Alla base c’è la storia di amicizia e lealtà tra questi due uomini che non potrebbero essere più diversi ma che assieme si completano meravigliosamente e che rappresentano anche la famiglia l’uno dell’altro. Gus sembra fuori luogo nel west, scrive in latino, adora tutti i piaceri della vita e si prende cura di sé, è un gran chiacchierone, giocatore incallito e grandissimo amatore, ma come il suo socio è molto coraggioso e affidabile. Call è l’esatto opposto, burbero, taciturno, infaticabile lavoratore, si ferma solo quando strettamente necessario e i piaceri della vita praticamente non sa cosa sono. Con loro alla Hat Creek ci sono Pea Eye un vecchio compagno nei ranger, il Deets un ex schiavo collaboratore di Call (tra loro c’è un rapporto di reciproca fiducia perché consci del valore dell’altro, non si può parlare davvero di amicizia per le differenze di estrazione sociale diciamo ma è qualcosa che si avvicina molto) e il giovane Newt che aspira a diventare un cowboy e il cuoco messicano Bolivar. La vita procede come sempre quando un giorno arriva Jack Spoon un loro compagno e amico nei ranger che lancia un’idea: traferirsi con una mandria nel Montana e fondare un ranch dove nessuno l’ha ancora fatto. E (inaspettatamente) l’idea prende piede, gli uomini della Hat Creek si organizzano e si parte (la faccio facile, ma non è affatto così già la preparazione è un susseguirsi di avventure).

Ma come detto questa è solo la storia principale (che già di per sé non è poco) ma si affiancano nel corso della narrazione altre storie e altri personaggi, man mano che leggiamo scopriamo e conosciamo meglio tutti i personaggi e il loro vissuto, ad esempio quello di Lorena la ragazza del saloon, ma anche la storia di Newt che viene cresciuto quasi come un figlio da Call e Gus, e poi Spoon che si rivelerà essere un soggetto diverso dagli amici. Ci sono poi le storie dell’indiano Blue Duck e dello sceriffo July Johnson. E poi Clara Allen, una vecchia amica di Gus che gestisce una rivendita di cavalli nel Nebraska e sarà punto di riferimento per i nostri eroi.  

Va detto che Lonesome Dove è ambientato nel west, è sicuramente un romanzo western ma non solo questo è anche molto altro, troviamo amicizia, lealtà, avventura, giustizia, amore, Storia e anche una sorta di autocritica verso il sistema su cui si reggeva il west, l’avvento dei bianchi, la colonizzazione dei territori indiani, la troviamo molto nelle parole di Gus.

“Quando si alzarono, Tobe riprese diligente il suo giro di ronda. Augustus attaccò i muli nuovi al carro nuovo. Le strade di San Antonio erano deserte e silenziose. La luna era alta e un paio di capre randagie sfregavano il muso contro le mura del vecchio Alamo, in cerca di un ciuffo d’erba. Quando erano arrivati nel Texas negli anni Quaranta, la gente non parlava d’altro che di Travis e dei prodi che avevano perso la battaglia, ma adesso la battaglia era stata dimenticata e l’edificio abbandonato.
-Call, si sono dimenticati di noi, come dell’Alamo – disse Augustus.
-Perché non dovrebbero? Non siamo rimasti qui.
-Non è per quello, è perché non siamo morti. Travis ha perso la battaglia e finirà nei libri di storia, quando qualcuno scriverà di questo posto. Se un migliaio di Comanche ci avesse intrappolato in una valle e sterminato tutti, come hanno appena fatto i Sioux con Custer, avrebbero composto canzoni su di noi per cent’anni.
A Call parve un’osservazione sciocca. – Non ci sono mai stati mille Comanche in un posto solo. Se c’erano, prendevano Washngton DC
Ma più Augustus pensava agli insulti che avevano ricevuto nel saloon – un saloon dove in passato erano stati accolti come eroi – più s’indispettiva.
- Avrei dovuto dare un paio di botte in testa a quello sbarbatello di Mobile.
-Era solo spaventato. Sono sicuro che Tobe gli farà la predica la prossima volta che lo vede.
-Non è quello il punto, Woodrow. Non afferri mail il punto.
-E qual è, maledizione?
-Se viviamo altri vent’anni, saremo noi gli indiani. A giudicare da come si sta popolando questo posto, tra poco ci saranno solo chiese e mercerie. E prima che non ce ne rendiamo conto, raduneranno noi vecchi turbolenti e ci rinchiuderanno in una riserva perché le signore non si spaventino.
-Mi sembra improbabile.
-È maledettamente probabile, invece. Se trovo una squaw che mi piace, me la sposo. Se devo essere trattato come un indiano, tanto vale che mi comporti come tale. Abbiamo passato i nostri anni migliori a combattere dalla parte sbagliata.
Call non voleva discutere di simili sciocchezze. Avevano quasi raggiunto i margini della città e passarono accanto ad alcuni tuguri di adobe dove vivevano i messicani più poveri. In uno di loro piangeva un bambino. Call era sollevato all’idea di andarsene. Quando Gus era così riottoso, poteva succedere di tutto. In campagna, se si fosse arrabbiato e avesse sparato a qualcosa, avrebbe sparato a un serpente, non a un barista incivile.
-Non abbiamo combattuto dalla parte sbagliata. Il miracolo è che tu sia rimasto così a lungo dalla parte giusta della legge. Jake è troppo vigliacco per essere un gran fuorilegge, ma tu non lo sei.
-Non è detto che non lo diventi. Sempre meglio che catturare gli ubriaconi per vivere, come Tobe Walker. Che diavolo, si è quasi messo a piangere dalla voglia di venire con noi, quando siamo partiti. Tobe era veloce una volta e, guardalo adesso, è grasso come un castoro.
-È vero che è ingrassato, ma Tobe è sempre stato robusto – disse Call. Su un punto, però Gus aveva probabilmente ragione. Tobe aveva lo sguardo molto triste quando se n’erano andati.” 

Quella di McMurtry è una scrittura magnetica, essenziale e lineare ma al tempo stesso molto descrittiva che immerge il lettore nel contesto, nel paesaggio e nei personaggi, è anche molto realistica e cruda, non mancano momenti drammatici - McMurtry non è clemente con i propri personaggi (cosa in realtà che rende la storia ancor più veritiera, perché la vita – purtroppo – non è una favola) quindi se siete sensibili (leggasi piagnoni come me) preparate i fazzoletti perché le lacrime non mancano. E poi c’è tantissima introspezione, analisi dell’animo umano e il materiale (i personaggi) non manca.

Lonesome Dove è stato pubblicato nel 1985 (ha vinto il premio Pulitzer l’anno successivo) e nel corso dei decenni successivi Mc Murtry ci racconta altre avventure di Gus e Call con dei prequel e dei sequel che francamente non vedo l’ora di leggere (Per le strade di Laredo (sequel), Il cammino del morto e Luna Comanche (prequel)).

 

Fatemi sapere nei commenti se lo avete letto, se conoscete Call e Gus.


venerdì 18 luglio 2025

IL CALAMARO GIGANTE DI FABIO GENOVESI

TITOLO: Il calamaro gigante
AUTORE: Fabio Genovesi
EDITORE:  Feltrinelli
PAGINE: 144
PREZZO: € 10
GENERE: letteratura italiana
LUOGHI VISITATI: il mare alla ricerca del calamaro gigante o mitologico Kraken





Cercate una lettura fresca, divertente, estiva, leggera ma anche molto interessante e istruttiva? Ho il libro giusto: Il calamaro gigante di Fabio Genovesi.

Una scrittura leggera, ironica, divertente che racconta, attraverso capitoli brevi dove si mescola tutto quanto, le storie legate al calamaro gigante con altre personali, autobiografiche dall’autore o comunque presentate come tali. Senza perdere la sua semplicità e colloquialità ci sono - oltre a tantissime curiosità -importanti spunti di riflessione, diventando a tratti quasi “filosofico” e ci sono anche alcune storie commoventi (almeno per me come quella della nonna Giuseppina).

Protagonista indiscusso è il calamaro gigante di cui ad oggi ancora sappiamo molto poco e che è stato per secoli una sorta di animale mitologico. La comunità scientifica negava la sua esistenza e i pochi studiosi che avevano l’ardire di considerarlo reale venivano emarginati, le notizie degli avvistamenti erano per lo più ritenute fantasie di marinai.  

“Insomma, tutto questo discorso per dire che, quando parliamo di calamari, spesso non abbiamo idea di cosa siano davvero. Li abbiamo visti solo fritti o ripieni, o spiaccicati sul bancone di una pescheria. E quindi non li abbiamo mai visti. Perché loro sono diversi da noi uomini, che da morti non cambiamo mica tanto. Se un tizio muro bene, sembra uno che dorme. Lo metti in piedi, gli apri gli occhi e gli piazzi un telefono in mano, e siamo noi. Appena un calamaro muore invece, sparisce con tutta la sua magia.
quel modo armonioso e ipnotico di spostarsi, la morbida potenza dei tentacoli là in fondo, che possono unirsi a formare un’unica punta che buca l’acqua, o aprirsi in una corolla come i raggi di un sole che accende il mare, danzando ognuno per sé eppure in armonia, perché parte del suo cervello sta proprio lì, e ogni braccio pensa un po’ per conto suo. La capacità fantascientifica di cambiare colore, così immediata che in confronto i camaleonti sono dilettanti a una gara della parrocchia. I calamari, come le seppie e i polpi, sono astronavi aliene che aleggiano là sotto, piene di luci in ricognizione sul nostro pianeta.
E questo stesso miracolo, questa magia ipnotica, è il soffio vitale che anima il calamaro gigante. Solo che è un soffio lungo venti metri.
Il corpo vero e proprio, il mantello là in cima, è la parte più corta, contornata da una pinna trasparente che danza per gli spostamenti minimi e precisi, mentre per viaggiare veloce come un missile usa il getto d’acqua del sifone, da dove schizza pure la sua nuvola di inchiostro nero. Il sangue invece è blu, perché la posto del ferro contiene il rame, e a pomparlo in circolo ci pensano tre cuori. Gli occhi sono due, tondi e scuri, grandissimi anche considerando le sue dimensioni: un capodoglio ha occhi di sei centimetri, quelli del calamaro superano i trenta. Perfetti per vivere nel buio degli abissi, dove la luce è pochissima e va raccolta tutta.
E sotto gli occhi comincia la parte più grande del calamaro, otto lunghe braccia tentacolari, più altri due tentacoli che sono lunghi ancor di più. Schizzano lontano ad afferrare la preda con le ventose che li ricoprono, ognuna orlata da un anello tagliente e dentellato, e la portano alla bocca. Che sta lì in mezzo ai tentacoli, e più che una bocca è un becco, uguale a quello dei pappagalli, con dentro una lingua ruvida che si chiama radula, e come una grattugia consuma il cibo prima di ingoiarlo.
Ecco, questo è grosso modo quel che sappiamo del calamaro gigante, il resto è ancora un misto di teorie, scommesse e fantasia.”pag 105 e 106

È una lettura che mi ha sorpresa positivamente, avevo un po’ di timore a leggerla anche dopo aver letto la quarta di copertina pensavo potesse essere più problematica e avevo letto anche svariate critiche. In realtà io l’ho trovata una bella lettura che scorre molto veloce, è vero che si parla tantissimo del calamaro e che le storie sono un po’ simili ma non potrebbe essere diversamente se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo verso la fine ho avuto l’impressione che la narrazione diventi un pochino ripetitiva (nel senso che lo stesso concetto viene ripetuto più volte negli ultimi capitoli) però niente di insopportabile. Inoltre è un concetto che mi sta molto a cuore, si dice in soldoni che l’uomo si è eretto a capo del mondo ma in realtà è una delle tante creature che lo popolano e non è poi nemmeno la migliore.

La lettura di questo libro mi ha riportato a quella de Il libro del mare di Strøksnes con cui ha diversi punti in comune: entrambi scritti in prima persona con racconti autobiografici (o perlomeno così vengono presentati), sono divertenti ed ironici, raccontano tantissime curiosità ed entrambi si occupano in particolare di un animale (diverso ne Il calamaro gigante si parla appunto di calamaro e invece ne Il libro del mare si parla di squalo della Groenlandia) che però hanno in comune l’essere quasi mitologici oltre che enormi e preistorici.

Fabio Genovesi è un autore italiano contemporaneo che voglio approfondire, sono noti i miei problemi (leggasi pregiudizio) con la letteratura italiana non di genere (anche se negli ultimi anni piano piano la sto scoprendo).

Fatemi sapere se lo avete letto e cos’altro mi consigliate di questo autore.

Vi aspetto nei commenti


venerdì 11 luglio 2025

TUTTO CAMBIA di ELIZABETH JANE HOWARD

TITOLO: Tutto cambia
AUTORE: Elizabeth Jane Howard         traduzione di: Manuela Francescon
EDITORE: Fazi
PAGINE: 610
PREZZO: € 20
GENERE: letteratura inglese, romanzo famigliare, quinto volume saga Cazalet
LUOGHI VISITATI: Inghilterra anni '50


Tutto cambia 5° volume della saga famigliare dei Cazalet di Jane Howard – attenzione possibili spoiler sui volumi precedenti

Come dice il titolo ci sono tantissimi cambiamenti, ritroviamo la famiglia Cazalet negli anni ’50 alle prese con il progresso, la modernità. Viene definitivamente meno un’epoca, quella che prevede la servitù in casa, la suddivisione in “classi sociali rigide” dove nobiltà e alta borghesia ricca predominano (considerate classi superiori con molti privilegi, appartenervi pone su una sorta di piedistallo, si è in qualche modo migliore degli altri) un mondo fatto di lusso e privilegi e convenzioni sociali rigide. Le donne (e ora anche le donne sposate) per mille ragioni (dalla necessità alla volontà) lavorano e sono molto più indipendenti, così praticamente tutte le nostre protagoniste hanno un lavoro, cosa impensabile ai tempi della Duchessa.

Il cambiamento ben raccontato dalla considerazione di Clary:

“Somigliava a ogni Natale trascorso a Home Place, pensò, con la differenza che qui non c’erano Mrs Tonbridge ed Eileen ad assumersi il peso dei lavori domestici. Adesso dobbiamo cavarcela da sole, pensò. Il che va bene per noi, ma deve essere molto dura per le donne della vecchia generazione, come la povera zia Villy e anche Zoe. Era uno dei tanti cambiamenti, in apparenza insignificanti, innescati dal welfare state e dai governi laburisti. L’elezione di Mr Macmillan non ci farà tornare indietro nel tempo. A meno che uno non sia ricco, e allora può godere ancora dei vecchi privilegi. Chissà se tutte le persone che prima andavano a servizio adesso stanno vivendo una vita migliore.”

Ma cambiano anche le cose nel mondo degli affari, la ditta import export deve affrontare crisi molto pesanti, i legni pregiati interessano ancora? Siamo in un nuovo mondo e i valori sono cambiati.

Tra le crisi che i Cazalet devono affrontare c’è anche quella del destino di Home Place, la residenza estiva nel Sussex, dove hanno trovato rifugio durante la seconda guerra mondiale e che è simbolo del loro status ma anche luogo di mille ricordi, ma al tempo stesso troppo costosa da mantenere.

“La casa però è rimasta la stessa da allora. Se chiudo gli occhi vedo ancora i dettagli di ogni singola stanza, del giardino, del frutteto, dei campi, del bosco col suo torrente. Potrei andarmene in giro bendata e dirvi esattamente dove mi trovo. Ed è così per tutti noi, è questo che sto cercando di dire. Questa casa è dentro di noi e non ce ne dimenticheremo mai. Io credo che siamo fortunati ad avere avuto nella vita un luogo che ci è così caro e che ci porteremo sempre nel cuore”.

A farla da padroni nella scena sono le nuove generazioni, i ragazzi, i figli che avevamo conosciuto piccoli (Polly, Clary, Louise, Teddy e gli altri) ormai sono adulti fatti con tutte le loro vite, la necessità di trovare il loro posto nel mondo, e spesso a loro volta genitori. Ma non ci scordiamo delle generazioni precedenti e quindi scopriamo le sorti di Hugh, Edward, Rupert e Rachel e rispettivi coniugi. Come sempre nelle saghe famigliari amori, tradimenti, nascite e lutti non mancano e seguiamo tutti i personaggi che abbiamo conosciuto nei precedenti volumi.

Come negli altri romanzi c’è una magnifica interpolazione tra la Storia e le vicende personali dei Cazalet, offrendo un interessante spaccato storico e culturale; inoltre la Howard per scrivere la storia della famiglia Cazalet si è ispirata a fatti ed esperienze della propria vita.

Quanto è difficile lasciare andare una storia e dei personaggi, una famiglia come quella dei Cazalet di cui io mi sono sentita parte sin dalle prime pagine del primo volume!

Non posso che consigliarvi di recuperare l’intera saga.


venerdì 27 giugno 2025

POIROT SUL NILO di AGATHA CHRISTIE

TITOLO: Poirot sul Nilo
AUTORE: Agatha Christie     traduzione di: Grazia Maria Griffini
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 265
PREZZO: € 12,50
GENERE: giallo, letteratura inglese
LUOGHI VISITATI: Egitto primi decenni del Novecento



Sono una grandissima fan di Agatha Christie e adoro i suoi gialli, anche se per ragioni a me sconosciute tendo a centellinare la lettura nonostante i titoli numerosi. E non sopporto che si metta in dubbio la sua bravura, lo dico perché il libro si apre con una prefazione che apparentemente sembra criticare il romanzo soprattutto la narrazione della vicenda gialla, lo sottintende. La cosa mi ha fatto arrabbiare parecchio sia per lo smacco alla Christie sia per la mia fissazione di leggere le prefazioni prima del romanzo vero e proprio essendo la prima cosa che si incontra, quando invece molti lettori consigliano di leggerla alla fine. Così con il dente avvelenato ho iniziato la lettura per rimanerne estasiata. Alla fine ho letto anche la postfazione dove emerge il gioco di Dossena “Sembra un modo complicato di dire le cose, ma servirà almeno a dar l’idea che le cose sono complicate, che Agatha Christie era molto brava, e chi parla male di lei dovrebbe farci vedere lui, cosa è capace di fare”.

 

Una bella crociera sul Nilo a bordo del lussuoso battello Karnak in compagnia dello strepitoso Poirot, naturalmente non sarà una vacanza allegra e spensierata.

C’è una nutrita serie di personaggi e di vicende e di misteri che si intrecciano, molti sono i segreti che i passeggeri cercano di tener nascosto e non mancano svariate storie d’amore del resto la Christie sotto pseudonimo ha scritto anche molti “romanzi rosa”.

Tra i passeggeri del battello c’è anche una coppia in luna di miele, i Doyle, Linnet Ridgeway una giovane ereditiera e il neo sposo Simon; ma il loro viaggio è rovinato dall’importuna e opprimente presenza di Jacqueline de Bellefort, un tempo migliore amica di Linnet nonché fidanzata di Simon, decisa a vendicarsi rovinando loro almeno il viaggio di nozze con la sua presenza.

Una mattina Linnet Doyle viene trovata morta nel suo letto, uccisa da un colpo di pistola alla testa e sulla parete vicino a lei è stata tracciata una lettera J. Naturalmente dati i loro rapporti e il loro passato il principale colpevole sembra essere la ex amica Jacqueline, ma ha un alibi di ferro. La sera precedente nel salone ha dato in escandescenze e ha ferito Simon con una rivoltella, per questo è stata accompagnata alla sua cabina e sorvegliata; mentre Simon è stato accompagnato dal dottor Bessner nella propria cabina e medicato.

Poiché i principali sospetti sono da escludere praticamente tutti sulla nave possono essere i colpevoli, inoltre è salito a bordo il colonnello Race (vecchio amico di Poirot) alla ricerca di una spia e ci sono altri misteri da risolvere come il furto di una collana. A complicare ulteriormente la situazione il verificarsi di altri due delitti collegati probabilmente a quello principale, qualcuno ha visto qualcosa e ha cercato di ricattare il colpevole.

La soluzione è davvero geniale! Il delitto architettato è pazzesco! Come sempre ci ho provato, sono stata attenta e anche se qualcosa di stonato l’ho notato alla soluzione non ci sono arrivata. Solo un investigatore meticoloso, attento come Poirot poteva risolverlo.

“Poirot rimase in silenzio. Ma non era un silenzio modesto il suo. Pareva che i suoi occhi volessero dire: «Vi sbagliate. Non hanno pensato a Hercule Poirot»”.

 

 

Vi aspetto nei commenti per sapere se lo avete letto.


martedì 17 giugno 2025

GOOD OMENS - SERIE TV

TITOLO: Good Omens
REGIA: Douglas Mackinnon
SOGGETTO: Neil Gaiman e Terry Pratchett
STAGIONE: 1 per 6 episodi da 45 minuti circa
ANNO DI USCITA: 2019
GENERE: commedia fantastico
LUOGHI VISITATI: principalmente Inghilterra 2018





Se siete alla ricerca di una serie tv di intrattenimento, che mixa commedia e dramma, superstizione e credenze religiose, lotta tra il bene e il male vi consiglio di guardare The Good Omes.

Abbiamo un’amicizia millenaria tra un angelo Azraphel e un demone Crowley, esponenti sulla terra delle relative fazioni, Paradiso e Inferno. I due sono coinvolti nella fine del mondo e l’avvento dell’Apocalisse, che però cercano in tutti i modi di scongiurare perché amano troppo la vita sulla Terra.
Tutto è stato previsto, l’Apocalisse dovrà avvenire nel 2018 e l’Anticristo sarà un bambino figlio di un diplomatico americano Warlock Dowling, è compito di Crowley consegnare il neonato in una clinica “amica”, ma purtroppo quella sera sono presenti due partorienti e ci sarà un errore.

Azraphel e Crowling lavorano a casa Dowling ed espongono il bambino a influenze tanto positive quanto negative; quando il giorno dell’undicesimo compleanno di Warlock, il segugio infernale non si presenta, capiscono che deve essere successo qualcosa e si mettono alla ricerca del bambino “giusto” che è Adam Young cresciuto allegramente a Tadfield. 

Entrano in gioco altri personaggi a partire naturalmente dai Cavalieri dell’Apocalisse che vengono convocati da un corriere e i presenteranno all’appuntamento in sella a quattro roboanti e coloratissime motociclette. Conosciamo poi Anathema Device (strega moderna discendente dalla famosissima Agnes Nutter, autrice di un libro di profezie infallibili, messa al rogo nel Seicento dal temutissimo cacciatore di streghe Pulsifer); Newton Pulsifer (sì, discendente del citato cacciatore di streghe) tecnico informatico assoldato dal moderno cacciatore di streghe sergente Shadwell e da lui inviato a Tadfield.

La narrazione procede con una serie di avventure - e anche tanti flash back, tanti viaggi nel passato che ci permettono di scoprire l’amicizia di Azraphel e Crowling ma anche la storia di Agnes e Pulsifer -  fino a che tutti i protagonisti si trovano alla base militare di Tadfield dove avrà luogo lo scontro finale tra bene e male e la posizione determinante sarà quella del piccolo Adam, chissà quali conseguenze possono aver lasciato nel suo io, nei suoi sentimenti la sua infanzia spensierata e allegra in una normalissima famiglia piena di amore.

È una narrazione sicuramente scanzonata, che come detto all’inizio mixa commedia e dramma, molto divertente e ironica, con una pluralità di linee narrative destinate a congiungersi perché tutti coinvolti in qualche modo nella lotta finale. Una serie tv estremamente godibile che pone alla base della narrazione l’amicizia e l’amore, con un finale per me molto bello ed emozionante. Super consigliata.

La serie tv si basa sul romanzo Buona apocalisse a tutti di Terry Pratchett e Neil Gaiman, che io ho comprato dopo aver visto la serie e ora che finalmente l’ho recensita potrò leggere. E potrò vedere anche la seconda stagione che ho visto essere uscita un paio d’anni fa.

Fatemi sapere se la conoscete


martedì 13 maggio 2025

DON CAMILLO di GIOVANNINO GUARESCHI

TITOLO: Don Camillo
AUTORE: Giovannino Guareschi
EDITORE: Bur Rizzoli
PAGINE: 291
PREZZO: € 13
GENERE: letteratura italiana
LUOGHI VISITATI: nella Bassa (pianura padana emiliana) nell'immediato dopo guerra



Per me leggere Don Camillo è un po’ come tornare a casa, ho visto e rivisto infinite volte i film tratti/ispirati ai romanzi di Guareschi con Gino Cervi e Fernandel. Quindi l’approccio al libro è stato accompagnato da tantissima curiosità ma anche un po’ di timore e invece sono parimenti belli anche perché ho letto che lo stesso Guareschi ha collaborato nella realizzazione/scrittura dei film. Così mentre leggevo mi immaginavo i personaggi con il “volto” televisivo e mi pareva di udire la voce del Cristo sull’altare.

Un piccolo paese della pianura padana emiliana quella che viene chiama “la bassa”, siamo nell’immediato dopoguerra, sembrerebbe un paesino come tanti e sicuramente lo è, ma qui ci sono due figure di riferimento il prete Don Camillo e il sindaco Peppone, il primo democristiano (la definizione la metto io ma non potrebbe essere diversa) e il secondo comunista. Due personaggi forti, presenti, pesanti nella vita del paese che non si fanno problemi a far sentire la propria voce, forte e chiara. È il periodo della lotta politica, del ritorno alla democrazia, della stesura della costituzione, ed è un periodo dove la paura verso il “comunismo” è molto forte.

Abbiamo due protagonisti forti che si scontrano (e non solo a parole) fanno parte di contrapposte fazioni politiche ma a modo loro sono molto legati e amici, in fondo condividono gli stessi principi e si scoprirà una bellissima storia di amicizia che sa andare oltre le divisioni politiche (emerge già in questo volume anche se la storia della loro amicizia e il loro primo incontro si troverà nei volumi successivi, io la conosco per i film).

In particolare una delle mie scene preferite è quella in cui don Camillo e Peppone rinfrescano la pittura delle statuine del presepe, è un episodio molto bello ed è anche quello che chiude il libro, quasi fosse una favola a lieto fine, ed è la dimostrazione della profonda amicizia e stima reciproca che lega i due nonostante le divergenze politiche: la storia di due nemici (politici) che però in fondo si vogliono molto bene, c’è tanta stima reciproca e amicizia vera, non potrebbero esistere senza l’altro, si completano a vicenda.

“La folla mugolò, poi tacque.
Don Camillo gonfiò il torace, si piantò saldo sulle gambe, buttò via il cappello e si segnò. Poi alzò il pugno formidabile e sparò una mazzata sul fungo.
«Mille!» urlò la folla.
«Se a  qualcuno interessa, sappia che a quota 1000 tira una brutta aria!» disse don Camillo.
Peppone era diventato pallido e gli uomini del suo stato maggiore lo sbirciavano tra delusi e offesi. Altra gente ghignava contenta. Peppone guardò negli occhi don Camillo, si ritolse la giacca, si piazzò davanti alla macchina e alzò il pugno.
«Gesù» sussurrò in fretta don Camillo.
«Mille!» urlò la folla. E lo stato maggiore di Peppone fece un balzo di gioia.
«A quota mille tira brutta aria per tutti» concluse lo Sghembo. «Meglio rimanere al piano.»
Peppone si allontanò trionfante da una parte e don Camillo trionfante dall’altra.
«Gesù» disse don Camillo quando fu davanti al Cristo. «Ti ringrazio. Ho avuto una paura matta.»
«Di non far mille?»
«No, che non facesse mille anche quel testone là. L’avrei avuto sulla coscienza.»
«Lo sapevo e l’ho aiutato io» rispose sorridendo il Cristo. «Del resto anche Peppone, appena ti ha visto, ha avuto una paura matta che non riuscissi a fare novecentocinquantadue anche tu».” 

Infine c’è un terzo personaggio fondamentale che è il Gesù dell’altare a cui don Camillo si rivolge molto spesso, cui parla e discute anche delle cose che lo circondano e che gli accadono. È un Gesù saggio, giusto ma anche molto ironico, praticamente una voce della coscienza se vogliamo.

“«È passato Peppone e mi ha salutato» disse allegramente il Cristo.
«Attento Gesù» rispose don Camillo. «Già altri Vi ha addirittura baciato e poi per trenta lire Vi ha venduto. Quello lì che Vi ha salutato è uno che, tre minuti prima, mi aveva detto che il giorno della riscossa troverà sempre un pezzo da 75 per sparare addosso alla casa di Dio!»
«E tu cosa gli hai risposto?»
«Che troverò sempre un mortaio da 81 per rispondergli sparando addosso alla Casa del Popolo.»
«Capisco, don Camillo: il guaio è che tu, il mortaio da 81, ce l’hai sul serio.»
Don Camillo allargò le braccia.
«Gesù» disse «ci sono delle cianfrusaglie che uno non riesce a buttarle via perché sono dei ricordi. Noi uomini siamo tutti un po’ sentimentali. E poi non è meglio che questa roba sia in casa mia piuttosto che in casa d’altri?»
«Don Camillo ha sempre ragione» rispose sorridendo il Cristo. «Fino a quando non farà qualche sopercheria.»
«Per questo non ho paura; ho il miglior consigliere dell’universo» rispose don Camillo. E così il Cristo non seppe più cosa rispondergli.”

Abbiamo una narrazione per episodi dove pian piano iniziamo a conoscere e prendere confidenza con i personaggi e le loro caratteristiche. Ho letto che in realtà l’opera di Guareschi nasce sotto forma di racconti: per la precisione 347 racconti ambientati nella cittadina inventata di Ponteratto che hanno per protagonisti Don Camillo e Peppone, il complesso prende il nome di “Mondo piccolo” e solo successivamente sono stati raccolti in otto libri.

Alla fine del libro c’è una breve biografia di Giovannino Guareschi, che è stato scrittore, giornalista e caricaturista, è famoso in tutto il mondo per “Mondo piccolo”. Ha avuto una vita piuttosto intesa e movimentata e da quello che ho letto io ci vedo molto sia di don Camillo che di Peppone nel senso che nella sua vita Guareschi ha portato avanti una lotta per il bene scontrandosi anche con personaggi politici di spicco, una sorta di scontro con potenti e lui semplice rappresentante del popolo. O meglio ha trasmesso ai suoi personaggi il suo carattere e il suo modo d’essere.

È sicuramente un libro coccola, una coccola per l’anima e per il cuore; come dice lo stesso Guareschi nel prologo non sarà grande letteratura me questo libro appartiene al genere ‘confort’ che fa bene. Probabilmente recupererò anche gli altri libri.

Fatemi sapere nei commenti se conoscete Don Camillo e Peppone e se avete letto Guareschi.


venerdì 9 maggio 2025

LE CITTÀ INVISIBILI di ITALO CALVINO

TITOLO: Le città invisibili
AUTORE: Italo Calvino
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 166
PREZZO: € 12,50
GENERE: letteratura italiana



Le città invisibili di Calvino è un libro estremamente difficile da raccontare, almeno per me.

È un insieme di frammenti che raccontano di città, che si inseriscono Anzitutto abbiamo una cornice narrativa che vede Marco Polo raccontare a Kublai Kahn delle città che ha visto durante i suoi viaggi. Ogni capitolo si apre e si chiude con questa sovrastruttura, che si differenzia del resto del testo per essere in corsivo. Sono parti molto riflessive e ‘filosofeggianti’ perché poi i due si interrogano sul senso della vita e delle città.

I capitoli sono rappresentatati da un insieme di frammenti, di brevissimi racconti, poche pagine i più lunghi, solo pochi paragrafi la maggior parte, in cui vengono narrate delle città. Città immaginarie e immaginifiche, sognate e sognanti, città assolutamente fantasiose; ciascun frammento ci racconta di una città facendo perno su un suo aspetto peculiare che maggiormente la caratterizza. Un insieme di pezzetti di sogni, di immagini di città che non esistono ma che al tempo stesso contengono una e tutte le città del mondo.

 

“La città e la memoria.
All’uomo che cavalca lungamente per terreni selvatici viene desiderio d’una città. Finalmente giunge a Isidora, città dove i palazzi hanno scale a chiocciola incrostate di chiocciole marine, dove si fabbricano a regola d’arte cannocchiali e violini, dove quando il forestiero è incerto tra due donne ne incontra sempre una terza, dove le lotte dei galli degenerano in risse sanguinose tra gli scommettitori. A tutte queste cose egli pensava quando desiderava una città. Isidora è dunque la città dei suoi sogni: con una differenza. La città sognata conteneva lui giovane; a Isidora arriva in tarda età. Nella piazza c’è il muretto dei vecchi che guardano passare la gioventù; lui è seduto in fila con loro. I desideri sono già ricordi.”

 Il tutto è estremamente fantasioso e metaforico, la narrazione è praticamente priva di trama, è quasi una sorta di esperimento o esercizio di scrittura. Se da un lato però tutto è astratto e generico oltre che frutto della fantasia dall’altro ci permette in qualche modo di vedere in noi stessi, le città e la cornice narrativa ci porta a riflettere. È un libro in questo senso filosofico.

Devo dire che nonostante io preferisca di gran lunga i libri di trama (in generale) Calvino mi piace – è un pilastro della letteratura italiana del Novecento e devo certo dirlo io che merita di essere letto – nonostante almeno sulla carta le sue opere sono un po’ diverse dai miei gusti abituali. Questo è il secondo libro che leggo dopo Se una notte d’inverno un viaggiatore… anche questo un libro particolarissimo, quasi un ibrido tra un romanzo e una raccolta di racconti (un po’ come Città invisibili) però i racconti sono “lunghi” idealmente rappresentano degli incipit di altrettanti romanzi.

Il libro si apre con una fantastica presentazione della storia da parte dello stesso Calvino (tratta da un intervento che fece in un’università americana, inutile dire che voglio assolutamente recuperare Lezione Americane) che ci racconta sia come è nato questo libro sia più in generale il suo metodo di scrittura (argomenti che mi affascinano sempre tantissimo).

“Il libro è nato un pezzetto per volta, a intervalli anche lunghi, come poesie che mettevo sulla carta, seguendo le più varie ispirazioni. Io nello scrivere vado a serie: tengo tante cartelle dove metto le pagine che mi capita di scrivere, secondo le idee che mi girano per la testa, oppure soltanto appunti di cose che vorrei scrivere. Ho una cartella per gli oggetti, una cartella per gli animali, una per le persone, una cartella per i personaggi storici e un’altra per gli eroi della mitologia; ho una cartella sulle quattro stagioni e una sui cinque sensi; in una ho raccolto pagine sulle città e sui paesaggi della mia vita e in un’altra città immaginarie, fuori dallo spazio e dal tempo. Quando una cartella comincia a riempirsi di fogli, comincio a pensare al libro che ne posso tirar fuori.”

Infine in questa edizione Mondadori è presente anche una nota biografica intitolata “cronologia” caratterizzata dall’accompagnare i vari dati biografici con testo, con delle parole di Calvino stesso relativo a quel dato.

Sicuramente voglio approfondire la conoscenza, come dicevo prima Italo Calvino è un importantissimo autore italiano che nonostante io non sia una grande appassionata di letteratura italiana e nonostante i libri che ho letto finora siano piuttosto particolare, a me piace.

Fatemi sapere se lo conoscete e quali titoli mi consigliate di leggere.