TITOLO:
L'opera struggente di un formidabile genio
AUTORE:
Dave Eggers traduzione di Giuseppe Strazzeri
EDITORE:
Mondadori
PAGINE:
485
PREZZO:
€ 11,00
GENERE:
letteratura americana contemporanea
LUOGHI VISITATI: Chigaco, San Francisco e California
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“Sapevo di potercela fare, e
adesso so questo, so cosa sto facendo, so che sto facendo qualcosa di bello e
allo stesso tempo di orribile, perché sto distruggendo la sua bellezza con la
consapevolezza che potrebbe essere una cosa bella, perché so che se so che una
cosa è bella, allora non è più bella. Ho paura che se anche è bella in
astratto, il fatto che io la faccia sapendo che è una cosa bella e, peggio ancora,
sapendo che presto ne darò documentazione, che nella mia tasca c’è un
registratore infilato specificatamente all’uopo, tutto questo rende quest’atto
di potenziale bellezza in un certo senso orrendo.”
Un libro piuttosto particolare –
d’altra parte lo si capisce già dal titolo – che mi è piaciuto moltissimo. Leggendo
la trama mi aspettavo un libro molto più deprimente e drammatico, non è una
storia semplice quella che viene raccontata ma è condita da tanta ironia e
autoironia del protagonista che spesso strappa un sorriso anche nei momenti più
difficili.
La prima cosa da dire è che si
tratta di un romanzo in parte autobiografico: quanto narrato è ispirato alla
vita di Dave Eggers che ha perso entrambi i genitori di cancro nel giro di
pochissimo tempo e si è poi occupato del fratellino Cristhoper detto Toph, trasferendosi
a San Francisco dove oltre a lavorare come grafico ha anche fondato una
rivista, tuttora è editore e si occupa di svariate pubblicazioni tra cui anche
una rivista letteraria. Durante la lettura del libro mi ero ripromessa di
cercare maggiori informazioni su google in particolare volevo capire cosa fosse
vero e cosa frutto della sua fantasia, però non sono riuscita a farmi un quadro
chiaro, ma forse è meglio così e (da quel poco che sono riuscita a capire e
ricostruire) resto dell’idea che alla esperienze personali abbia ricamato
attorno con la sua genialità.
È un autore che voglio conoscere
meglio, ho apprezzato la sua scrittura e in generale anche lui protagonista, la
sua capacità di raccontare un’esperienza drammatica con tanta autoironia e
coinvolgere e appassionare il lettore oltre che strappare qualche sorriso;
penso che non solo la sua scrittura ma anche lui come scrittore e uomo debba
avere un bel carattere effervescente.
Questo romanzo (che è stato finalista
al Premio Pulitzer per la saggistica nel 2001 anche se io continuo a chiamarlo
romanzo) è la prima opera di Dave Eggers quindi è il suo romanzo d’esordio! Davvero
trovo Eggers un “formidabile genio”.
A questo libro sono arrivata con
il progetto #scrittoinamerica che seguo su Instagram e che è finito con il mese
di dicembre; l’argomento per questa ultima tappa erano gli scrittori
sperimentali cioè quegli scrittori che hanno utilizzato le regole grammaticali
e linguistiche, la parola scritta in generale in modo diverso e innovativo, tra
i suggerimenti c’era proprio questo romanzo - oltre ad altri tra cui Faulkner
(lui sì che ha usato le parole in modo sperimentale, quanta fatica ho fatto
l’estate scorsa a leggere L’urlo e il furore) – e l’ho scelto perché leggendo
la trama mi aspettavo – come detto prima - qualcosa di diverso per cui temevo
di non trovare il coraggio di leggerlo se non “per dovere”.
Cosa ci racconta Dave? Della
malattia della madre e dei giorni in cui la accudisce, la perdita del padre, la
nuova vita che si crea in California con il fratellino, una vita fatta di
giornate in spiaggia, tanti giochi e sport, ma poi ci sono anche il lavoro e la
scuola, la quotidianità domestica tra i due e tutte le esperienze legate alla
rivista che fonda con alcuni amici. Tutto diventa occasione per riflettere sul
senso della vita. Addirittura Dave si propone come un nuovo modello
genitoriale, è chiaro che ci mette tutto l’impegno possibile ma non è proprio
il modello ideale ad esempio arrivano sempre tardi a scuola, hanno una pessima
organizzazione e non sono capaci di cucinare praticamente nulla di diverso dai
‘tacos’ anche se però mangiano molta frutta.
“Toph e io siamo il futuro, un
futuro spaventosamente luminoso, un futuro che arriva da Chicago nella forma di
due ragazzi terribili che vengono da chissà dove, emarginati e dati per
spacciati, naufraghi, dimenticati, eppure, eppure invece eccoli qui, ancora a
galla, ancora più coraggiosi e temerari di prima, certo un po’ ammaccati e con
la barba lunga e con le gambe dei pantaloni un po’ lise e le pance piene di
acqua salata, ma ormai inarrestabili, insormontabili, pronti a prendere a calci
i culi cicciosi del grigio, occhialuto, piriforme, deprimente genitorame di
Berkeley.”
Elemento caratteristico è lo
stile e la scrittura: assolutamente ricca, prolissa, con frasi lunghe,
articolate, complesse; è strabordante e descrittiva fino all’eccesso. Il
lessico utilizzato è prevalentemente colloquiale, informale e ‘giovane’ (non
riesco a trovare altro aggettivo per descriverlo) e tutto ciò coinvolge il
lettore.
La narrazione è in prima persona,
conosciamo quello che accade attraverso gli occhi del protagonista, ma oltre
agli avvenimenti ci vengono raccontate anche le impressioni e le speculazioni
che il protagonista fa con se stesso.
“Mentre volo giù per le scale so che
ovviamente qualcuno ne approfitterà per fare del male a Toph. Lo so ogni volta
che lascio Tohp da solo, cosa che ormai faccio più spesso e senza baby-sitter,
dato che Toph ha tredici anni. Nel momento in cui chiudo a chiave la porta, e
anche il portone è chiuso, e la porta sul retro che conduce alla lavanderia nel
seminterrato è anch’essa sprangata, va tutto bene, ma poi mi ricordo che la
serratura di quest’ultima porta è sgangherata e inutile, ed è sicuramente da lì
che farà il suo ingresso l’uomo malvagio. Gli arriverà alle spalle, perché è da
un pezzo che sorveglia la casa e aspetta che io me ne vada, e sa che starò via
per un po’ perché ha ascoltato la mia telefonata, e da un pezzo mi osserva con
un binocolo o un telescopio. E dopo che me ne sono andato arriverà, con le sue
funi e la sua cera – è amico di Scott, lo scozzese, ovviamente! – e costringerà
Toph a fargli delle cose, perché saprà che io sono fuori”.
Dave Eggers è un
protagonista/narratore fuori dagli schemi, strampalato, megalomane e anche un
po’ maniaco, bugiardo per difesa.
“Mi ascolta eccome, per cui vado
avanti. Non sono sicuro del perché lo faccio. La gente mi pone domande e io,
prima che possa formulare una risposta orientata verso la verità, mento. Mento
sul modo in cui i miei genitori sono morti - «Ricordi il bombardamento
dell’ambasciata americana in Tunisia?» - sulla mia età – dico sempre di avere
quarantuno anni – sull’età di Toph, sulla sua altezza; quando la gente chiede
di lui ottiene le menzogne più elaborate – che ha perso un braccio, che ha un
cervello da neonato, che è ritardato, uno scocciatore (quest’ultima la dico
solo in sua presenza), che è impiegato alla marina mercantile, che è in
carcere, in riformatorio, o che ne è appena uscito, che spaccia crack - «Vecchio
Toph, gli basta un po’ di crack e dovreste vedere come gli si illumina il
faccino!» -, che gioca nella Continental Basketball Association.”
Tutta questa opulenza espositiva
(che personalmente adoro) non è una peculiarità solo di Eggers. Penso che la
sua bravura sta nel mischiare più elementi contrastanti, questa scrittura dal taglio
prevalentemente ironico usata per raccontare esperienze di vita molto
drammatiche, questa sua ‘genialità’ anche nella strutturazione del romanzo che
presenta alcune peculiarità. La prima è che all’interno della narrazione ci
sono riferimenti al libro stesso, ma non solo sotto forma di rimando ad una
spiegazione successiva ma addirittura nel libro di dice e alcuni
protagonisti/personaggi parlano di cosa deve esserci nel libro, di come debbano
svolgersi i fatti in modo da poterli inserire e si dice che alcuni nomi
verranno cambiati per ragioni di riservatezza. L’altra particolarità sta nella
presenza di una lunga prefazione in cui vengono forniti suggerimenti su come
leggere il libro e anche una serie di spiegazioni, di interpretazioni e infine
di parti che sono state tagliate dal romanzo. Già la ‘prefazione’ che poi è una
sorta di capitolo introduttivo mi ha fatto innamorare.
Consiglio il libro a chi vuole
leggere qualcosa di diverso.
Voglio assolutamente leggere
altro di Eggers, aspetto vostri consigli nei commenti.