TITOLO: Cucinare un orso
AUTORE: Mikael Niemi - traduzione di Alessandra Albertari e Alessandra Scali
EDITORE: Iperborea
PAGINE: 507
PREZZO: € 19,50
GENERE: letteratura svedese
LUOGHI VISITATI:Svezia
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"Prese una a una, le lettere erano deboli. Ma quando il pastore insegnò al piccolo sami a metterle in fila accdde qualcosa. Fu un po' come quando si accende il fuoco: un singolo ciocco di legno serve a poco. Ma appena se ne aggiunge un altro, ecco che inizia davvero a riscaldare. Le lettere prendevano vita una dall'altra, e insieme inziavano a parlare."
Le vicende si svolgono nell'estremo nord della Svezia al confine con la Finlandia, nella cittadina di Kengis intorno alla metà dell'800,
Primo protagonista è Lars Levi Læstadius, pastore luterano, fondatore di un movimento religioso che porta il suo nome. Læstadius è un uomo buono, colto, appassionato naturalista e acerrimo nemico dell'acquavite. Prende con se Jussi, un ragazzino di origni Sami che si era dato al vagabondaggio pur di fuggire alla ricerca di un esistenza migliore. Jussi così diventa "una persona" perché iscritto nei registri parrocchiali, ma soprattutto impara a leggere e scrivere (diverse lingue tra cui svedese, finlandese e sami); il pastore lo porta con se nelle proprie escursioni naturalistiche e gli trasmette tutto il suo sapere. Si crea un profondo legame di affetto, come tra padre e figlio, e questa è la reciproca considerazione. Ma per Jussi non sarà tutto facile, fuori dalla canonica lui è un "noiadi" termine dispregiativo che significa stregone, così la gente del paese "civilizzata" chiama Jussi e la sua gente; Jussi, a parte la famiglia del pastore, non ha amici e non parla praticamente con nessuno perché timido e senza fiducia in se stesso. Incarna alla perfezione il diverso, il capro espiatorio, perché se succede qualcosa ovviamente chi può essere il colpevole? In realtà è molto sveglio, altruista e di animo davvero nobile e generoso.
La narrazione si svolge su diversi piani che si intrecciano, alle vicende personali dei due protagonisti si aggiungono le tematiche del "risveglio", la situazione delle popolazioni Sami e dei misteriosi omicidi.
Il testo fornisce un quadro della situazione delle popolazioni Sami (o Lapponi) a metà '800: un popolo nomade di allevatori di renne della penisola scandinava, con una propria lingua, cultura e tradizioni ma senza uno Stato; questo popolazioni ancora oggi mantengono la propria identità culturale all'interno dei Paesi che li "ospitano".
La quiete è rotta da omicidi e aggressioni ai danni di ragazze, le autorità locali ritengono le aggressioni riconducibili ad un orso. Il pastore Læstadius è di diversa opinione e con Jussi intraprende delle proprie indagini e basandosi su un metodo scientifico, scopriranno che il responsabile è un uomo; ma ovviamente non vengono ascoltati..... Questa parte di narrazione "gialla" di risoluzione di un mistero è ben costruita e coinvolgente, al lettore vengono dati tutti gli indizi e le prove da cui può trarre le sue conclusioni/supposizioni.
L'altro filone narrativo è quello del "risveglio": un movimento di riforma interno alla Chiesa Protestante Luterana, che si propone di portare ad un rinnovamento spirituale, ad una fede più autentica e al ravvedimento dei fedeli, soprattutto verso un maggior impegno anche verso il prossimo. Nello specifico il risveglio guidato da Læstadius ha portato avanti una crociata contro l'acquavite ritenuti il male peggiore per gli uomini; il pastore è uomo molto coraggioso perché le lobby degli alcolici sono molto potenti e cercano in ogni modo (almeno) di screditarlo. Io non ero a conoscenza di questi movimenti che ricordano molto lo scisma di Lutero verso la Chiesa Cattolica, e anche le motivazioni in parte si assomigliano.
"..... Grazie all'istruzione le terre del nord sarebbero andate in contro a un futuro più luminoso. I contadini avrebbero potuto apprendere tecniche di coltivazione migliori, informarsi sulle nuove colture, sulla riproduzione del bestiame, la lavorazione delle materie prime e lo stoccaggio delle derrate alimentari. Si sarebbe potuto combattere le malattie con metodi scientifici, scoprire nuove cure e arginare la mortalità infantile. E con la diffusione dell'istruzione la gente avrebbe smesso di attaccarsi alla bottiglia, il pastore ne era convinto. Un contadino che sapeva leggere e scrivere avrebbe speso i suoi soldi per comprare libri, non acquavite. E tutto cominciava con i bambini, con quei tratti sbilenchi sulle loro lavagnette....... [.....].... un giorno l'istruzione avrebbe regalato la libertà alla gente del nord. Un povero non era più tale se sapeva leggere e scrivere. E grazie all'istruzione anche i finlandesi e i lapponi avrebbero potuto frequentare l'università e diventare insegnanti, scienziati o medici, diventare padroni del proprio futuro [...]in tutte le terre del nord: uomini liberi e timorati di Dio che non avrebbero scialacquato i loro ultimi spiccioli per un bicchiere di acquavite."
La narrazione è in prima persona ma ci sono due narratori, a un certo punto, senza preavviso né indicazioni, avviene il cambio (all'inizio mi ha creato un po' di confusione). In ogni caso il testo è scorrevole e piacevole.
Questo romanzo è stato accomunato con "Il nome della rosa" di Umberto Eco ed effettivamente ci sono vari punti di contatto: la presenza di un "prete" investigatore, osservatore acuto, uomo di scienza oltre che di fede (padre Læstadius vs frate Gugliemo da Baskerville); un giovane "inesperto" a cui il maestro insegna tutto (Jussi vs Adso da Melk); una serie di omicidi e di misteri da svelare che i nostri investigatori risolvono anche grazie al ricorso a metodi di indagine "scientifichi" e moderni; infine la presenza di un fervore religioso che si pone in contrasto con la Chiesa costituita nel tentativo di migliorarla e renderla più vicino ai bisogni reali dei fedeli (il risveglio guidato da Læstadius contro la Chiesa Luterana vs il movimento di povertà ispirato da San Francesco contro la Chiesa Cattolica).
Il libro è folgorante e tiene attaccati alla pagine; l'ho adorato e davvero non vedevo l'ora di parlarvene, ma c'è un però. La parte finale (che individuo all'incirca nelle ultime venti/trenta pagine) mi ha lasciato un po' di amaro in bocca, nonostante una sorta di lieto fine, restano alcune questioni, situazioni irrisolte, sospese, lasciate all'immaginazione.
La delusione più grande arriva da quello che viene intitolato "epilogo" perché non è un epilogo: c'è un finale con alcune cose sospese, volti pagina arrivi all'epilogo leggi e trovi delle note dell'autore che non concludono il libro. Si tratta di una post fazione dell'autore molto interessante nel contenuto (lo so sembro contraddirmi, ma il contenuto è di pregio ma il titolo assolutamente sbagliato) perché viene dato conto della storicità del personaggio di Læstadius, dei registri parrocchiali andati distrutti, della pubblicazione di un libro in lingua sami ad opera di un autore sconosciuto, che nella ricostruzione potrebbe essere Jussi che sapeva anche la lingua sami e già aveva tentato un esperimento di scrittura.
In conclusione un libro meraviglioso, che consiglio a tutti e in particolare a chi come me ha amato "Il nome della rosa", anche se questo è molto più scorrevole. Mi incuriosisce molto questo autore e non mi dispiacerebbe leggere altro di suo. Inoltre è il primo libro edito Iperborea che leggo e il formato è davvero particolare.
"Se ci era riuscito un povero ragazzo sami venuto dal nulla, molti
altri avrebbero potuto seguire le sue impronte. Contadini, allevatori di
renne, cacciatori, pescatori, serve, boscaioli, un giorno tutti quanti
avrebbero potuto raccontare la loro vita. E invece di scialacquare soldi
per l'acquavite avrebbero comprato libri, e la sera si sarebbero riuniti
a parlare alla luce del cielo e delle piante della terra, e di cosa
significava davvero essere un uomo."
Voi avete letto "Cucinare un orso"? Fatemi sapere nei commenti