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martedì 28 aprile 2020

LA VERA STORIA DEL PIRATA LONG JOHN SILVER - BJÖRN LARSSON

TITOLO: La vera storia del pirata Long John Silver
AUTORE: Björn Larsson - traduzione di Katia De Marco
EDITORE: Iperborea (io collana "I Boreali" uscita con il Corriere della Sera)
PAGINE: 455
PREZZO: € 18,50
GENERE: letteratura svedese - romanzo d'avventura
LUOGHI VISITATI: navi pirata tra '600 e '700
acquistabile su amazon: qui (link affiliato)


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“Sono arrivato qui nel 1737 con Dolores, il mio pappagallo, Jack e gli altri schiavi affrancati dell’indomabile popolo dei sakalava. Qui, nel vecchio rifugio di Plantain, mi sono ritirato dopo il fallimento della disgraziata spedizione alla ricerca del tesoro di Flint. E qui, su quella terra chiamata Isola Grande, un tempo paradiso dei gentiluomini di ventura, sono destinato a soccombere come ultimo della mia specie. Qui vivrò fino a quando non verrà il momento di essere smantellato come una vecchia nave. Ho iniziato a scrivere il mio diario di bordo, e questo è più o meno tutto […] L’avventurosa e veritiera storia di Long John Silver, detto Barbecue dai suoi amici, se mai ne ha avuti, e dai suoi nemici, che invece erano di sicuro tanti. Basta con le buffonate e le invenzioni. Basta con i bluff e le sparate. Scopriamo le carte, per la prima volta. Solo la verità, da cima a fondo, senza trucchi né secondi fini. Quel che è successo e nient’altro. Chi avrebbe mai pensato che sarebbe andata a finire così! Che doveva finire così, per mantenermi ancora per un po’ sano di mente!”



La vera storia del pirata Long John Silver. Un pirata, una vita avventurosa, senza requie e senza sosta e senza certezze, ma l’unico tipo di vita che vale la pena di essere vissuta.
Long John Silver è un personaggio inventato dalla fantasia di Stevenson e protagonista del romanzo “L’isola del Tesoro”, ma è protagonista anche di due romanzi dello scrittore svedese Björn Larsson tra cui questo che ho letto io.

Nel romanzo “La vera storia del pirata Long John Silver” è lo stesso John a parlare, a rivivere e ricostruire la storia della sua vita decidendo di scrivere la verità sulla sua esistenza, prima per non soccombere e poi per dire la propria dopo che Jim Hawkins ha dato alle stampe un libro in cui racconta le avventure alla ricerca del tesoro del capitano Flint (che è poi l’Isola del Tesoro di Stevenson).
Una sorta di autobiografia scritta da Silver, molto dettagliata nella ricostruzione di alcuni episodi e invece più evanescente quasi superficiale su altre (forse, azzardo, le parti rimaste più in ombra sono quelle narrate in altre opere, ad esempio la ricerca del tesoro di Flint – cioè il contenuto del romanzo di Stevenson- viene citata per contestarne la ricostruzione fatta da Hawkins e per ricordargli la promessa di mantenere il silenzio, che ha palesemente violato, ma nulla di più). Emerge tutta la forza di spirito e la filosofia di vita di un uomo singolare, oramai ultimo della sua specie - i pirati - ma in realtà molto diverso anche da loro. 

La narrazione degli eventi non segue un ordine di rigorosamente cronologico, ma procede a balzi tra le varie esperienze del passato e anche quelle del presente; in particolare ci sono fatti che sappiamo accadono ma la ricostruzione non è lineare ad esempio una cosa che sappiamo fin dalle primissime pagine è che Silver ha perso una gamba e sappiamo anche chi è il responsabile e come si vendica, ma dopo aver narrato questo episodio, passa ad altro, e in altre fasi leggeremo come ha incontrato quella persona, perché, come l’ha persa e ritrovata.  
La narrazione è scorrevole, tiene il lettore incollato alle pagine c’è tantissima azione e avventura; è piena di descrizioni dettagliate e minuziose con un particolare riguardo al comportamento umano ma non solo. Descrizioni e narrazione sono molto ricche, anche di congiunzioni.
“Incassai la mia misura paga, sbarcai e mi lascia inghiottire da quel fermento ribollente e maleodorante che è la vita di Londra. Avevamo ormeggiato a quel che si chiama The Pool e non eravamo ormai che un panciuto brigantino tra migliaia di altre navi che portavano nuovi tesori alle già ricche casse dell’Inghilterra. Non era una visione divina, sempre che dèi abbiano occhi con cui vedere? Migliaia di alberi, un’intera foresta in autunno, si innalzavano dagli scafi. Chiatte e barconi di ogni genere sfrecciavano avanti e indietro. Marinai, scaricatori e portatori d’acqua andavano e venivano, caricavano e scaricavano, gridavano e bestemmiavano, ridevano – non tanto, però, perché dopo tutto non era così divertente - e schiamazzavano come cornacchie, issavano e portavano, cadevano e si rialzavano, o non si rialzavano affatto, armavano e disarmavano navi.”  

Le tematiche affrontate sono quelle della pirateria, della tratta degli schiavi, viene analizzato e rimarcato, se così si può dire, il ruolo che i governi hanno giocato nella tratta degli schiavi, e le dure condizioni di vita dei marinai.
Il mondo dei pirati è molto affascinante sono ben descritte le abitudini e anche i motivi per cui molti uomini si davano alla pirateria, c’è un qualcosa di cavalleresco, oserei dire anche romantico, nelle loro scelte di vita e nelle loro regole. Tra pirati esistono delle regole di convivenza che possiamo definire di “democrazia diretta”, forme di autogoverno e libertà nei limiti e nel rispetto delle regole fissate dal gruppo uguali per tutti e a cui tutti devono rifarsi senza eccezioni.
“Noi gentiluomini di ventura scegliamo liberamente di associarci. Dividiamo bottino e rischi secondo tutte le regole. Abbiamo stabilito nel nostro ordinamento quanto vale la perdita di una gamba o di un braccio o di un pollice in combattimento. Eleggiamo i nostri capitani. Ci mettiamo d’accordo. Se qualcuno la pensa diversamente, può chiedere di riunire il consiglio, secondo l’uso e la consuetudine. Se qualcuno ha motivi personali di rancore, li risolve a terra. Abbiamo i nostri difetti e le nostre mancanze, ma quando siamo a bordo, nella buona e nella cattiva sorte. Non è vero compagni?”
Seppur non approfondito, come è giusto che sia perché non si tratta di un saggio, è affrontato il tema della pirateria e dei legami tra i pirati e i governi, emerge tra le righe che la pirateria nasce come strumento di “guerra” tra Stati europei, un modo per confrontarsi e per contendersi il dominio dei mari e delle colonie.
Interessante anche le parti sulla tratta degli schiavi affrontata sia dal punto di vista delle navi e delle traversate (come vengono controllati, caricati a bordo, “gestiti”) sia dal punto di vista della vendita all’asta una volta giunti nelle Americhe e la vita da schiavi nelle piantagioni.
“Tutti pensammo che fosse un’ingiustizia, perché il Sorgenfri, per quanto Butterworht desiderasse il contrario, non era una nave da guerra. Era una comune nave negriera, né più né meno, a dispetto del suo nome confortante. Ma era sempre così. Le navi che praticavano la tratta degli schiavi avevano i nomi più belli e i padroni più nobili, a partire da conti e cardinali, fino ad arrivare a Maria Vergine in persona. Ed è vero che ricevevano la benedizione di dio e del papa. Ho visto i giornali di bordo delle navi negriere che abbiamo catturato, e ho notato che non si faceva altro che ringraziare dio per questo e per quello: pe il vento a favore, per la traversata tranquilla, per aver domato un ammutinamento, per aver spuntato un buon prezzo all’asta, e così via. In uno lessi addirittura che, sebbene fosse morte uno schiavo al giorno, la misericordia divina era stata così grande da compensare quella perdita assicurando dei prezzi più alti all’asta.”
Björn Larsson è uno scrittore prolifico, che tratta vari generi e tematiche, la sua vera storia di John Silver si basa sugli studi di Daniel Defoe (scrittore inglese, famoso per essere il padre di Robinson Crosoe e che ha dedicato svariate opere alla pirateria). Nella finzione letteraria Defoe compare nel romanzo quasi fosse un amico di Silver ma soprattutto emerge che “l’informatore” di Defoe per le sue opere che trattano di pirateria e pirati è il nostro pirata. Al di là delle avventure c’è dietro un grandissimo lavoro di ricostruzione storica e sono molti i fatti storici reali che hanno trovato collocazione accanto alla fantasia e sono anche un ottimo spunto per ricerche e approfondimenti.

 È senz’altro un romanzo d’avventura e pieno di avventure quelle di John Long Silver, un romanzo dove non ci si annoia mai. Ma le avventure di Silver sono, come ho detto, anche il pretesto per affrontare alcune tematiche importanti come la pirateria, le condizioni dei marinai e la tratta degli schiavi. Sono curiosa di leggere altre opere di Björn Larsson in particolare l’altro romanzo che vede Silver come protagonista è in cima alla lista (L’ultima avventura del pirato Long John Silver).

Sono affascinata dalle storie dei pirati e sono convinta che ciò dipenda da qualche cartone animato che vedevo da piccola - che non è assolutamente “One Piece” con il pirata a cui si allungano le braccia che proprio odiavo - e dopo molto pensare sono giunta alla conclusione che l’unico possibile “responsabile” possa essere stato il cartone di “Sandokan” ispirato ai libri di Emilio Salgari che ha scritto svariate opere con protagonisti dei pirati. 

Anche voi siete affascinati dal mondo dei pirati?
Conoscete Björn Larsson?

martedì 3 dicembre 2019

CUCINARE UN ORSO - MIKAEL NIEMI

TITOLO: Cucinare un orso
AUTORE: Mikael Niemi - traduzione di Alessandra Albertari e Alessandra Scali
EDITORE: Iperborea
PAGINE: 507
PREZZO: € 19,50
GENERE: letteratura svedese
LUOGHI VISITATI:Svezia
acquistabile su amazon: qui (link affiliato)


"Prese una a una, le lettere erano deboli. Ma quando il pastore insegnò al piccolo sami a metterle in fila accdde qualcosa. Fu un po' come quando si accende il fuoco: un singolo ciocco di legno serve a poco. Ma appena se ne aggiunge un altro, ecco che inizia davvero a riscaldare. Le lettere prendevano vita una dall'altra, e insieme inziavano a parlare."

Le vicende si svolgono nell'estremo nord della Svezia al confine con la Finlandia, nella cittadina di Kengis intorno alla metà dell'800,
Primo protagonista è Lars Levi Læstadius, pastore luterano, fondatore di un movimento religioso che porta il suo nome. Læstadius è un uomo buono, colto, appassionato naturalista e acerrimo nemico dell'acquavite. Prende con se Jussi, un ragazzino di origni Sami che si era dato al vagabondaggio pur di fuggire alla ricerca di un esistenza migliore. Jussi così diventa "una persona" perché iscritto nei registri parrocchiali, ma soprattutto impara a leggere e scrivere (diverse lingue tra cui svedese, finlandese e sami); il pastore lo porta con se nelle proprie escursioni naturalistiche e gli trasmette tutto il suo sapere. Si crea un profondo legame di affetto, come tra padre e figlio, e questa è la reciproca considerazione. Ma per Jussi non sarà tutto facile, fuori dalla canonica lui è un "noiadi" termine dispregiativo che significa stregone, così la gente del paese "civilizzata" chiama Jussi e la sua gente; Jussi, a parte la famiglia del pastore, non ha amici e non parla praticamente con nessuno perché timido e senza fiducia in se stesso. Incarna alla perfezione il diverso, il capro espiatorio, perché se succede qualcosa ovviamente chi può essere il colpevole? In realtà è molto sveglio, altruista e di animo davvero nobile e generoso.

La narrazione si svolge su diversi piani che si intrecciano, alle vicende personali dei due protagonisti si aggiungono le tematiche del "risveglio", la situazione delle popolazioni Sami e dei misteriosi omicidi.
Il testo fornisce un quadro della situazione delle popolazioni Sami (o Lapponi) a metà '800: un popolo nomade di allevatori di renne della penisola scandinava, con una propria lingua, cultura e tradizioni ma senza uno Stato; questo popolazioni ancora oggi mantengono la propria identità culturale all'interno dei Paesi che li "ospitano".
La quiete è rotta da omicidi e aggressioni ai danni di ragazze, le autorità locali ritengono le aggressioni riconducibili ad un orso. Il pastore Læstadius è di diversa opinione e con Jussi intraprende delle proprie indagini e basandosi su un metodo scientifico, scopriranno che il responsabile è un uomo; ma ovviamente non vengono ascoltati..... Questa parte di narrazione "gialla" di risoluzione di un mistero è ben costruita e coinvolgente, al lettore vengono dati tutti gli indizi e le prove da cui può trarre le sue conclusioni/supposizioni.
L'altro filone narrativo è quello del "risveglio": un movimento di riforma interno alla Chiesa Protestante Luterana, che si propone di portare ad un rinnovamento spirituale, ad una fede più autentica e al ravvedimento dei fedeli, soprattutto verso un maggior impegno anche verso il prossimo. Nello specifico il risveglio guidato da Læstadius ha portato avanti una crociata contro l'acquavite ritenuti il male peggiore per gli uomini; il pastore è uomo molto coraggioso perché le lobby degli alcolici sono molto potenti e cercano in ogni modo (almeno) di screditarlo. Io non ero a conoscenza di questi movimenti che ricordano molto lo scisma di Lutero verso la Chiesa Cattolica, e anche le motivazioni in parte si assomigliano.
"..... Grazie all'istruzione le terre del nord sarebbero andate in contro a un futuro più luminoso. I contadini avrebbero potuto apprendere tecniche di coltivazione migliori, informarsi sulle nuove colture, sulla riproduzione del bestiame, la lavorazione delle materie prime e lo stoccaggio delle derrate alimentari. Si sarebbe potuto combattere le malattie con metodi scientifici, scoprire nuove cure e arginare la mortalità infantile. E con la diffusione dell'istruzione la gente avrebbe smesso di attaccarsi alla bottiglia, il pastore ne era convinto. Un contadino che sapeva leggere e scrivere avrebbe speso i suoi soldi per comprare libri, non acquavite. E tutto cominciava con i bambini, con quei tratti sbilenchi sulle loro lavagnette....... [.....].... un giorno l'istruzione avrebbe regalato la libertà alla gente del nord. Un povero non era più tale se sapeva leggere e scrivere. E grazie all'istruzione anche i finlandesi e i lapponi avrebbero potuto frequentare l'università e diventare insegnanti, scienziati o medici, diventare padroni del proprio futuro [...]in tutte le terre del nord: uomini liberi e timorati di Dio che non avrebbero scialacquato i loro ultimi spiccioli per un bicchiere di acquavite."
La narrazione è in prima persona ma ci sono due narratori, a un certo punto, senza preavviso né indicazioni, avviene il cambio (all'inizio mi ha creato un po' di confusione). In ogni caso il testo è scorrevole e piacevole.
Questo romanzo è stato accomunato con "Il nome della rosa" di Umberto Eco ed effettivamente ci sono vari punti di contatto: la presenza di un "prete" investigatore, osservatore acuto, uomo di scienza oltre che di fede (padre Læstadius vs frate Gugliemo da Baskerville); un giovane "inesperto" a cui il maestro insegna tutto (Jussi vs Adso da Melk); una serie di omicidi e di misteri da svelare che i nostri investigatori risolvono anche grazie al ricorso a metodi di indagine "scientifichi" e moderni; infine la presenza di un fervore religioso che si pone in contrasto con la Chiesa costituita nel tentativo di migliorarla e renderla più vicino ai bisogni reali dei fedeli (il risveglio guidato da Læstadius contro la Chiesa Luterana vs il movimento di povertà ispirato da San Francesco contro la Chiesa Cattolica).

Il libro è folgorante e tiene attaccati alla pagine; l'ho adorato e davvero non vedevo l'ora di parlarvene, ma c'è un però. La parte finale (che individuo all'incirca nelle ultime venti/trenta pagine) mi ha lasciato un po' di amaro in bocca, nonostante una sorta di lieto fine, restano alcune questioni, situazioni irrisolte, sospese, lasciate all'immaginazione.
La delusione più grande arriva da quello che viene intitolato "epilogo" perché non è un epilogo: c'è un finale con alcune cose sospese, volti pagina arrivi all'epilogo leggi e trovi delle note dell'autore che non concludono il libro. Si tratta di una post fazione dell'autore molto interessante nel contenuto (lo so sembro contraddirmi, ma il contenuto è di pregio ma il titolo assolutamente sbagliato) perché viene dato conto della storicità del personaggio di Læstadius, dei registri parrocchiali andati distrutti, della pubblicazione di un libro in lingua sami ad opera di un autore sconosciuto, che nella ricostruzione potrebbe essere Jussi che sapeva anche la lingua sami e già aveva tentato un esperimento di scrittura.

In conclusione un libro meraviglioso, che consiglio a tutti e in particolare a chi come me ha amato "Il nome della rosa", anche se questo è molto più scorrevole. Mi incuriosisce molto questo autore e non mi dispiacerebbe leggere altro di suo. Inoltre è il primo libro edito Iperborea che leggo e il formato è davvero particolare.
"Se ci era riuscito un povero ragazzo sami venuto dal nulla, molti altri avrebbero potuto seguire le sue impronte. Contadini, allevatori di renne, cacciatori, pescatori, serve, boscaioli, un giorno tutti quanti avrebbero potuto raccontare la loro vita. E invece di scialacquare soldi per l'acquavite avrebbero comprato libri, e la sera si sarebbero riuniti a parlare alla luce del cielo e delle piante della terra, e di cosa significava davvero essere un uomo."
Voi avete letto "Cucinare un orso"? Fatemi sapere nei commenti