Visualizzazione post con etichetta #leggereperimparare. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta #leggereperimparare. Mostra tutti i post

mercoledì 8 luglio 2020

ALCE NERO PARLA - JOHN G. NEIHARDT

TITOLO: Alce nero parla
AUTORE: John G. Neihardt - traduzione di J. Rodolfo Wilcock
EDITORE: Adelphi
PAGINE: 280
PREZZO: € 12
GENERE: letteratura americana
LUOGHI VISITATI: USA durante le guerre indiane
acquistabile su amazon: qui (link affiliato)


“Alce Nero, stregone e predicatore della tribù Oglala dei Sioux, cugino del grande capo Cavallo Pazzo, era vecchio e semicieco quando lo scrittore John G. Neihardt andò a trovarlo sulle montagne brulle del Big Horn, a ovest di Manderson. Era l’agosto del 1930. Il vecchio gli disse di tornare in primavera, e col nuovo incontro ebbe inizio una lunga serie di conversazioni in cui Alce Nero raccontò la sua vita, la lotta con i bianchi e la sua ‘grande visione’”.

Una testimonianza diretta di un nativo americano.

Il libro è scritto da Neihardt uno scrittore statunitense del novecento appassionato di storia e etnografia, ha scritto svariate opere che trattano il tema dei nativi americani e si avvicina ad Alce Nero proprio per ottenere informazioni e testimonianze per un suo libro, ma l’incontro con lo stregone Oglala darà vita anche a qualcosa di diverso: questo volume dove sono raccolte le memorie di Alce Nero, con l’intervento anche di qualche altro indiano che assisteva agli incontri con Neihardt ed aveva vissuto in prima persona qualche fatto che si va raccontando.

Non si tratta di una biografia: vengono riportati sotto forma quasi di monologo i racconti di Alce Nero della sua vita e soprattutto della storia del suo popolo e delle sue tradizioni. Anche se vengono spiegate e indicate alcune cose con brevissime note (ad esempio l’anno oppure il “nome bianco” con cui in certo personaggio è conosciuto) moltissimi sono i non detti, non ci sono particolari spiegazioni.

“Amico, ti racconterò la storia della mia vita, come tu desideri; e se fosse soltanto la storia della mia vita credo che non la racconterei, perché che cosa è un uomo per dare importanza ai suoi inverni, anche quando sono già così numerosi da fargli piegare il capo come una pesante nevicata? Tanti altri uomini hanno vissuto e vivranno la stessa storia, per diventare erba sui colli.

È la storia di tutta la vita che è santa e buona da raccontare, e di noi bipedi che condividiamo con i quadrupedi e gli alati dell’aria e tutte le cose verdi; perché sono tutti figli di una stessa madre e il loro padre è un unico Spirito.

Questo, dunque, non è il racconto di un grande cacciatore né di un grande guerriero, né di un grande viaggiatore, sebbene ai miei tempi io abbia cacciato molta carne e lottato per la mia gente, sia da ragazzo che da uomo, e sia andato lontano e abbia visto strane terre e uomini strani.”

 

Alce Nero è una figura carismatica, guida spirituale e guaritore, si è fatto portatore della storia e soprattutto della sorte del suo popolo, anche perché un giorno a nove anni ha avuto una visione e passerà l’esistenza a cercare di realizzarla e salvare il suo popolo. Nel tentativo viaggia anche nel mondo dei bianchi esibendosi nella compagnia di Buffalo Bill e visita anche l’Europa, ma non trova quello che cerca.

“Ma verso la fine della mia ventitreesima estate (1886) sembrò che ci fosse una piccola speranza. Vennero da noi alcuni Wasichu che volevano una banda di Oglala per un grande spettacolo organizzato dall’altro Pahuska (capelli lunghi, ossia Buffalo Bill). Ci dissero che questo spettacolo sarebbe andato, attraverso l’acqua grande, in terre straniere, e io pensai che dovevo andarci, perché così avrei, forse, imparato qualche segreto dei Wasichu, che poi in qualche modo avrebbe aiutato il mio popolo. […] Forse se riuscivo a vedere il grande mondo dei Wasichu, avrei imparato il modo di ricostruire il cerchio sacro e di far rifiorire nel suo centro l’albero […] Capivo che i Wasichu non si curavano degli altri Wasichu, come faceva la mia gente, prima che il cerchio della nazione fosse spezzato. Ognuno prendeva all’altro tutto quel che poteva, e così c’erano alcuni che avevano più di quanto potesse servire loro, e moltitudini di altri non avevano proprio nulla e forse morivano di fame. Avevano dimenticato che la terra era la loro madre. Questo non poteva certo essere una vita migliore di quella antica della mia gente.”

Emerge tutta la complessità, la ritualità e la spiritualità del mondo e della società dei nativi americani. Un mondo affascinante fatto di una vita semplice in armonia con la natura che ci circonda, dove gli uni si prendono cura degli altri. La peculiarità di Alce Nero sta nel fatto che è vissuto in un’epoca di transizione, a cavallo tra quella della vita naturale a quella della vita nelle riserve.

“In altri tempi eravamo felici nel nostro paese e di rado pativamo la fame, perché allora i bipedi e i quadrupedi vivevano insieme come parenti, e c’era abbondanza per loro e per noi. Ma arrivarono i Wasichu, e fecero piccole isole per noi e altre piccole isole per i quadrupedi, e queste isole diventavano sempre più piccole, perché tutt’intorno cresce la marea divorante dei Wasichu; ed è sporca di menzogne e di cupidigia.”

La testimonianza diretta del mondo dei nativi fatta da Alce Nero è un fatto rarissimo e ciò rende questo libro ancor più prezioso. Per correttezza devo dire che sembra - da alcune ricerche fatte in rete - che Neihardt abbia omesso o travisato alcune cose dei racconti, ma come detto all’inizio non si tratta di una biografia e data anche la sua passione per l’etnografia, l’autore sembra aver calcato la mano su alcuni rituali come la danza del sole che all’epoca in cui scrive non erano più praticati da anni, ma nel libro non si fa menzione del fatto che ormai sono stati abbandonati e capisco anche la scelta.

Molto particolare il modo di narrare e di esprimersi, semplice quasi ingenuo, sembra quasi quello di un bambino. Ma penso che sia anche questo il bello perché vengono riportate le parole e il pensiero di un Indiano d’America nella nostra lingua e naturalmente non può esprimersi come noi. Il volume è accompagnato da illustrazioni di Orso in Piedi.

Tantissimi i libri sia di saggistica che di narrativa che si occupano del tema dei nativi americani, ma voglio segnalarne uno in particolare: La sacra pipa edito Bompiani in teoria scritto da Joseph E. Brown, altro scrittore che partecipò alle chiacchierate tra Alce Nero e John Neihardt.

Una lettura molto bella, interessante che ti immerge nella cultura dei nativi americani attraverso la voce di uno di loro. Però consiglio di documentarsi, di fare qualche ricerca anche durante la lettura perché in questo modo si capiscono appieno le cose narrate.

Mi viene da dire che è un ottimo punto di partenza per poi approfondire sia altre figure di nativi ad esempio suo cugino Cavallo Pazzo oppure il capo Nuvola Rossa (entrambi coevi di Alce Nero), le guerre indiane e i soldati che le hanno combattute inoltre apre un velo su un fenomeno singolare di cui non sapevo nulla: il movimento religioso della “Danza degli Spiriti”. In realtà è più corretto dire che è un punto di osservazione della tematica diverso dai saggi e secondo me rappresenta un’ottima integrazione ai volumi di saggistica che consentono di fare un quadro più completo della situazione.

Libro consigliato a chi come me è affascinato dal mondo dei nativi americani.

Lo avete letto?

Vi interessa questa tematica? Quali libri mi consigliate?

giovedì 23 gennaio 2020

LE SEI MOGLI DI ENRICO VIII - ANTONIA FRASER

TITOLO: Le sei mogli di Enrico VIII
AUTORE: Antonia Fraser  - traduzione di Paola Mazzarelli
EDITORE: Mondadori - collana Oscar Storia
PAGINE: 538
PREZZO: € 16,00
GENERE: saggio storico
LUOGHI VISITATI: Inghilterra durante il periodo Tudor ( 1485 - 1603)
acquistabile su amazon: qui (link affiliato)




Il punto di vista è quello delle singole regine, vengono presentate in ordine cronologico, loro sono il punto focale e le vere protagoniste, tant’è che la narrazione comincia con la nascita di Caterina d’Aragona. Per ciascuna di esse la Fraser compie un accurata ricostruzione dei natali, eventualmente segnalando anche lontane parentele con la famiglia reale inglese, dell’infanzia ed educazione, della loro vita adulta fino alla “conoscenza” con il re, la vita da regina consorte e infine la loro uscita di scena.
Ciascuna delle sei regine verrà ricordata per un tratto che l’ha contraddistinta, ma sono tutte accomunate dalla loro capacità biologica di mettere al mondo un maschio che in un modo o nell’altro ne ha determinato la sorte

“…piace vedere le sei mogli di Enrico VIII come una serie di stereotipi femminili, donne come carte di tarocchi. Caterina d’Aragona è la Donna tradita, Anna Bolena la Tentatrice, Jane Saymour la Donna di buon cuore, Anna di Cleves la Sorella brutta, Caterina Howard l’Avventuriera, Caterina Parr la Figura materna…Ognuna di queste descrizioni contiene un elemento di verità, ma nessuna tiene conto della complessità e del carattere individuale. In modi diversi e per ragioni diverse ognuna di queste donne fu vittima; nessuna vittima volontaria. Al contrario, tutte mostrarono doti di forza e di intelligenza, in un’epoca in cui queste non erano virtù tradizionali delle donne.”


Veniamo alle protagoniste.
Prima moglie è Caterina d’Aragona, figlia di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, fidanzata e poi moglie del giovane Arturo Tudor principe di Galles ed erede al trono inglese, fratello maggiore di Enrico VIII) che però muore adolescente. Così dopo qualche anno Enrico, alla morte del padre, sposa Caterina, il loro è un matrimonio molto lungo, più di vent’anni, ma dalla loro unione sopravviverà solo una figlia femmina Maria. La necessità di un erede maschio spinge il re a cercare una nuova moglie e contemporaneamente vengono avviate le “trattative” per una risoluzione consensuale del matrimonio con Caterina, che però non vanno in porto giungendo così ad una soluzione “legale”: il divorzio, che comporta anche una rottura con la Chiesa di Roma e la nascita della Chiesa Anglicana; anche in questo frangente un ruolo importante l’hanno giocato diplomazia e interessi politici, Caterina d’Aragona era la zia dell’imperatore Carlo V.
Imposto il divorzio, Enrico si sposa con Anna Bolena, donna bella, ammaliante, giovane e cresciuta nelle corti europee prima di approdare come dama alla corte della stessa Caterina. Emerge la volontà delle famiglie a spingere le proprie figlie nelle braccia del sovrano, sposare il re, ma anche solo esserne l’amante, comporta molti privilegi e favori. Avranno una figlia femmina Elisabetta. Il rapporto conflittuale, perché Anna ha un carattere passionale, forte, fa valere le proprie posizioni (giuste o sbagliate che siano) con il sovrano, unito alla perdita di un figlio maschio, fanno sì che il re si convinca dell’incapacità di Anna di generare figli maschi e del fatto che quel matrimonio sia maledetto, perché inviso a Dio in quanto frutto di un sortilegio. A ciò si aggiunga che Anna si era fatta molti nemici a corte e la sua uscita di scena sarà traumatica, accusata di adulterio, stregoneria e alto tradimento: viene giustiziata.
Anna Bolena viene sostituita da è Jane Seymour, donna pacata, benevola, amorevole che riesce nell’intento di mettere al mondo un erede maschio, ma purtroppo la vita non è altrettanto generosa con lei, e dopo poche settimane muore per febbri puerperali (cosa molto comune per le donne di tutti i ceti sociali). Si apre così, nuovamente, il bisogno di una nuova consorte e questa volta lo sguardo si volge all’estero, il quarto matrimonio sarò politico-diplomatico e la scelta cade su Anna di Cleves, una duchessa tedesca. Ma la nuova moglie non soddisfa l’esigente Enrico VIII, che vista dal vivo la donna la sposa esclusivamente per dover di stato, ma non consumerà mai il matrimonio; ciò gli permette di annullarlo qualche mese dopo. L’uscita di scena di questa regina Anna è tutto sommato dignitosa e anche vantaggiosa per Anna cui vengono riconosciute una serie di rendite purché non lasci il paese.
Spinto dalla passione Enrico sposa Caterina Howard, bella, giovane, civetta, priva di formazione “alla vita di corte”; conquista subito il re. Ma come dicevo non ha formazione né esperienza sufficiente, i tentativi di nominare a cariche importanti alcuni suoi amici e una relazione extraconiugale, uniti alle solite lotte interne alla corte, portano Caterina ad una condanna a morte per adulterio e alto tradimento.
Infine Enrico sposa Caterina Parr, una vedova senza figli, che gli starà accanto negli ultimi anni di vita e assumerà quasi un ruolo di infermiera, anche se non mancheranno episodi di scontro ma prevarrà la sua obbedienza.

Due parole merita anche Enrico VIII che conosciamo in via solo incidentale, pur essendo onnipresente perché stiamo parlando delle sue mogli, la sua figura non è approfondita ma emerge comunque un uomo erudito, dotto teologo, che fu definito “Defensor Fidei” per la sua opposizione al luteranesimo, poi fondatore della Chiesa Anglicana, malato, a volte crudele e capriccioso, ma anche capace di innamorarsi, la maggior parte dei suoi matrimoni sono basati sui sentimenti (cosa non scontata per un monarca). È una figura interessante mi piacerebbe sentire anche il suo punto di vista.
E comunque, ritengo, meriti che si spezzi una lancia in suo favore: alla base dei suoi comportamenti c’è la necessità di un erede maschio (meglio due visto che lo stesso Enrico è diventato re in seguito alla morte prematura del fratello maggiore), esigenza sentita a tutti i livelli sociali.

“L’ossessione del maschio non riguardava solo le famiglie regnanti. Tutti gli uomini di tutte le classi sociali proprietarie di beni desideravano figli maschi, poiché solo attraverso i maschi passava la vera linea di discendenza. Alla radice di questo modo di sentire erano le norme che regolavano proprietà e successioni, in base alle quali il marito assumeva non solo le ricchezze ma anche i diritti della moglie.”



Il libro si chiude con un discorso generale quasi fatalista che si chiede “cosa sarebbe successo se?” perché le cose avrebbero potuto essere molto diverse se ad esempio il figlio maschio di Caterina d’Aragona fosse sopravvissuto, oppure se Anna Bolena avesse dato alla luce un maschio.

La scrittura è strutturata, ricca di dettagli e particolari, ma sa essere anche molto ironica; la ricostruzione storica impeccabile. 

È un saggio molto bello, pieno di dettagli, retroscena, aneddoti, intrighi di corte, vita privata oltre a tantissima Storia, un ottimo strumento di approfondimento storico. Super consigliato a chi ama la Storia come me, ci sono altri titoli di Antonia Fraser editi in Italia sempre nella collana Oscar Storia inutile dire che prima o poi saranno miei in particolare quello su Maria Antonietta (da cui è stato tratto il film di Sofia Coppola) e quello sugli amori del re Sole.
Voi avete letto qualcosa della Fraser?