venerdì 12 settembre 2025

IO NON MI CHIAMO MIRIAM di MAJGULL AXELSSON

TITOLO: Io non mi chiamo Miriam
AUTORE: Majgull Axelsson   traduzione di: Laura Cangemi
EDITORE: Iperborea
PAGINE: 562
PREZZO: € 19,50
GENERE: letteratura svedese
LUOGHI VISITATI: Nässjö - Svezia anni '50 e Germania anni '40





“Lanciò un’occhiata alla propria immagine riflessa sulla finestra buia. Aveva esattamente l’aspetto che voleva avere: come in un’inserzione pubblicitaria Vecko-Journalen. Capelli ben pettinati. Vestito impeccabile con la vita sottile e la gonna ampia. Un grembiulino ricamato utile più come decorazione che per proteggere. E poi la collana di perle, il regalo più bello dell’ultimo Natale, quel gioiello che la intimoriva ancora ogni volta che se lo metteva. Come aveva fatto proprio lei, Miriam o Malika, la zingara, la prigioniera di due campi di concentramento, la bugiarda, a diventare una signora sorridente con tanto di collana di perle? Com’era successo?”

 

Io non mi chiamo Miriam di Majgull Axelsson è un libro estremamente doloroso e interessante sotto molti punti di vista. Protagonista e voce narrante è Miriam una vecchietta che vive in Svezia e che il giorno del suo 85°compleanno, per ragioni a lei inspiegabili, l’io, la coscienza le riportano alla mente il suo triste passato. Tutti conoscono il suo passato, Miriam è una sopravvissuta all’olocausto, è uscita viva da ben due campi di concentramento nazisti, quello che praticamente nessuno sa però è che lei non è ebrea come tutti credono ma una rom e per una serie di ragioni fortuite e casuali si ritrova ebrea (!!! Possibile spoiler!!!! Durante un trasferimento cambia la sua divisa e alcune altre prigioniere la chiamano Miriam -il nome della ragazza ebrea a cui quella divisa apparteneva prima – il numero di matricola è praticamente identico e così dal caso nascono una serie di altre coincidenze e lei diventa Miriam per tutti). Così anche dopo la liberazione continuerà a fingersi ebrea come tutti la credono, del resto finita la seconda guerra mondiale nessuno vuol parlare di Olocausto e i pochissimi sopravvissuti certo non si mettono ad indagare sugli altri.

La narrazione è in prima persona e alterna vari momenti: la vita di oggi e i ricordi del passato, quindi la gioventù in famiglia, la deportazione e le tantissime esperienze nei campi di concentramento, i primi tempi a Jomjpuko e la vita che riprende la normalità. Il passato è in parte raccontato alla nipote Camilla mentre fanno una lunga passeggiata in torno al lago e in parte è rivissuto nel senso che sono narrati direttamente, in presa diretta.

Il libro mostra una dicotomia rom/ebreo, perché se è vero che gli ebrei erano odiati dai nazisti, i rom erano e sono odiati da tutti anche dopo la seconda guerra mondiale, la stessa Miriam una volta salva in Svezia assisterà a ben due esperienze di odio verso i rom. Ma anche nel campo di concentramento, lei è considerata un’ebrea e sente gli altri parlar male dei rom.

“Else era la persona migliore di tutta Ravensbrück. La più buona. La più saggia. La più forte. Ma l’aveva detto. Con un’alzata di spalle. «Zingari. Si sa come sono fatti, quelli…» Else l’aveva salvata. Le aveva dato da mangiare. Le aveva procurato un buon lavoro. L’aveva fatta parlare. Inoltre aveva usato quella parola che Miriam non aveva mai osato pronunciare ma che si teneva dentro, in silenzio. Libertà. Libertà. Però Else era anche quella che aveva detto quella frase sugli zingari. E le aveva fatto paura. Molta più paura del solito. Sentiva che la terra le si poteva spalancare sotto i piedi da un momento all’altro, che rischiava di inciampare e cadere o essere ingoiata da un buco nero e muto. Che nessuno, non un solo essere umano al mondo, avrebbe voluto aiutarla, salvarla, darle il minimo soccorso. E perché questo era quello che era: una rom. Una zingara.
[…] Si vergognava? Era per questo che se ne stava rannicchiata in fondo alla parete di assi, era per questo che voleva mantenere almeno mezzo centimetro di distanza da Else? Sì, forse era così, anche se non sapeva perché. Forse perché aveva mentito? Perché girava per il campo con una cicatrice sul braccio, un triangolo giallo e un numero falso sulla fascia? Ma c’era una vera ragione per vergognarsene? In fondo si trattava di qualcosa che era successo senza alcuna colpa da parte sua, una coincidenza sommatasi a un’altra coincidenza, niente di calcolato e pianificato. Oltretutto non le dava neanche un vantaggio in rapporto alle SS e alle Aufseherinnen, anzi. La ragazza smunta che aveva conosciuto all’arrivo aveva ragioni: i nazisti odiano gli ebrei più di quanto odiassero gli zingari. E però gli altri prigionieri disprezzavano gli zingari più degli ebrei. Il fatto era che nessuno, a parte le puttane e i ladri, sembrava disprezzare gli ebrei, mentre tutti si permettevano di disprezzare gli zingari.”

Questo libro non è testimonianza diretta (come la maggior parte dei libri sull’Olocausto) ma è un ricostruzione inventata e apre uno squarcio su un aspetto dei campi di concentramento di cui si parla poco: ad essere deportati e sterminati non sono stati solo gli ebrei (senza naturalmente nulla togliere alla gravità del fatto) ma anche altre “categorie” tra cui parlando di etnie i rom, per i quali c’era una specifica sezione nel campo di Auschwitz-Birkenau e sono stati utilizzati per esperimenti scientifici (sorte toccata al fratellino di Miriam). Alla fine del libro ci sono le note dell’autrice dove racconta la presenza di alcuni personaggi realmente esistiti e la cosiddetta “rivolta degli zingari” e un dettagliato corredo bibliografico.  

“… dopo qualche settimana ad Auschwitz, si era resa conto che i rom erano gli unici a essere stati assegnati a un settore organizzato per famiglie. Tutti gli altri prigionieri scelti per ammazzarsi di lavoro al servizio del Reich erano stati messi in settori maschili e femminili separati. I rom no. Nel loro campo gli uomini si mescolavano alle donne e ai bambini. All’inizio Malika non capiva perché, ma poi ci era arrivata. Paura. Gli uomini delle SS, quei signori incredibilmente forti, eleganti e impettiti, erano in realtà intimoriti dagli zingari e dalla loro presunta ferocia. Avevano capito che, se si fossero separati i mariti dalle mogli e i genitori dai figli, avrebbero opposto resistenza e non volevano che succedesse. Di conseguenza avevano stipato nel settore degli zingari intere famiglie lasciando che fossero gli adulti a decidere dove dormire. Non che fosse servito a molto. La resistenza avevano dovuto affrontarla lo stesso. […] Sì, era successo. I rom avevano opposto resistenza. E avevano trionfato sulle SS. I rom erano gli unici ad aver mai sconfitto le SS ad Auschwitz. Quel ricordo la indusse a rannicchiarsi il più possibile. Se avesse continuato a chiamarsi Miriam non avrebbe mai potuto raccontare di quella sera. D’altra parte, nessuno avrebbe mai dato ascolto a una Malika eventualmente resuscitata. La gente avrebbe creduto che fosse tutta una menzogna e un’invenzione, stupide fantasie da zingari. Invece non era così. Era vero. Più vero che mai. I rom avevano opposto resistenza. E avevano sconfitto le SS.”

È sicuramente una storia malinconica, triste e dolorosa ma come dico sempre parlando di libri che trattano dell’Olocausto, necessaria. Serve a ricordare e a spronarci a non dimenticare per non ripetere gli stessi errori. E serve anche a insegnarci ad apprezzare quello che abbiamo.

Ho trovato estremamente interessante il punto di vista dell’autrice Majgull Axelsson e voglio approfondire la conoscenza.

Fatemi sapere nei commenti se avete letto questo o altri libri di Majgull Axelsson.


venerdì 5 settembre 2025

LA VERITÀ SUL CASO HARRY QUEBERT DI JOËL DICKER

TITOLO: La verità sul caso Harry Quebert
AUTORE: Joël Dicker     traduzione di: Vincenzo Vega
EDITORE: Bompiani
PAGINE: 779
PREZZO: € 12,90
GENERE: letteratura svizzera, thriller, giallo
LUOGHI VISITATI: Aurora nello New Hampshire (cittadina immaginaria)


La verità sul caso Harry Quebert è un libro famosissimo, da cui hanno tratto anche un film con Patrick Dempsey che prima o poi recupererò. C’è un simpatico fun fact su questo libro: quando uscì si vedeva (ma è così ancora oggi) dappertutto e io mi ero fissata che non l’avrei mai letto perché troppo commerciale, avevo delle idee veramente idiote e malsane. Invece alla fine l’ho comprato e letto e me ne sono innamorata.
È un bel thrillerone che tiene incollati alle pagine e vuoi andare avanti e vedere cos’altro succede, è molto scorrevole e ricco di colpi di scena, talvolta avevo quasi paura a girare pagina perché temevo una nuova sorpresa.

Veniamo però al contenuto: è un romanzo con uno scrittore per protagonista (o meglio due): voce narrante è Marcus Goldman, giovane scrittore talentuoso il cui primo romanzo diventa subito un best seller assoluto e riceve l’incarico di scrivere un altro. Ma ecco il problema gli viene un bel blocco dello scrittore: non riesce a scrivere nulla di proponibile; nel tentativo di superare il blocco si reca ad Aurora nel New Hampshire a casa di Harry Quebert, suo amico e mentore, oltre che professore universitario e a sua volta scrittore famosissimo. Qualche tempo dopo nel giardino di Quebert, durante dei lavori, viene ritrovato il corpo di una ragazza - Nola Kellenger - scomparsa nell’agosto del 1975 all’età di 15 anni, oltre al corpo viene ritrovata una copia del capolavoro di Quebert “L’origine del male” (pubblicato lo stesso anno) ed emerge che il romanzo si ispira alla loro storia d’amore rendendo lo scandalo ancor più grande (all’epoca Quebert aveva passato i trenta). L’unico che crede fermamente all’innocenza di Quebert è Marcus che si mette a fare ricerche e indagini sia per conto proprio che con l’ispettore incaricato del caso.

Il romanzo presenta una struttura narrativa articolata sia a livello strutturale perché ogni capitolo si apre con una conversazione tra Marcus ed Harry inerente la scrittura, sia sul piano temporale dove si alternano il presente narrativo con le indagini per scoprire/capire la colpevolezza o meno di Harry con il passato, passato che è la cruciale estate del 1975, ma anche il passato di Marcus (soprattutto giovinezza e anni universitari) e il passato dei protagonisti. Man mano che si legge conosciamo. Procedendo con la lettura si conoscono i vari personaggi come Nola e la sua storia, la sua relazione con Quebert, i vari abitanti di Aurora, in particolare quelli che girano attorno alla tavola calda di Jenny Quinn, il capitano Pratt e il suo assistente Travis Dawn. E raccogliamo i vari tasselli della storia che pian piano si mettono insieme, naturalmente non a tutti fa piacere avere Goldman tra i piedi a curiosare su una storia passata e riceve anche delle minacce.

Come detto all’inizio è un libro che tiene incollati alle pagine, un giallo deduttivo con tanti momenti di tensione e tu lettore vuoi vedere come va a finire, chi è il colpevole. È un libro che mi è piaciuto moltissimo ma c’è un particolare che mi ha lasciato abbastanza perplessa, che non mi convince del tutto. Me ne sono accorta a fine libro mentre ripensavo alla vicenda, devi avere tutte le carte in mano, devi conoscere tutta la storia per poter dire: ok, ma se le cose andavano così non mi convincono troppo. Non voglio dire molto perché potrei fare degli spoiler e non mi sembra giusto, ma se qualcuno vuole approfondire ne parliamo volentieri in privato.

Un aspetto che viene molto esplorato in questo libro è la scrittura e la mente di uno scrittore, in fondo tutto nasce ed è legato alla scrittura di un libro, e lo stesso Goldman va dal vecchio amico Quebert perché ha un blocco dello scrittore; ogni capitolo si apre con un dialogo in materia di scrittura. Questo per me è un plus, sono sempre molto affascinata e interessata alla vita diciamo privata degli scrittori, anche se in questo caso sono di fantasia.

In ogni caso anche se è il primo libro di Dicker che leggo, ho sentito una sorta di affinità con questo scrittore di cui voglio leggere altro se non tutto, sicuramente gli altri libri che hanno per protagonista Goldman (anche se non si tratta di una serie).

Vi aspetto nei commenti, fatemi sapere se lo conoscete.


giovedì 28 agosto 2025

IL CANE DI TERRACOTTA DI ANDREA CAMILLERI

TITOLO: Il cane di terracotta
AUTORE: Andrea Camilleri
EDITORE: Sellerio
PAGINE: 288
PREZZO: € 12
GENERE: letteratura italiana, giallo, serie commissario Montalbano
LUOGHI VISITATI: Sicilia, Vigata anni '90



Oggi parliamo de Il cane di terracotta il secondo romanzo di Camilleri con protagonista il commissario Salvo Montalbano, conosciutissimo anche per la serie tv Rai con Luca Zingaretti. Io adoro la serie tv che ho visto e rivisto svariate volte e devo dire che la “conoscenza” è utile per districarsi meglio anche con il Montalbano dei romanzi perché il linguaggio usato da Camilleri è piuttosto complesso, un mix tra italiano, dialetto siciliano (io sono di Sondrio praticamente dell’altra parte dell’Italia) e parole inventate. Tra l’altro mi sono fissata di voler leggere i romanzi in ordine cronologico ed è ormai diventata una sorta di tradizione per me leggere un romanzo con Montalbano nel mese di agosto.

Ne Il cane di terracotta abbiamo due storie, due indagini per Montalbano strettamente legate tra loro. La prima è la cattura di un importante boss mafioso, Tanu lu Greco, che rivelerà a Montalbano la presenza di una grotta piena di armi al Cresteddu; vicenda tutt’altro che lineare legata anche a strani furti e ammazzatine varie. Ma la grotta nasconde anche un altro segreto che ci porta alla seconda indagine: infatti Montalbano scopre la presenza di una stanza nascosta dove si trovano i corpi di due giovani, sembra una sepoltura rituale e risale ad almeno una cinquantina d’anni prima. Inutile dire che Montalbano ce la metterà tutta per scoprire l’identità di quei giovani e le ragioni dietro il loro omicidio, anche se dato il tempo trascorso l’indagine non potrà avere risvolti pratici.

“«Senta, Montalbano» attaccò appena furono soli «io capisco benissimo le sollecitazioni che a lei possono venire dal ritrovamento dei due assassinati nella grotta. Mi consenta: la conosco da troppo tempo per non prevedere che lei si farà affascinare da questo caso per i risvolti inspiegabili che presenta e anche perché, in fondo, se lei trovasse la soluzione questa si rivelerebbe assolutamente inutile. Inutilità che a lei sarebbe piacevolissima e, mi scusi, quasi congeniale».
«Come inutile?»
«Inutile, inutile, si lasci pregare. L’assassino, o gli assassini, a voler essere generosi, dato che sono trascorsi cinquant’anni e passa, o sono morti o sono, nella migliore delle ipotesi dei vecchietti ultrasettantenni. È d’accordo?»
«D’accordo» ammise di malavoglia Montalbano.
«Allora mi perdoni perché quello che sto per dire non rientra nel mio linguaggio, lei non fa un indagine, si fa una sega mentale»”

È altrettanto inutile dire che ci riuscirà riportando alla luce una storia d’amore dai risvolti tragici dei tempi della seconda guerra mondiale; questa seconda indagine la svolge praticamente nei salotti dei vecchietti del paese come ci dice anche la quarta di copertina.

Emerge ancora una volta tutto il carattere e il carisma di Montalbano, un uomo di legge che però basa il proprio operato sulla sostanza e non molto sulla forma, un uomo assolutamente giusto e saggio, che nonostante “l’inutilità” farà di tutto per rendere giustizia ai due giovani.

Fatemi sapere nei commenti se lo avete letto e se conoscete Montalbano.


venerdì 25 luglio 2025

LONESOME DOVE di LARRY MCMURTRY

TITOLO: Lonesome Dove
AUTORE: Larry McMurtry    traduzione di: Margherita Emo
EDITORE: Einaudi
PAGINE: 992
PREZZO: € 17
GENERE: letteratura americana, letteratura western
LUOGHI VISITATI: Texas metà '800


Un libro meraviglioso che si legge in un soffio nonostante la mola.

Un viaggio epico spostare una mandria di bovini dal Texas al Montana per fondare un nuovo ranch nelle verdeggianti praterie a nord dello Yellowstone dove non è ancora arrivato nessuno. Questa sarebbe già una bellissima storia, ma è solo la principale a cui se ne aggiungono molte altre rendendo impossibile appoggiare il libro.

Quando la mandria e la squadra della Hat Creek abbandonarono l’arida pianura del Wyoming per addentrarsi a poco a poco nel Montana, ebbero tutti l’impressione di lasciarsi alle spalle non solo il caldo e la siccità, ma anche la bruttezza e i pericoli. Invece di essere gessose e coperte di artemisia, le pianure erano coperte d’erba alta e punteggiate di fiori gialli. Le ondulazioni del terreno si allungarono, i riflessi del caldo che avevano avuto negli occhi per tutta l’estate lasciarono il posto all’aria fresca, pungente del mattino e fredda della sera. Cavalcarono per giorni di fianco ai Monti Bighorn, le cui cime sparivano a volte tra le nuvole.
La freschezza dell’aria parve migliorare la vista degli uomini, che si misero a congetturare su quante miglia riuscivano a vedere. Le pianure si stendevano verso nord a perdita d’occhia. Avvistarono molta selvaggina, soprattutto cervi e antilocapre. Una volta videro una grossa mandria di alci e due volte un piccolo branco di bisonti. Non videro altri orsi, ma ci pensavano spesso.
I cowboy vivevano da mesi sotto l’immensa cupola del cielo, eppure il cielo del Montana sembrava più profondo di quello del Texas e del Nebraska. Era così profondo e così azzurro da privare perfino il sole della sua ferocia: appariva più piccolo, in quella vastità, e a mezzogiorno il cielo non diventava mai tutto bianco come aveva fatto più a sud. A nord restava sempre una fascia azzurra, dove nubi bianche galleggiavano come petali in uno stagno.”

Qualsiasi aspetto del western che vi viene in mente in questo libro c’è ed è tutto amalgamato alla perfezione: ranger, ranch, cowboys, mandrie, sceriffi, ladri di cavalli, saloon, indiani, esercito, cercatori d’oro, cacciatori di pellicce, prostitute.

Protagonisti principali sono Gus e Call due Texas Ranger “in pensione” che gestiscono la Hat Creek un ranch/rivendita di bestiame a Lonesome Dove in Texas sul confine con il Messico. Alla base c’è la storia di amicizia e lealtà tra questi due uomini che non potrebbero essere più diversi ma che assieme si completano meravigliosamente e che rappresentano anche la famiglia l’uno dell’altro. Gus sembra fuori luogo nel west, scrive in latino, adora tutti i piaceri della vita e si prende cura di sé, è un gran chiacchierone, giocatore incallito e grandissimo amatore, ma come il suo socio è molto coraggioso e affidabile. Call è l’esatto opposto, burbero, taciturno, infaticabile lavoratore, si ferma solo quando strettamente necessario e i piaceri della vita praticamente non sa cosa sono. Con loro alla Hat Creek ci sono Pea Eye un vecchio compagno nei ranger, il Deets un ex schiavo collaboratore di Call (tra loro c’è un rapporto di reciproca fiducia perché consci del valore dell’altro, non si può parlare davvero di amicizia per le differenze di estrazione sociale diciamo ma è qualcosa che si avvicina molto) e il giovane Newt che aspira a diventare un cowboy e il cuoco messicano Bolivar. La vita procede come sempre quando un giorno arriva Jack Spoon un loro compagno e amico nei ranger che lancia un’idea: traferirsi con una mandria nel Montana e fondare un ranch dove nessuno l’ha ancora fatto. E (inaspettatamente) l’idea prende piede, gli uomini della Hat Creek si organizzano e si parte (la faccio facile, ma non è affatto così già la preparazione è un susseguirsi di avventure).

Ma come detto questa è solo la storia principale (che già di per sé non è poco) ma si affiancano nel corso della narrazione altre storie e altri personaggi, man mano che leggiamo scopriamo e conosciamo meglio tutti i personaggi e il loro vissuto, ad esempio quello di Lorena la ragazza del saloon, ma anche la storia di Newt che viene cresciuto quasi come un figlio da Call e Gus, e poi Spoon che si rivelerà essere un soggetto diverso dagli amici. Ci sono poi le storie dell’indiano Blue Duck e dello sceriffo July Johnson. E poi Clara Allen, una vecchia amica di Gus che gestisce una rivendita di cavalli nel Nebraska e sarà punto di riferimento per i nostri eroi.  

Va detto che Lonesome Dove è ambientato nel west, è sicuramente un romanzo western ma non solo questo è anche molto altro, troviamo amicizia, lealtà, avventura, giustizia, amore, Storia e anche una sorta di autocritica verso il sistema su cui si reggeva il west, l’avvento dei bianchi, la colonizzazione dei territori indiani, la troviamo molto nelle parole di Gus.

“Quando si alzarono, Tobe riprese diligente il suo giro di ronda. Augustus attaccò i muli nuovi al carro nuovo. Le strade di San Antonio erano deserte e silenziose. La luna era alta e un paio di capre randagie sfregavano il muso contro le mura del vecchio Alamo, in cerca di un ciuffo d’erba. Quando erano arrivati nel Texas negli anni Quaranta, la gente non parlava d’altro che di Travis e dei prodi che avevano perso la battaglia, ma adesso la battaglia era stata dimenticata e l’edificio abbandonato.
-Call, si sono dimenticati di noi, come dell’Alamo – disse Augustus.
-Perché non dovrebbero? Non siamo rimasti qui.
-Non è per quello, è perché non siamo morti. Travis ha perso la battaglia e finirà nei libri di storia, quando qualcuno scriverà di questo posto. Se un migliaio di Comanche ci avesse intrappolato in una valle e sterminato tutti, come hanno appena fatto i Sioux con Custer, avrebbero composto canzoni su di noi per cent’anni.
A Call parve un’osservazione sciocca. – Non ci sono mai stati mille Comanche in un posto solo. Se c’erano, prendevano Washngton DC
Ma più Augustus pensava agli insulti che avevano ricevuto nel saloon – un saloon dove in passato erano stati accolti come eroi – più s’indispettiva.
- Avrei dovuto dare un paio di botte in testa a quello sbarbatello di Mobile.
-Era solo spaventato. Sono sicuro che Tobe gli farà la predica la prossima volta che lo vede.
-Non è quello il punto, Woodrow. Non afferri mail il punto.
-E qual è, maledizione?
-Se viviamo altri vent’anni, saremo noi gli indiani. A giudicare da come si sta popolando questo posto, tra poco ci saranno solo chiese e mercerie. E prima che non ce ne rendiamo conto, raduneranno noi vecchi turbolenti e ci rinchiuderanno in una riserva perché le signore non si spaventino.
-Mi sembra improbabile.
-È maledettamente probabile, invece. Se trovo una squaw che mi piace, me la sposo. Se devo essere trattato come un indiano, tanto vale che mi comporti come tale. Abbiamo passato i nostri anni migliori a combattere dalla parte sbagliata.
Call non voleva discutere di simili sciocchezze. Avevano quasi raggiunto i margini della città e passarono accanto ad alcuni tuguri di adobe dove vivevano i messicani più poveri. In uno di loro piangeva un bambino. Call era sollevato all’idea di andarsene. Quando Gus era così riottoso, poteva succedere di tutto. In campagna, se si fosse arrabbiato e avesse sparato a qualcosa, avrebbe sparato a un serpente, non a un barista incivile.
-Non abbiamo combattuto dalla parte sbagliata. Il miracolo è che tu sia rimasto così a lungo dalla parte giusta della legge. Jake è troppo vigliacco per essere un gran fuorilegge, ma tu non lo sei.
-Non è detto che non lo diventi. Sempre meglio che catturare gli ubriaconi per vivere, come Tobe Walker. Che diavolo, si è quasi messo a piangere dalla voglia di venire con noi, quando siamo partiti. Tobe era veloce una volta e, guardalo adesso, è grasso come un castoro.
-È vero che è ingrassato, ma Tobe è sempre stato robusto – disse Call. Su un punto, però Gus aveva probabilmente ragione. Tobe aveva lo sguardo molto triste quando se n’erano andati.” 

Quella di McMurtry è una scrittura magnetica, essenziale e lineare ma al tempo stesso molto descrittiva che immerge il lettore nel contesto, nel paesaggio e nei personaggi, è anche molto realistica e cruda, non mancano momenti drammatici - McMurtry non è clemente con i propri personaggi (cosa in realtà che rende la storia ancor più veritiera, perché la vita – purtroppo – non è una favola) quindi se siete sensibili (leggasi piagnoni come me) preparate i fazzoletti perché le lacrime non mancano. E poi c’è tantissima introspezione, analisi dell’animo umano e il materiale (i personaggi) non manca.

Lonesome Dove è stato pubblicato nel 1985 (ha vinto il premio Pulitzer l’anno successivo) e nel corso dei decenni successivi Mc Murtry ci racconta altre avventure di Gus e Call con dei prequel e dei sequel che francamente non vedo l’ora di leggere (Per le strade di Laredo (sequel), Il cammino del morto e Luna Comanche (prequel)).

 

Fatemi sapere nei commenti se lo avete letto, se conoscete Call e Gus.