TITOLO:
Siddharta
AUTORE:
Hermann Hesse traduzione di Massimo Mila
EDITORE:
Adelphi - collana Piccola Biblioteca Adelphi
PAGINE:
197
PREZZO:
€ 12,00
GENERE: letteratura tedesca, romanzo di formazione, romanzo filosofico
LUOGHI VISITATI:India VI secolo a.C.
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Un testo davvero particolare,
difficile da inquadrare è romanzo di formazione, saggio, testo filosofico e
divulgativo, mistico e religioso.
La storia narrata è quella di
Siddharta un giovane della casta dei bramini (e destinato teoricamente ad
essere tale a sua volta) estremamente saggio e devoto, bravissimo in tutte le
attività che compie, ottimo studente e ben voluto da tutti. Ma è portare di una
sete particolare, una sete di conoscenza che lo condurrà a vivere molte e
diverse esperienze nel tentativo di soddisfarla.
“A chi altri si doveva
sacrificare, a chi altri si doveva rendere onore, se non a Lui, all’Unico,
all’Atman? E dove si poteva trovare l’Atman, dove abitava Lui, dove batteva il
Suo eterno cuore, dove altro mai se non nel più profondo Io, in quel che di
indistruttibile ognuno porta in sé? Ma dove, dov’era, questo Io, questa
interiorità, questo assoluto? Non era carne e ossa, non era pensiero né
coscienza: così insegnavano i più saggi. Dove, dove dunque era? Penetrare
laggiù, fino all’Io, a me, all’Atman: c’era forse un’altra via che mettesse
conto di esplorare? Ahimè! questa via nessuno la insegnava, nessuno la
conosceva, non il padre, non i maestri e i saggi.”
Così lascia la famiglia e la
comunità in cui vive per unirsi a un gruppo di Samana, degli asceti vagabondi
che trascorrono il tempo in meditazione lontano dalla civiltà; con loro
Siddharta impara molto, impara il digiuno, la resistenza, impara ad uscire dal
proprio Io, ma non riesce a soddisfare la sua ricerca della vera saggezza. Dopo
l’esperienza con gli asceti si butta a capofitto in una nuova esperienza di vita
assolutamente diversa dalle precedenti fatta di vizio, lussuria e denaro.
“… così la nuova vita di
Siddharta, ch’egli aveva cominciato dopo la separazione da Govinda, invecchiava
e perdeva col passare degli anni la tinta e lo splendore, la coprivano macchie
e pieghe, e nascosti in fondo, qua e là facendo odiosamente capolino,
aspettavano la delusione e il disgusto. Siddharta non se n’accorgeva.
S’accorgeva soltanto che quella voce limpida e sicura dell’animo suo, che un
tempo era desta in lui e nei suoi tempi d’oro l’aveva sempre guidato, era
ammutolita.
Il mondo l’aveva assorbito, il piacere, l’avidità, la pigrizia, e infine anche
quel peccato ch’egli aveva sempre disprezzato e deriso come il più stolto di
tutti: l’avarizia."
Ma anche questa nuova vita non
l’ha aiutato a trovare ciò che desidera e l’abbandona per trovare infine, dopo
lo sconforto, la sua dimensione in riva al fiume dove imparerà molto e passerà
così il resto dei suoi giorni.
In realtà tutte le esperienze
sono state importanti per Siddharta e tutte lo hanno aiutato a risalire la
strada della ricerca della chiave della felicità e della saggezza. Almeno
questo è quello che penso io anche confrontato con il pensiero finale di
Siddharta.
L’opera è ambientata nell’India
del VI secolo avanti Cristo, a parte questo però non conosciamo praticamente
nulla né dell’India (usi, costumi e tradizioni) né dello stesso Siddharta.
La scrittura è aulica, poetica,
quasi un opera epica però a tema filosofico; a mio parere la lettura richiede
molta attenzione e concentrazione, non è sicuramente un romanzo di trama; però
il tempo scorre velocissimo tant’è che ripercorriamo tutta la lunga vita di
Siddharta e la sua attività di ricerca in meno di 200 pagine.
Il romanzo è ricchissimo di
concetti filosofici/religiosi. Sono concetti che non so spiegare, penso di aver
vagamente capito ma non ho la certezza, in fondo cosa cerca Siddharta? una via
per trovare la pace interiore, la felicità. Quando mi imbatto in termini e
genericamente concetti che non conosco ricorro a google (mio inseparabile amico
e compagno di vita) ma con questo libro il problema è che i concetti presenti
sono molto complessi, inoltre fanno parte e sono stati sviluppati da diverse
correnti di pensiero sia orientali che europee, sono concetti che richiedono
studi approfonditi per essere anche solo vagamente compresi, io in materia di
filosofia sono assolutamente ignorante e non ho mai studiato materie afferenti
a questa sfera (filosofia del diritto studiata all’università al primo anno di
giurisprudenza secondo me non vale). Senz’altro la mia mancanza assoluta di
preparazione in campo filosofico non è stata d’aiuto.
Il personaggio di Siddharta è
intriso di filosofia, la sua stessa vita è votata alla ricerca dell’Io, della
strada per la felicità, tutte le volte che parla Siddharta si esprime
filosofeggiando. Il mio passaggio preferito è quello in cui spiega l’utilità
delle sue scarse doti: pensare, aspettare e digiunare (che sinceramente sono
capacità notevoli e non comuni ma che agli occhi di un possibile datore di
lavoro sembrano assolutamente inutili)
“«Tu hai voluto. Vedi, Kamala, se tu getti una
pietra nell’acqua, essa si affretta per la via più breve fino al fondo. E così
è di Siddharta, quando ha una meta, un proposito. Siddharta non fa nulla.
Siddharta pensa, aspetta, digiuna, ma passa attraverso le cose del mondo come
la pietra attraverso l’acqua, senza far nulla, senza agitarsi: viene scagliato,
ed egli si lascia cadere. La sua meta lo tira a sé, poiché egli non conserva
nulla nell’anima propria, che potrebbe contrastare questa meta. Questo è ciò
che gli stolti chiamano magia, credendo che sia opera dei demoni. Ognuno può
compiere opera di magia, ognuno può raggiungere i propri fini, se sa pensare,
se sa aspettare, se sa digiunare».”
Siddharta è un personaggio di
fantasia, vagamente ispirato alla figura del Buddha, un personaggio che
sviluppa una propria corrente filosofica, o meglio un proprio pensiero che però
non va insegnandolo agli altri ma lo tiene e lo usa per se. Viene esposto dallo
stesso Siddharta alla fine del romanzo quando incontra il suo vecchio amico
Govinda e risponde alle sue domande.
“No, nel peccatore è, già ora,
oggi stesso, il futuro Buddha, il suo avvenire è già tutto presente, tu devi
venerare in lui, in te, in ognuno il Buddha potenziale, il Buddha in divenire,
il Buddha nascosto. Il mondo, caro Govinda, non è imperfetto, o impegnato in
una lunga via verso la perfezione: no, è perfetto in ogni istante, ogni peccato
porta già in sé la grazia, tutti i bambini portano già in sé la vecchiaia,
tutti i lattanti la morte, tutti i morenti la vita eterna. Non è concesso
all’uomo di scorgere a che punto sia il suo simile della propria strada: in
briganti e in giocatori d’azzardo si cela il Buddha, nel Brahmino può celarsi
il brigante. La meditazione profonda consente la possibilità di abolire il
tempo, di vedere in contemporaneità tutto ciò che è stato, ciò che è e ciò che
sarà, e allora tutto è bene, tutto è perfetto, tutto è Brahma. Per questo a me
par buono tutto ciò che esiste, la vita come la morte, il peccato come la
santità, l’intelligenza come la stoltezza, tutto dev’essere così, tutto
richiede solamente il mio accordo, la mia buona volontà, la mia amorosa
comprensione, e così per me tutto è bene, nulla mi può far male. Ho appreso,
nell’anima e nel corpo, che avevo molto bisogno del peccato, avevo bisogno
della voluttà, dell’ambizione, della vanità, e avevo bisogno della più
ignominiosa disperazione, per imparare la rinuncia a resistere, per imparare ad
amare il mondo, per smettere di confrontarlo con un certo mondo immaginato,
desiderato da me, con una specie di perfezione da me escogitata, ma per
lasciarlo, invece, così com’è, e amarlo e appartenergli con gioia”
Penso di non sbagliare
nell’affermare che le teorie sviluppate da Siddharta siano una summa di vari
pensieri e filosofie (in particolare ho letto che il pensiero finale è molto
simile a quello della dottrina buddhista insegnata di Nāgārjuna), realizzata dallo
stesso Hesse in relazione anche alle proprie convinzioni personali e
influenzate non solo dalle filosofie orientali ma anche da quelle di pensatori
europei.
Il libro offre tantissimi spunti
di riflessione, è perfetto per chi è interessato alla filosofia soprattutto di
matrice orientale. Non è un brutto libro ma non mi ha soddisfatto, bisogna
probabilmente leggerlo con la giusta predisposizione d’animo e la voglia di
compiere approfondimenti filosofici e possibilmente con una base pregressa in
materia, senz’altro gli insegnamenti che fornisce sono interessanti e
forniscono una possibile chiave di lettura della vita.
Ho letto anche che questo romanzo
ha riscosso moltissimo “successo” ed è uno tra i più noti dello scrittore
tedesco, inizialmente non riuscivo a capirne la ragione ma penso di averla
individuata nel fatto che il libro - che rispecchia pienamente le tematiche
care allo scrittore come esistenzialismo, spiritualismo e filosofia orientale,
assieme alla figura dello stesso Hesse (che
era anche poeta e filosofo) e le sue
esperienze di vita – è stato oggetto di una sorta di riscoperta a partire dagli
anni ’60 negli Stati Uniti tra i giovani in protesta contro la guerra e nella
comunità hippie, quindi il romanzo si è poi legato a questo tipo di pensiero di
insofferenza verso lo stato e la società diventando un ottimo testo dove
trovare spunti di riflessione per la ricerca di se stessi e di nuovi valori.
Lo conoscete? Vi aspetto nei
commenti.