domenica 22 marzo 2020

IL DETECTIVE KINDAICHI - YOKOMIZO SEISHI

TITOLO: Il detective Kindaichi
AUTORE: Yokomiso Seishi - traduzione di Francesco Vitucci
EDITORE: Sellerio - collana La Memoria
PAGINE: 208
PREZZO: € 13
GENERE:letteratura giapponese - gialli
LUOGHI VISITATI:Giappone anni '30
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"...il rito nuziale nella dépandance terminò intorno alle due del mattino. Dopo aver lasciato soli gli sposi, la comitiva si congedò ritirandosi nella residenza padronale. La neve continuava a cadere fitta. Tutto accadde circa due ore dopo. Quando quelle grida terrificanti e lo spettrale suono del koto ruppero il silenzio profondo della notte..."

Si tratta di un romanzo giallo ambientato nel 1937 nella piccola cittadina di Yamanodani in Giappone. La struttura narrativa è particolare: l’autore narra di questo caso che lo ha particolarmente incuriosito e che gli è stato raccontato dagli abitanti del luogo in cui sta soggiornando, in particolare da F che all’epoca dei fatti aveva anche in parte partecipato alle indagini. 

Un misterioso uomo deforme e con solo tre dita, l’omicidio di Kenzo Ichiyanagi primogenito di una ricca famiglia di possidenti e della moglie Katsuko, uccisi la notte del loro matrimonio, il suono del koto (un tradizionale strumento a corde) che sembra annunciare gli omicidi e, ultima particolarità, si tratta di un “delitto a porte chiuse”. La famiglia Ichiyanagi è una famiglia di ricca e di nobili origini ma i suoi componenti sembrano nascondere dei segreti. Lo zio della sposa, il signor Ginzo manda a chiamare il detective Kindaichi un suo amico che ha aperto uno studio di investigazione a Tokyo. Kindaichi è un tipo “strano”, giovane ma trasandato e direi anche trasognato, al villaggio se lo ricordano tutti, sarà lui a risolvere il caso con i suoi metodi deduttivi e logici che ha forse in parte imparato nei suoi amati romanzi gialli di cui si nutre avidamente.

Purtroppo questo è l’unico volume pubblicato in Italia di Seishi Yokomizo che è stato un autore di gialli molto prolifico e ci sono numerosi romanzi dedicati proprio al detective Kindaichi, spero davvero che Sellerio o qualche altra casa editrice pubblichi altre sue opere.

Lo stile è coinvolgente, pulito e dettagliato, incolla il lettore alla pagine; crea anche un alone di suspense e di attesa molto forte e fornisce al lettore indizi e prove. Nella narrazione non mancano i rimandi agli elementi della tradizione giapponese e anche alla cultura del soprannaturale.  

Erano anni che non leggevo un romanzo giallo ed è stata una bella avventura.
Voto 5 stelline.

mercoledì 18 marzo 2020

PALAZZO YACOUBIAN

TITOLO: Palazzo Yacoubian
AUTORE: 'Ala Al-Aswani - traduzione di Bianca Longhi
EDITORE: Feltrinelli
PAGINE: 215
PREZZO: € 9,50
GENERE: letteratura egizina contemporanea
LUOGHI VISITATI: Egitto
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Palazzo Yacoubian di ‘Ala Al-Aswani è un testo leggero, frizzante, accattivante e coinvolgente; permette al lettore di immergersi nella società egiziana cogliendo tutte le sfumature e le contraddizioni.
L’Egitto è un paese “arabo/musulmano” che vede il Corano tra le sue fonti normative, e all’inizio della narrazione sono rimasta basita nel sentir parlare di amore, di sesso e di “fattezze femminili” anche per come le donne vengono descritte; leggendo ho capito che non c’è obbligo di portare il velo e i vestiti tradizionali, sia uomini che donne possono vestirsi sia secondo la tradizione araba sia secondo canoni occidentali.
Temi centrali del romanzo sono la questione religiosa, l’amore, la corruzione e l’avidità; tematiche che incidono e guidano la vita dei protagonisti.
Emerge una grande e diffusa strumentalizzazione della religione (islamica) a fini politici. Da un lato gli estremisti che fanno leva sulla povertà e sull’ignoranza per creare combattenti per la causa, da mandare in prima linea sia durante le manifestazioni contro il governo sia per compiere attacchi terroristici.  Emerge anche la forte repressione governativa verso il partito musulmano intransigente ma penso in generale verso tutte le forme di dissenso. Dall’altro il Governo che interpella sheikh e dotti per avere interpretazioni dei testi sacri che giustifichino le scelte politiche alla luce dei dettami coranici e della shari’a. 


Ho detto fa leva sulla povertà e sull’ignoranza (gli elementi che creano le maggiori disparità sociali) perché le disparità sociali sono molto forti e incidono pesantemente sulle possibilità di realizzarsi: le capacità non bastano servono nome e mazzetta ad esempio per accedere alla pubblica amministrazione; a questo aggiungo che chi è “povero” non può permettersi molte cose che invece si permettono i più ricchi tra cui vivere in modo più occidentale con molti agi e comodità: ecco che un interpretazione tradizionale e rigorosa del Corano evidenzia come vivere all’occidentale, lusso e tutto ciò che ne deriva non è contemplato o permesso dal Corano, è  quindi sbagliato, contro la fede ed è giusto non tenere quei comportamenti; in questo modo il giovane deluso dal sistema Stato si sente accettato in un gruppo per quello che è, e addirittura la sua, misera, condizione gli permette di essere un buon fedele e un uomo migliore degli altri.  Questo meccanismo coinvolgerà un protagonista, mi ha molto colpito e mi ha portato a riflettere su cosa possa spingere un giovane (per lo più) a sacrificare la propria esistenza per una causa e in particolare per la causa della jihad.

"...in questo momento, per esempio, si sta esercitanto ad amare e a odiare la gente secondo i valori islamici. Ha appreso dallo sheikh che l'essere umano è l'essere più abietto e più meschino sulla faccia della Terra. Gli uomini si amano e si odiano in base a concetti terreni, invece dovrebbero amarsi in base alla devozione religiosa. Taha ha cambiato opinione rispetto a moltissime cose: prima amava certi inquilini perchè erano buoni o generosi con lui, ora li detesta perchè non pregano o bevono alcolici...."

Poi c’è l’amore in tutte le sue forme, anche l’amore omosessuale. Emerge l’odio dei giovani egiziani verso il proprio paese che non li sa amare, non li sa crescere, non è capace di dar loro la possibilità di realizzarsi e migliorarsi, di uscire dalla povertà e crearsi un futuro vero e onestamente. Giovani che o si avvicinano ai movimenti fondamentalisti/terroristici oppure scapano all’estero, o almeno vivono sognando di poterlo fare. Senza considerare che se una ragazza vuole lavorare quasi sicuramente per mantenere il posto dovrà cedere alle avance del padrone.
Emerge la corruzione e l’avidità di potere e/o di denaro che guida i comportamenti umani e anche tanto egoismo. 

Tutti questi argomenti vengono trattati narrando le vicende di alcuni abitanti di Palazzo Yacoubian, palazzo che esiste realmente a Il Cairo di cui viene anche ricostruita la storia. Perché oltre a dipingere la società egiziana (più o meno) contemporanea (il libro è stato pubblicato nel 2002 e ambientato circa a inizio anni ’90: negli ultimi anni ci sono stati alcuni cambiamenti politici in Egitto, anche se non penso la situazione sia tanto migliorata) ne ricostruisce, a grandi linee anche la storia, per lo più politica, dal secondo dopoguerra e lo fa sempre attraverso le vicende o i racconti dei personaggi.
Vediamo chi sono questi personaggi. C’è Zaki bey un vecchio dongiovanni che ha dedicato la sua vita ad amare le donne; Hatim un intellettuale omosessuale; Taha il figlio del portiere (ottimo studente che sogna di diventare poliziotto ma finirà a entrare in gruppo terroristico per superare quel gap sociale di cui dicevo prima); Buthayna fidanzata di Taha, costretta alla morte del padre a lasciare gli studi e trovare un lavoro per mantenere la famiglia; Hagg ‘Azzam un ricco uomo d’affari che decide buttarsi nella politica e di prendere una seconda moglie; Abaskharon (il domestico di Zaki) e suo fratello Malak due veri furbacchioni.

Ho letto il volume per il progetto #ilgirodelmondoin12letture di @thebookmark.it che per la tappa di marzo prevede di viaggiare in nord Africa: è stato un viaggio molto interessante che approfondirò nel tempo, anche leggendo altro di ‘Ala Al-Aswani, che nonostante il nome difficile mi è piaciuto molto, lo conoscete?

Voto 5 stelline

martedì 10 marzo 2020

IL ROSSO E IL NERO - STENDHAL

TITOLO: Il rosso e il nero. Cronaca del 1830
AUTORE: Stendhal - traduzione di Luigi Maria Sponzilli
EDITORE: Feltrinelli - collana universale economica
PAGINE: 568
PREZZO: € 11,00
GENERE: letteratura francese - classico
LUOGHI VISITATI: Francia di metà XIX secolo
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“Il rosso e il nero. Cronaca del 1830” è un romanzo della letteratura francese del XIX secolo scritto da Stendhal (pseudonimo di Marie-Henri Beyle) e pubblicato nel 1830.
Vengono narrate le vicende di Julien Sorel, che grazie alla sua ambizione e alle sue capacità riesce nella scalata alla gerarchia sociale. Da figlio di un carpentiere di campagna riesce a diventare segretario di un importante uomo politico di Parigi. Julien è appassionato di letteratura, conosce il latino e conosce a memoria la Bibbia; grazie all’amicizia con il parroco Chélan diventa precettore dei figli del sindaco di Verrières (il paese di cui è originario nella regione della Borgogna-Franca Contea ai confini con la Svizzera); successivamente entrerà in seminario e poi diventerà, come dicevo, segretario di un importante uomo politico a Parigi: il marchese De La Mole. 

Stendhl ha preso spunto da un fatto di cronaca realmente avvenuto (ha poi mutato nomi di luoghi e persone ed ha arricchito la vicenda fino a scriverne un romanzo lunghissimo) per analizzare e scandagliare l’animo umano e le passioni che lo guidano.
Stendhal tratteggia un quadro della società francese all’epoca della Restaurazione anche da un punto di vista politico - l’aspetto della politica emerge fortissima, con tutti i “partiti” in lotta per il potere ad esempio liberali, giacobini, ultra, monarchici, a cui si aggiungono le fazioni politiche interne al potere religioso che vede contrapporsi Gesuiti e Giansenisti, in lotta per prevalere e influenzare la vita politica della Francia. Un aspetto che emerge prepotentemente è la volontà di alcuni partiti di riportare la situazione sociale ai tempi dell’ “Ancien Regime”.
L’altro aspetto che spicca è quello delle tresche amorose di Julien, che saranno in qualche modo la sua rovina, e sono i mezzi attraverso cui Stendhal approfondisce posizioni e psicologia dei personaggi -  l’analisi introspettiva/psicologica dei protagonisti è molto dettagliata – sia la società francese del XIX secolo sotto l’aspetto delle relazioni sociali.
La narrazione si caratterizza per un narratore onnisciente, utile per portare avanti l’introspezione. Però ho trovato la narrazione pedante, lenta, noiosa; solo verso la fine penso di aver visto uno slancio, una maggior rapidità. 

Il titolo è simbolico, il rosso e il nero rappresentano i colori di due carriere che permettono, o hanno permesso, ai giovani di farsi una posizione: il rosso delle divise militari dell’esercito (che rappresenta la possibilità di farsi una posizione grazie alla carriera militare, possibilità presente negli anni di Napoleone) e il nero delle “divise” degli ecclesiastici cattolici (che rappresenta la possibilità di farsi una posizione e di esercitare un influenza politica nella Francia post Restaurazione).

Capisco e apprezzo le ragioni che stanno alla base del romanzo, ciò che Stendhal voleva narrare, e sono molto contenta di quello che ho appreso sulla società francese nel ‘800 post Restaurazione, ma non mi ha convito o meglio non mi è piaciuto lo stile; devo dire che ci può stare perché ragionandoci è un libro scritto e stampato nel 1830 quindi è plausibile che la narrazione fosse diversa da quella odierna. Il mio voto è 2 stelline su 5, ma voglio dare almeno una altra possibilità a Stendhal e prima o poi leggerò la Certosa di Parma. 

Erano anni che volevo leggere questo libro, penso dalle superiori ma non ne ricordo il motivo; ho approfittato dell’iniziativa lanciata da @rubrica_spazio_libri per leggerlo. Mi sono approcciata senza saperne nulla a parte la mia convinzione che fosse ambientato durante la rivoluzione francese chissà poi perché?!
Voi lo avete letto? E cosa ne pensate? Non vedo l’ora di confrontarmi con voi