Questo romanzo è il primo di una trilogia che Lamaitre ha dedicato alla storia di Francia, si sviluppa tra gli ultimissimi giorni della prima guerra mondiale - iniziamo a conoscere i nostri protagonisti a pochi giorni dall’armistizio - nel novembre 1918 fino al giugno del 1920.
Protagonisti tre uomini, tre uomini che hanno combattuto per la patria: Albert Maillard, Eduard Perincourt e il tenente Henri d’Aulnay-Pradelle. Tre personaggi che non potrebbero essere più diversi tra loro.
Albert Maillard è un ragazzo d’animo buono, eterno indeciso, timido e riservato, un contabile che vive solo con la madre, dopo la guerra si trova ad accudire il suo compagno Édouard.
Édouard Péricourt proviene da una famiglia molto ricca, è un tipo estroso, ribelle, eccentrico ama disegnare e dipingere - praticamente è un bravissimo artista - orfano di madre non ha un buon rapporto con il padre, il banchiere Marcel Péricourt che non vede in lui in figlio maschio tanto agognato – mentre ha un ottimo rapporto con la sorella Madeleine.
Le vicende della guerra o meglio dell’ultima battaglia li unirà in modo quasi indissolubile.
Infine c’è il tenente Henri d’Aunlay-Pradelle un arrivista senza scrupoli, egoista ed egocentrico, proviene da una famiglia nobile oramai decaduta e in rovina, persegue in desiderio di ridare luce al proprio nome e riportare la dimora di famiglia a nuovo splendore, propositi apprezzabili ma non i mezzi con cui cerca di raggiungere i suoi scopi. Per Pradelle la guerra e poi la sua “smobilitazione” sono l’occasione e il mezzo per farsi una posizione e arricchirsi, ma con metodi tutt’altro che onesti.
Ce la faranno i nostri eroi? È la domanda che mi ha frullato in testa dalle prime pagine; una domanda che si fa incalzante quando anche gli avvenimenti si fanno più serrati e soprattutto si avvicina la fine del libro e quindi l’esito della vicenda. Ho sperato in un lieto fine per Albert ed Édouard; mentre per Pradelle ho sperato che ce la facesse, ad affondare però, dato il suo egocentrismo e il suo essere ignobile. Non voglio anticipare nulla…
Lamaitre è un narratore onnisciente, che conosce e scandaglia l’animo umano dei suoi personaggi, rendendoli unici, veri e coerenti, semplicemente meravigliosi; racconta tutto dei suoi personaggi e non perde occasione esprimere un commento e per rivolgersi al lettore. Questa caratteristica del narratore che si rivolge al lettore (che io adoro, inutile dirlo) si rifà alla tradizione della letteratura francese di fine ‘800 che Lamaitre vuole omaggiare ma c’è anche un’altra ragione, come spiega nelle sue interviste vuole ricordare al lettore che sta leggendo una storia, non si tratta di realtà ma di romanzo.
Non mancano i colpi di scena. La narrazione è scorrevole e le vicende dei personaggi sono narrate a capitoli alterni; con un crescendo continuo che tiene incollato il lettore alle pagine.
Oltre le vicende dei personaggi il libro rappresenta anche un’invettiva contro la guerra, nello specifico la Prima Guerra Mondiale, ma le riflessioni si prestano a qualsiasi conflitto. Pone l’accento, in particolare, sul ritorno alla vita normale finito il conflitto - percorso già di per sé non facile - qui le persone vengono lasciate sole, abbonante a sé stesse in primis da quello Stato per cui hanno combattuto e che ora si dimentica di loro, ricordando solo (forse) i caduti.
“Nello stesso tempo, dalla fine della guerra non si fa altro che aspettare. Qui, dopotutto, è un po’ come in trincea. C’è un nemico che non vedi mai, ma che senti con tutto il suo peso. Dipendi da lui. Il nemico, la guerra, la burocrazia, l’esercito, sono tutte cose un po’ simili, nessuno ci capisce niente e nessuno sa risolverle una volta per tutte. […] Ecco come finisce la guerra, mio povero Eugène, un immenso dormitorio di gente stremata che non si è nemmeno capaci di rispedire a casa come si deve. Nessuno che ti dice una parola o soltanto che ti stringe la mano. I giornali ci avevano promesso archi di trionfo, e invece stiamo ammassati in sale esposte ai quattro venti…”
Come detto il libro fa parte di una trilogia ma è autoconclusivo: non solo le vicende narrate si chiudono ma l’autore fornisce ulteriori dettagli e spiegazioni nell’epilogo dove non viene lasciato spazio all’immaginazione del lettore, è un finale chiuso! (altra cosa che io adoro follemente). Ho letto che i libri sono autonomi e questa conclusione ne è la conferma, non vedo l’ora di andare avanti anche perché nel secondo volume “I colori dell’incendio” protagonista sarà proprio Madeleine Péricourt e nel terzo “Lo specchio delle nostre miserie” ho visto che c’è una Louise, e penso sia proprio la ragazzina, ormai donna, che troviamo nel primo romanzo.
Un libro che mi è piaciuto molto. Ho apprezzato la trama, talvolta succedono cose particolare, dettagli quasi surreali, ma trovano il loro senso all’interno della narrazione; anche la delineazione dei personaggi è davvero magnifica. E infine presenta due caratteristiche tecniche che odoro: il narratore onnisciente (addirittura che strizza l’occhio al lettore) e il finale chiuso, dove Lamaitre da conto anche di cosa succede dopo. Inoltre è anche una saga. Se vi piacciono questi elementi narrativi non posso che consigliarvi questo libro.
Voi avete letto qualcosa di Lamaitre?