venerdì 27 novembre 2020

BUTCHER'S CROSSING - JOHN WILLIAMS

TITOLO: Butcher's crossing
AUTORE: John Williams - traduzione di Stefano Tummolini
EDITORE: Fazi - collana Le Strade
PAGINE: 359
PREZZO: € 10,00
GENERE: letteratura western, letteratura americana
LUOGHI VISITATI: america western

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È un romanzo meraviglioso. C’è tutto il selvaggio west declinato in uno dei capisaldi della vita della frontiera: la caccia al bisonte. 

La scrittura è semplice, lineare e piana ma potente, molto espressiva ed evocativa ti trasporta con semplicità in un mondo affascinante e difficile che ormai non esiste più. Pochi personaggi caratterizzati all’essenziale, solo del protagonista William Andrews conosciamo qualcosa in più, un briciolo del passato, un qualcosa, una specie di richiamo che lo ha spinto a mollare tutto per avventurarsi nel lontano west, solo di William conosciamo i pensieri. E pur essendo il personaggio di cui conosciamo più cose comunque conosciamo pochissimo: un giovane che lascia Boston e l’università di Harvard perché qualcosa in lui lo spinge ad andarsene alla volta del West, dell’avventura e della natura selvaggia.

Arriva a Butcher’s Crossing un piccolissimo insediamento in costruzione nel Kansas

“Bastava un solo sguardo, o quasi, per contemplare tuta Butcher’s Crossing. Un gruppo di sei baracche di legno era tagliato in due da una stradina sterrata e poco oltre, su entrambi i lati, c’erano alcune tende sparse.”

Come dicevo quello che cerca William Andrews è l’avventura ma l’avventura nella natura selvaggia, cerca i cacciatori e a Butcher’s Crossing si mette in affari con un cacciatore di bisonti tale Miller. Con Miller partecipa ad una gigantesca caccia al bisonte, una caccia unica che rappresenta il sogno di ogni cacciatore.

“Dopo un po’, Andrews cominciò a cogliere un ritmo in quella carneficina. Per prima cosa, con un movimento volutamente lento che consisteva nel serrare i muscoli del braccio, bloccare la testa e stringere lentamente la mano, Miller sparava. Poi, rapidamente, tirava fuori la cartuccia ancora fumante e ricaricava. Studiava per un istante l’animale a cui aveva sparato e, se vedeva che era stato colpito in pieno, cercava con gli occhi nel vortice della mandria un bisonte particolarmente inquieto. Dopo pochi secondi, l’animale ferito barcollava e si schiantava in terra e Miller sparava di nuovo. Tuta quell’operazione, agli occhi di Andrews, era come una danza, un tempestoso minuetto creato dalla natura selvaggia che lo circondava. […] Ma mentre il dolore fisico aumentava, la sua mente sembrava staccarsi dal corpo, sollevandosi e permettendogli di vedere sé stesso e Miller con più chiarezza di prima. Durante l’ultima ora di caccia era arrivato a considerare Miller come un meccanismo, un automa, mosso dalla mandria in moto, e a interpretare la sua furia distruttiva non come una fame di sangue o di pelli o di guadagno, e neanche come un’espressione della rabbia che gli ribolliva in fondo al cuore, ma piuttosto come una reazione fredda e senz’anima alla vita in cui era sprofondato. E mentre strisciava ottusamente dietro di lui sul letto piatto della valle, raccogliendo le cartucce vuote, trascinando il barilotto d’acqua, badando al fucile, pulendolo e restituendoglielo quando ne aveva bisogno, guardava anche sé stesso e non capiva più chi era né dove stava andando.”

C’è il West nella natura inclemente e maligna, una natura vera, selvaggia, ancora padrona del mondo circostante; ci sono gli uomini, nella specie dei cacciatori, uomini solitari, selvaggi che tendono a isolarsi in sé stessi, a non parlare con i propri simili. C’è la caccia, l’uomo contro animali e natura, uomo che deve imparare a sopravvivere. C’è il sogno e la disperazione. C’è la possibilità di perdere tutto ma anche quella di ricominciare daccapo in un altro luogo; c’è il costruire da zero una nuova città, un villaggio oppure abbandonarlo per andare altrove dove magari passa la ferrovia…

Il genere western lo conosco già grazie ai fumetti di Tex Willer e ovviamente al cinema e alle serie tv (ricordo dalla mia infanzia “Bonanza” e “La signora del West) ma è stato il mio primo approccio al genere sotto forma di romanzo e voglio continuare la scoperta.

Il West è un mondo violento, duro, crudele ma magico, con tantissimi aspetti la ferrovia, i ranch, i cowboy, gli indiani, la conquista di un nuovo territorio, la corsa all’ora e tanto altro.

Siete appassionati del genere western? Fatemi sapere nei commenti.

 




martedì 24 novembre 2020

SAGA DI RAGNARR

TITOLO: Saga di Ragnarr
TRADUZIONE: Marcello Meli
EDITORE: Iperborea
PAGINE: 150
PREZZO: € 15
GENERE: letteratura epica, mitologia norrena
LUOGHI VISITATI: Nord Europa nell'Alto Medioevo ai tempi dei Vichinghi 

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Non è facile parlare di questo libricino.

Inizio col dire cos’è: siamo nella letteratura “epica” nello specifico quella nordica. Una volta che si ha ben chiaro quello che andiamo a leggere la lettura è interessante, io dell’epica e della mitologia nordica non conosco nulla, come conosco pochissimo i Vichinghi. Scioccamente mi aspettavo un romanzo storico con dei vichinghi per protagonisti, ovviamente non è così e già mentre cercavo il libro vari elementi dovevano farmi capire che quello che andavo comprando non era un romanzo: non c’è un autore e da molti commenti visti online si evince chiaramente che è usato anche come libro di testo universitario. Chiusa la parantesi sulla mia rincitrullaggine.

Nello specifico si parla di Ragnarr e dei suoi figli Eirikr e Agnarr (nati dal primo matrimonio con Thóra) e poi Ivarr senz’ossa, Björn fianchi-d’acciaio, Hvítserkr, Sigurdr occhi-di-serpe nati dal matrimonio con Áslaug. Vengono raccontate le vicende di Ragnarr a partire dal suo primo matrimonio con Thóra: la leggenda vuole che la ragazza fosse bellissima e un giorno il padre le regala un serpentello, questo però cresce a dismisura diventando oltre che grande anche estremamente pericoloso; così il padre promette Thóra in sposa a chiunque riesca a uccidere il mostro e sarà proprio Ragnarr a riuscire nell’impresa. Dopo questo primo matrimonio ce ne sarà un altro con Áslaug.

Si crea una specie di competizione tra re Ragnarr e i propri figli nell’andare in giro a conquistare e depredare luoghi. Qualunque sia la ragione (poi spiego meglio il perché *) Ragnarr decide di muovere guerra all’Inghilterra (regione che era stata storicamente governata dai suoi antenati) di re Ella e qui trova la morte in una fossa di serpenti. La vendetta dei figli non si fa attendere, o meglio ci saranno ben due diverse vendette e una, quella che si realizzerà, molto astuta e particolare. Ottenuta la vendetta ciascun figlio continua per la propria strada regnando e compiendo scorrerie.

Inizio con la precisazione (*) nel volumetto sono riportate e tradotte le due principali fonti della saga: appunto la “Saga di Ragnarr” e “Episodio dei figli di Ragnarr”. Senza addentrarmi nello specifico dico solo che entrambi raccontano le imprese di Ragnarr e dei suoi figli, cambia anzitutto la lunghezza perché “l’Episodio” è molto più breve e sintetico, cambia il punto focale (Ragnarr il primo, i figli il secondo), ci sono episodi narrati comuni ma la narrazione è leggermente diversa nel senso che la medesima “impresa” viene raccontata con sfumature diverse.

Tutto questo si ricollega anche al nocciolo della questione: il libro è la riproduzione di una saga che è stata scritta agli inizi del Medioevo sulla base delle tradizioni orali e ha subito nel corso del tempo vari rimaneggiamenti, inoltre si inserisce in un contesto molto più ampio che è quello delle saghe nordiche. Quello che noi leggiamo è la traduzione in italiano di testi medievali che ci raccontano la storia di Ragnarr e dei suoi figli, testi che sono conservati nella Biblioteca Reale di Copenaghen e che rappresentano le fonti più importanti ed attendibili di questa saga, sicuramente non le uniche, ma le sole giunte a noi.

Il testo è corredato da note che permettono anche di capire e analizzare il testo, oltre che da un’introduzione ad opera del traduttore Marcello Meli e di una postfazione di Fulvio Ferrari. Anche da tutto questo emerge che il volume è usato come testo di studio perché permette di contestualizzarlo sia storicamente ma anche rispetto alle altre saghe, venendo evidenziate le parti comuni e caratteristiche come possono esserlo certi comportamenti o atteggiamenti dei protagonisti.

 

La Storia dei Vichinghi come anche la storia dell’Alto Medioevo scandinavo mi è sconosciuta, ovviamente quanto narrato nella saga si discosta almeno in parte dalla realtà storica, anche se alcuni personaggi sono realmente esistiti, come è logico dato che stiamo parlando di un’opera di epica. C’è comunque la possibilità di farsi una vaga idea della cultura e della società vichinga in particolare dell’attività piratesca che queste popolazioni hanno intrapreso con incursioni anche nel mediterraneo e in Italia; tanto che il termine ‘vík’ significa baia ma già all’epoca aveva assunto anche il significato negativo di ‘pirata’.

Per quel che riguarda i protagonisti della saga non è da escludere che – almeno alcuni - siano realmente esistiti, è probabile che rappresentino un “idea” quindi riuniscano gesta e caratteristiche di più personaggi storici in un’unica figura. Non mancano gli elementi fiabeschi e magici, che da quello che ho capito, sono abbastanza caratteristici di queste opere.

Inoltre un aspetto interessante è la costruzione anche linguistica del poema col il largo ricorso alla figura del ‘kenning’ una specie di metafora che può essere anche molto articolata e nascosta (sono tutte segnate dalle note, anche perché diversamente io non avrei capito il significato). La narrazione è solo apparentemente semplice, in realtà è complessa e articolata, ogni avvenimento, mossa, comportamento, situazione o parola cela un significato nascosto e profondo ben preciso, ed è fonte di insegnamenti.

 

Dalla saga di Ragnarr è stata tratta la serie tv Vikings ideata e scritta da Michael Hirst; serie tv che non ho visto.

Perché ho letto questo libro? Per partecipare al progetto #unannoconlastoria su instagram. Il mondo dei vichinghi mi affascina molto, e come già detto mi è praticamente sconosciuto, queste saghe probabilmente non sono il modo migliore per un primo approccio o comunque permettono di avvicinarsi ad una tradizione molto distante da noi ma che richiede maggiori approfondimenti. Nel complesso non è una brutta lettura e non è nemmeno troppo complicata (molto utili le note e le relative spiegazioni, ma rendono la lettura molto più lenta), non ha soddisfatto la mia curiosità, è tutto molto vago.

venerdì 20 novembre 2020

MENDEL DEI LIBRI DI STEFAN ZWEIG

TITOLO: Mendel dei libri
AUTORE: Stefan Zweig traduzione di Nicoletta Giacon
EDITORE: Garzanti (collana i piccoli grandi libri)
PAGINE: 61
PREZZO: € 4,90
GENERE: letteratura austriaca
LUOGHI VISITATI:Vienna primi del Novecento

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Un racconto strepitoso.

Siamo nella Vienna della prima metà del ‘900 e il narratore entra nella prima caffetteria che trova per ripararsi da un acquazzone. È una caffetteria come tante, almeno in apparenza, ma dopo qualche momento il narratore si accorge di essere già stato in questo posto e finalmente si ricorda: è entrato al caffè Gluck quello dove lavorava “Mendel dei Libri”, sono passati tanti anni dal loro primo incontro e il narratore riuscirà a ricostruire la sua storia.

“… mio Dio, ma quello era il posto di Mendel, di Jakob Mendel, Mendel dei libri, e io dopo vent’anni ero capitato di nuovo nel suo quartier generale, al caffè Gluck nella Obere Alserstrasse. Jakob Mendel, come avevo potuto dimenticarmi di lui per così tanto tempo, una delle persone più singolari, uomo leggendario, questa isolata meraviglia del mondo, celebre all’università e in una ristretta ossequiosa cerchia? Come mi era potuto uscire dalla memoria, proprio lui, il mago e il sensale dei libri, che se ne stava seduto lì, tutti i giorni, ininterrottamente, dalla mattina alla sera, simbolo del sapere, gloria e onore del caffè Gluck?”

Il protagonista del racconto è Jackob Mendel detto Mendel dei libri, un semplice rivenditore di libri ma dotato di una memoria incredibile, era in grado di elencare tutti i libri disponibili sul mercato per qualsiasi argomento si stesse cercando, una specie di catalogo vivente e una fonte d’informazioni preziosissima per studenti, ricercatori e appassionati. Un uomo semplice che vive nel suo mondo fatto di libri, o meglio di titoli, edizioni, anni di pubblicazione – più che di contenuto - completamente avulso dal mondo esterno, reale, tanto da non accorgersi che è scoppiata la Prima Guerra Mondiale. La sua è una storia dolce amara.  

Emerge chiaramente un tema molto caro a Zweig: il degrado sociale dopo la prima guerra mondiale.

Zweig è stato soprattutto uno scrittore di racconti, anche se questa è la sua prima opera che leggo già ne avevo sentito parlare e voglio approfondire la sua conoscenza e quasi mi dispiace di non possedere già altre sue opere, io ho acquistato questo racconto singolo nella simpatica edizione di garzanti che è veramente minuscola, forse dalla foto non si capisce bene. Ha la capacità di sintetizzare in poche pagine personaggi straordinari, Storia e denuncia sociale; si tratta di un racconto scritto nel 1929 ma è assolutamente godibile e scorrevole.

 Non posso dire altro per non fare spoiler, è – almeno nel mio caso – un libricino che si legge in un soffio, ma è una storia che resterà a lungo, consiglio assolutamente di leggerlo, e pensare che io normalmente ho un rapporto conflittuale con i racconti.

Conoscete Zweig? Cosa mi consigliate di leggere?