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venerdì 3 maggio 2024

LE STREGHE DI SMIRNE di MARA MEIMARIDI

TITOLO: Le streghe di Smirne
AUTORE: Mara Meimaridi         
EDITORE: E/O
PAGINE: 621
PREZZO: € 9,50
GENERE: letteratura greca, romanzo storico
LUOGHI VISITATI: Smirne, Turchia a cavallo tra la fine dell'800 e gli inizi del '900
acquistabile su amazon: qui (link affiliato) 


Per me un’opportunità mancata, una storia interessante con una protagonista tosta ma lo sviluppo mi ha lasciato un po’ perplessa.

Protagonista principale è Katina, ma la sua storia ci viene raccontata all’interno di una struttura narrativa particolare nel senso che a parlare è una sua nipote che dopo la morte della zia riceve uno scrigno e dalle carte e istruzioni contenute si realizza una sorta di passaggio o di svelamento di particolari poteri nell’io narrante Maria. Sarà Maria che in stato di trance racconta o meglio scrive sotto dettatura la vita della zia. Si alternano, in modo non regolare, il presente e il passato, passato che è il tempo di Katina e una parte dell’infanzia di Maria in particolare l’estate che trascorse a casa della zia, dove vede e sente cose che lì per lì bambina non capisce.

Le parti su Katina e la sua storia sono bellissime, interessanti, coinvolgenti tiene attaccato alla pagine, Katina è una bambina quando con la madre Eftalia arrivano a Smirne senza un soldo e nel tempo con determinazione metteranno in piedi (ognuna a modo loro) un attività economica e imprenditoriale di successo. Katina è una donna tenace, agguerrita, impavida, una donna lavoratrice e imprenditrice, caparbia che sa imporsi e farsi rispettare, gestirà egregiamente le attività della famiglia del marito pur senza aver ricevuto una particolare formazione né supporto, e ne creerà di proprie, sa trarre il meglio da ogni situazione e non si lascia abbattere. È una donna “self made” che riesce a imporsi in un mondo di e per uomini. Riuscirà a conquistare gli uomini più belli e ricchi di Smirne, ma non siede sugli allori, sì da fare, ci sono i matrimoni, i figli e la vita in una città cosmopolita e in pieno fermento a cavallo tra Otto e Novecento.

È una storia di determinazione e resilienza, coraggio e forza tutta al femminile e con alcuni insegnamenti “femministi” che trovo molto importanti e utili.

“Eftalìa le lanciò un’occhiata e continuò a prestare sul prezzemolo per ridurlo in poltiglia.
Tap…tap…tap...
«Perché ti arrabbi, mamma? Dai, lascia stare i tuoi traffici e la ciccia delle altre. Ti spezzi la schiena per due soldi. Ci manca qualche cosa?».
«Oggi è venuta la sora Pinnéla dal quartiere vecchio» fece Eftalìa. «Ho mandato un po’ di riso a Caterina-la-pazza, quella del quartiere turco. La conosci, no?».
«Sì».
«Tu lo sai che Caterina-la-pazza era la prima signora Tsesmé? Lo sai che Caterina-la-pazza aveva una casa piena di quadri e tappeti, marito, figli, carrozze e ogni altro ben di dio? Lo sai che era generosa e dava a chiunque ne avesse bisogno? Se non lo sai, te lo dico io».
Tap…tap…tap…
«E come ha fatto a ridursi così?» chiese Katina, che si era intanto seduta una sedia.
«È successo perché pensava che tutte quelle cose fossero eterne e che il domani fosse uguale all’oggi e dopodomani ancora meglio. Ma ha perduto il marito e le nuore l’hanno buttata fuori di casa. E lei aveva messo tutto a nome di figli. Così, le ha dato di volta il cervello».
Tap…tap…tap…
«Tuo marito non ha le lire di un pascià, né i tuoi figli di beni di Abramo. Ognuna di noi deve badare a procurarsi il suo personale sostegno, sia di nascosto sia grazie al proprio marito, e a mettersi sempre da parte quanto più denaro può. Altrimenti ci si attacca come le sanguisughe a chiunque, per succhiargli qualche cosa per vivere. E se sei una sanguisuga non sei niente di più di una sanguisuga. E allora dovrai chinare la testa e prenderti le botte e sorbirti le corna e dire pure grazie».
Smise di pestare e la guardò dritto negli occhi.
«Tu lo sai quanti soldi ho io?».
«Ne hai?» chiese stupita Katina.
«Beh, vedi che non lo sai?».
Tap…tap…tap…
«Sai che fa Pinnéla al sor Arghìris, visto che stiamo parlando di lei? ».
«Che fa?».
Katina sorbiva la lezione pervasa da strane sensazioni: capiva che le era sfuggito qualcosa di importante e che doveva anche lei immancabilmente fare qualcosa, al più tardi quella stessa sera.
« ‘Ho preso due ocche di carne, Arghìris’ gli dice ‘e ce la siamo mangiata tutta’. Bugia. Ne ha presa meno di un’occa, l’ha farcita all’inverosimile, l’ha messa al forno con patate e cipolle, per mangiare fino a scoppiare, e il resto dei soldi li ha aggiunti al suo gruzzolo. Quanti ne avrà accumulati Pinnéla fino a oggi, dopo trent’anni della stessa solfa? Forse cento lire d’oro! Te lo saresti aspettato da lei? E una volta che sor Arghìris fu costretto a prendere un prestito per il suo lavoro e stava per impazzire, il pover’uomo, perché gli avrebbero portato via la barca e la pescheria…».
«… gliele diede Pinnèla le lire, naturalmente» concluse Katina come una scolaretta.
«Sei matta? Neanche glielo disse! Lasciò che andasse a cercare un prestito e a lavorare il doppio per tirare avanti alla meglio».
«Che belva!».
«Che volpe!» gridò Eftalìa innervosita. «Chi è Arghìris?».
«È il marito».
«È un estraneo».
«Sì, ma è anche il marito».
«Adesso. Domani potrebbe non esserlo, potrebbe morire, ammalarsi, impelagarsi in un’altra storia».
A questo punto Katina espresse serie obiezioni.
«Ma che dici pure tu, mamma! Sor Arghìris che se la fa con un’altra… Ma l’hai visto com’è Arghìris, che peggio di così non si può? Avrà ottocento anni, tartaglia ed è giallo come un melone. Ha più rughe lui sulla faccia che tutti i cammelli di Smirne messi insieme, anzi è proprio un cammello».
«Ma è un cammello maschio» dichiarò la madre. «Noi finora, mia cara Katina, non abbiamo potuto fare niente di nascosto. Sì e no riuscivamo a mangiare tutti i giorni. Adesso possiamo. Le fortune die non le dispensa ogni giorno».
«Io non ti metterò alla porta, mamma. Non dire sciocchezze».
«Lo so» rispose Efalìa.
E ricominciò a pestare nel mortaio con più rabbia.” 

Però il libro presenta alcuni punti dolenti. Anzitutto (e qui sicuramente è colpa mia) i nomi che sono da un lato distanti da quelli usuali essendo greci/turchi ma soprattutto sono molto simili ad esempio ci sono due personaggi che si chiamano Spiros e Siros, mi domando non ci sono altri nomi?

Poi la mancanza di spiegazioni soprattutto nell’introduzione dei personaggi, si parla di qualcuno come se il lettore già lo conoscesse (o dovesse conoscerlo) ma non è così: avete presente quando sentite due anziani che parlano di persone che conoscono loro e della loro generazione e danno per scontato che tu (come loro) ne conosca vita morte e miracoli? Mi sono sentita un estranea.

Il quadro generale nella narrazione è un po’ confuso e talvolta frettoloso. Mi è dispiaciuto moltissimo che la parte finale dalla vita di Katina non venga sviluppata maggiormente, si chiude praticamente all’improvviso senza spiegazioni, scopriremo qualcosa dopo ma in modo molto sommario. E sul finale del libro ho fatto davvero fatica perché non si capisce più chi è chi e chi fa cosa, è confuso e indefinito e mi ha messo parecchi dubbi.

Il libro tratta molti temi interessanti: la Storia si interpola con le vicende di fantasia, si parla molto di magia e dello stereotipo della donna “strega”; l’emancipazione femminile; c’è un quadro meraviglioso della vita a Smirne tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, una città cosmopolita dove convivono pacificamente e allegramente diverse comunità, scopriamo anche il modo di vivere usi e costumi.

Dicevo che si parla di poteri magici (siamo nell’ambito di un realismo magico) che si distinguono in due categorie: da un lato poteri quasi premonitori che ha Katina che però è usato pochissimo e non viene sviluppato molto (peccato perché poteva essere interessante) e poi l’insieme di pratiche e ricette che fanno una magia pratica, data dall’insieme di intrugli e formule ed è attraverso questa magia che Katina, pur non è bella, riesce ad accalappiare e sposare gli uomini più belli e ricchi di Smirne.

“Finché un giorno, mentre Katina andava a raccogliere i panni, vide nascosto sul legno del recinto un sortilegio. Il segno era stato attentamente sgrossato con la scure e poi la corteccia era stata risistemata. Benedetto il vento, che faceva agitare il bucato e aveva scoperto la spaccatura.
«È l’occhio di Allah» osservò Eftalìa.
Era un pezzo tagliato dalle mutande di Katina, che erano andate perse (ecco dove stavano!), bruciato e rovinato, avvolto in fili incrociati, con le estremità sporcate di nero; il panno era inchiodato con paletti di legno conficcati in tre punti.” 

“…a un certo punto Katina sospettò di sua madre, perché la signora Nina ce l’aveva proprio sullo stomaco e l’aveva colta durante una notte di luna piena a rimescolare della terra di tomba e a leggere il suo taccuino.
«… metti il chiavistello alla porta, mettiti le scarpe e va sul ponte appena tramonta la luna. Due legni seccati sepolti in terra di tomba e raccolti di sera, appena mette fuori il naso la costellazione delle Pleiadi. Occhio non ti veda mentre li prendi. Uniscili nel mezzo con una fune con quaranta nodi e per ogni nodo un pelo di gatta nera e le parole ‘seni baglamak ghighiò ghitzilma…’ Ti lego perché tu la sciolga. Poi fa sulla porta della tua nemica il cerchio funebre. Dì tre volte dentro di te: ‘Ames atethi. Ames seghità. Ames sanklà. Ghighio ghitzilma…’. Seppellisci il sortilegio nella terra, accanto alla casa, in modo che non possa trovarlo e scioglierlo mai. E la disgrazia arriverà. Le anime cattive che chiedono vendetta sono al tuo servizio, seguono l’occhio del morto e si attaccano al cerchio funebre. Non possono fuggire, ma solo entrare nella casa. E chiedono il male. E la disgrazia verrà».” 

 

Personalmente avrei sviluppato solo la storia di Katina, senza gusci narrativi di contorno di cui non trovo il senso.

Nonostante i “difetti” per me vale la pena leggerlo per la figura di Katina e si sua madre Eftalia e le loro storie, c’è una parte sulla vita della madre davvero toccante che mi ricordo perfettamente a distanza di anni.

Vi aspetto nei commenti per sapere se lo avete letto.


giovedì 9 novembre 2023

LE ARMI DELLA LUCE di KEN FOLLETT

TITOLO: Le armi della luce
AUTORE: Ken Follett traduzione di: Annamaria Raffo
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 712
PREZZO: € 27
GENERE: letteratura inglese, romanzo storico
LUOGHI VISITATI: Inghilterra fine '700 primi '800
acquistabile su amazon: qui (link affiliato) 

 

 


Le armi della luce è il nuovo capitolo della saga di Kingsbridge di Ken Follett: una nuovo tassello questa volta ambientato tra la fine del ‘700 e i primi anni dell’800. Siamo agli inizi della Rivoluzione industriale e iniziano a fare la propria comparsa le macchine che sostituiscono il lavoro dell’uomo, in particolare vediamo le macchine per la creazione di filato e tessuti, Kingsbridge è un centro produttivo importante fin dal Medioevo; ma sono anche gli anni delle guerre napoleoniche che incidono sulla vita delle persone dalla chiamata (più o meno volontaria) nell’esercito alle fortissime ripercussioni che le tasse hanno sul prezzo dei generi di prima necessità, su tutti il pane.

Mi è difficile dire di cosa parla, perché non voglio fare spoiler e rovinare l’effetto della scoperta,  i personaggi sono tanti e ognuno ha la sua storia personale più o meno travagliata, ma le vicende si riconducono a grandissime linee in una lotta per la sopravvivenza tra la parte povera della popolazione - per lo più operai - e i ricchi nobili, possidenti terrieri e produttori (potremmo dire gli imprenditori di oggi) che cercano di guadagnare il più possibile e soprattutto non vogliono perdere/abbandonare i privilegi di status di cui godono.

“«Non mi piace» disse il vescovo con fermezza.
Elsie se l’aspettava, ma rimase sgomenta per il tono risoluto. Non era una sorpresa che lui non fosse d’accordo, e lei aveva un piano per convincerlo. Tuttavia gli chiese: «Perché mai non vi piace?».
«Vedi, mia cara, non è un bene che le classi lavoratrici imparino a leggere e a scrivere» rispose lui, assumendo il tono paterno dell’uomo più anziano che dispensa perle di saggezza a una giovane utopista. «I libri e i giornali gli riempiono la testa di concetti che non capiscono. Li rendono insoddisfatti della posizione sociale che Dio ha disposto per loro. Si fanno delle idee assurde sull’eguaglianza e la democrazia.»
«Ma dovrebbero leggere la Bibbia.»
«Ancora peggio! Interpretano male le Scritture e accusano la Chiesa di Stato di diffondere una falsa dottrina. Diventano protestanti e dissidenti e poi vogliono fondare le loro chiese, come i presbiteriani e i congregazionalisti. E i metodisti.»”

Ognuno a suo modo cerca di sopravvivere come meglio può. Ci sono le crisi legate agli scioperi ma ci sono anche le crisi dovute alle tasse elevatissime che portano ad un aumento intollerabile del prezzo dei beni di prima necessità. Fondamentalmente ci muoviamo tra gli operai da un lato e i produttori dall’altro ognuno cerca di sopravvivere e di adattarsi meglio che può al periodo storico; c’è chi ci riesce e chi no, ci sono pagine davvero drammatiche. Abbiamo modo di vedere in più occasioni che le decisioni sia politiche che giudiziarie vengono prese o per diritto di nascita (la nobiltà) oppure per diritto che si acquisisce al raggiungimento di un certa ricchezza. Espressione di questi indirizzi sono alcune leggi che vengono citate come il Framework Act, il Combination Act e il Treason Act che vanno a limitare se non vessare i lavoratori e il popolo che non ha rappresentanza in parlamento nonostante sia la fetta più consistente di popolazione.

“Tutti i giurati erano cittadini di Kingsbridge di età compresa tra i ventuno e i settant’anni, proprietari di beni immobili che fruttavano almeno quaranta scellini d’affitto all’anno. Gli uomini appartenenti a questo gruppo avevano anche il diritto di votare, in base alla regola chiamata suffragio dei quaranta scellini. Costituivano la classe governante della città e, in linea di massima, erano sempre pronti a condannare gli operai.
Lo sceriffo aveva il compito di nominare la giuria scegliendo uomini a caso. Tuttavia, secondo Hornbeam, alcune delle persone idonee non erano affidabili, quindi aveva scambiato qualche parola con Doye per dirgli di escludere i metodisti e altri nonconformisti che avrebbero potuto simpatizzare con chi cercava di tenere un gruppo di discussione. Doye aveva acconsentito senza esitazione.”
 

Inoltre siamo a fine ‘700 e c’è stata da pochissimo la Rivoluzione Francese che ha portato all’abbattimento della monarchia e l’istaurazione di un governo democratico (almeno sulla carta e/o nelle intenzioni): sono argomenti scottanti, importanti, c’è sicuramente la paura che anche negli altri paesi e quindi anche in Inghilterra possa succedere qualcosa di simile e dall’altro c’è la voglia del popolo, degli operai, dei contadini di informarsi, di migliorarsi (perché lo vediamo dai nostri personaggi lavorare tutto il giorno tutti i giorni non è abbastanza), la ventata di novità gira per l’Europa anche solo sotto forma di desiderio di potersi esprimere.

“Era quello che pensava Amos. Era la sera dedicata allo studio della Bibbia, e l’argomento era la storia di Caino e Abele, ma appena fu sollevato il tema dell’assassinio tutti si misero a discutere dell’esecuzione del re di Francia. Il vescovo di Kingsbridge aveva pronunciato un’omelia in cui affermava che i rivoluzionari francesi avevano commesso un omicidio.
Quella era l’opinione della nobiltà, del clero e di quasi tutta la classe politica britannica. Il primo ministro William Pitt era ferocemente ostile ai rivoluzionari francesi, mentre l’opposizione Whig era divisa: la maggior parte stava dalla parte di Pitt, ma una nutrita minoranza vedeva quanto di positivo c’era nella rivoluzione. Anche il popolo era diviso: c’era chi chiedeva riforme democratiche sulla linea di quelle francesi, mentre i più, cautamente, proclamavano la propria fedeltà a re Giorgio III e si opponevano alla rivoluzione.” 

C’è anche un capitolo (circa quaranta pagine) interamente dedicato alla battaglia di Waterloo, è la prima volta che leggo di questo evento e storicamente ne so poco (so che è la battaglia decisiva per la sconfitta di Napoleone ma non conosco i dettagli tecnici): sono pagine piene di emozioni, sappiamo già chi vincerà ma i nostri, gli uomini di Kingsbridge presenti ce la faranno? E si rimane tutto il tempo col fiato sospeso, sono pagine forti emotivamente. Non è un libro su Napoleone ma comunque seppur con altre millemila cose parla anche degli effetti che ha avuto la guerra che l’Inghilterra ha combattuto per decenni contro Napoleone.

“Rupe sospirò. «Questa maledetta guerra. Ventidue anni e non è ancora del tutto finita. Ha interferito con i nostri affari per gran parte della nostra vita adulta. E poi le rivolte per il pane, la distruzione delle macchine e le leggi che puniscono chi critica il governo. Cosa ci abbiamo guadagnato?»
«Suppongo che il governo direbbe che abbiamo impedito che l’Europa venisse annessa all’impero francese.»” 

Come dicevo prima i personaggi sono tanti, ben caratterizzati e molto interessanti.

La prima che incontriamo è Sal Clitheroe, una donna forte sia livello fisico che soprattutto caratteriale, molto determinata e risoluta, le cui scelte la porteranno a Kingsbridge dove continuerà a lavorare per Amos garantendo un futuro a se stessa e al figlio Kit. Sicuramente una figura femminile forte, non comune dati i tempi ma non per questo meno realistica.

Kit Clitheroe è un ragazzino molto sveglio e ingegnoso, interessato al mondo che lo circonda e al suo funzionamento, dovrà crescere in fretta e iniziare a lavorare ancora prima di compiere i sette anni, età in cui si iniziava a lavorare! A Kingsbridge Sal e Kit divideranno la casa con altri operai in particolare i fratelli Box, Jarge e Joanie.

Non tutti i produttori sono egoisti e prepotenti ce ne sono anche di “buoni” come Amos e Spade.

Amos Barrowfield, che conosciamo intento a fare la gavetta nell’azienda paterna, è un uomo integerrimo, come si conviene ai metodisti, ligio ai doveri anche morali, ha a cuore non solo la propria attività ma anche le persone che lavorano per lui.

“Ad Amos tutto questo non interessava granché. Per lui la religione era come vivevi la tua vita. Era per questo che si arrabbiava quando suo padre diceva: «Io non sono nel commercio per dar da mangiare ai figli degli altri.» Obadiah lo definiva uno sciocco idealista. “E forse lo sono” pensò lui. “Forse lo era anche Gesù”.
Gli piacevano le animate discussioni durante lo studio della Bibbia nella sala metodista, perché lì poteva esprimere la sua opinione ed essere ascoltato con cortesia e rispetto, anziché sentirsi dire di stare zitto e uniformarsi a quello che affermava il clero o gli anziani o suo padre. Inoltre c’era un altro vantaggio: agli incontri partecipavano molte persone della sua età, per cui la sala metodista era diventata, senza volere, una specie di luogo di ritrovo per giovani rispettabili. E poi c’erano un sacco di ragazze carine.”

David Shoveller detto Spade è un artigiano specializzato, un vero amico, uomo leale, sempre aggiornato e informato sulla realtà che lo circonda, con un passato sfortunato e un presente tormentato.

Non può non essere tra i protagonisti la famiglia del vescovo di Kingsbridge Stephen Latimer, seguiamo soprattutto sua moglie Arabella e la figlia Elsie che, nonostante il suo status sociale, si impegna alacremente per aiutare il prossimo in particolare i bambini poveri creando e gestendo una scuola domenicale con Amos.

Il consigliere Joseph Hornbeam: produttore di tessuti e imprenditore, giudice e consigliere cittadino, è un uomo influente e potente, che mira a diventare quantomeno sindaco di Kingsbridge e magari anche deputato in parlamento. È un uomo avido, senza scrupoli, manipolatore, un prepotente che sfrutta ogni occasione per arricchirsi anche e soprattutto a discapito dei più deboli, è senza cuore. Ma nasconde un passato davvero particolare per un uomo del suo status.

Meritano di essere ricordati anche i Riddick, i signori di Badford, il villaggio vicino a Kingsbridge di cui è originaria Sal, in particolare Will e Roger sono quelli che seguiremo di più.

È un romanzo che offre tantissimi spunti di riflessione e approfondimento sia da un punto di vista storico ad esempio le leggi che limitano le libertà della popolazione, la politica del Primo ministro Pitt, le nuove macchine che vengono introdotte ma sono anche molto attualizzabili. Il lettore può domandarsi qual è la situazione oggi, quanti passi avanti e tutele abbiamo guadagnato? Al contempo ricordarsi che purtroppo ci sono molte parti del mondo dove la situazione non è poi cambiata tanto: dove lo sfruttamento del lavoro e il lavoro minorile sono la regola, dove la giustizia è amministrata in modo non imparziale ma per raggiungere i propri fini personali. Personalmente ho visto anche problematiche attuali che sono presenti oggi nel nostro paese, sarà per una mia particolare sensibilità sul tema, ma quando il consigliere Hornbean dice che gli operai che si lamentano è perché non hanno voglia di lavorare mi è sembrato di sentire quella mentalità retrograda e sfruttatrice di chi oggi dice che i giovani non vogliono lavorare perché sono pigri ecc quando invece giustamente non vogliono essere degli schiavi vanificando anche tutti i sacrifici e le lotte combattute negli ultimi secoli.

Romanzo storico coinvolgente e appassionante, che tiene il lettore incollato alle pagine anche grazie alle vicende dei personaggi di fantasia che ben si intersecano con la Storia, offrendo un quadro, una ricostruzione della vita dell’epoca. La storia inglese di un periodo molto interessante e di cui francamente conosco pochissimo in generale.

“Quel pomeriggio Sal fu convocata da sua signoria.
Aveva infranto la legge. Aveva commesso un crimine. Peggio, era una donna del popolo che aveva osato aggredire un gentiluomo. Era nei guai fino al collo.
Il rispetto della legge e il mantenimento dell’ordine erano responsabilità dei giudici di pace, chiamati anche magistrati. Venivano nominati dal lord luogotenente, il rappresentante del re nella contea. Non erano uomini di legge bensì proprietari terrieri. In una città come Kingsbridge c’erano diversi giudici, ma nei villaggi di solito ce n’era solo uno, e a Badford era sua signoria, il signor Riddick.
I crimini gravi venivano giudicati da due o più magistrati, e le accuse che comportavano la pena di morte dovevano essere discusse davanti a un giudice della corte d’assise, mentre i reati minori come l’ubriachezza, il vagabondaggio e le violenze lievi potevano essere valutate da un unico giudice, solitamente nella sua casa.
Il signor Riddick sarebbe stato per Sal giudice e giuria.
Non c’erano dubbi sul verdetto di colpevolezza, ovviamente, ma quale sarebbe stata la punizione? Un giudice poteva condannare un colpevole a passare un giorno alla berlina, seduto a terra con le gambe bloccate dai ferri, una pena che era, più che altro, un’umiliazione.
La sentenza che Sal temeva di più era la fustigazione, una condanna frequente, un evento quotidiano nell’esercito e in marina. Solitamente era pubblica. Il condannato veniva legato a un palo nudo o seminudo, tanto gli indumenti sarebbero stati fatti a brandelli durante l’esecuzione della pena. La frustra usata di norma era il temutissimo gatto a nove code, con nove listelle di cuoio tempestate di pietre e chiodi per infliggere ferite più profonde.
L’ubriachezza poteva essere punita con sei frustrate, una rissa con dodici. Per aver aggredito un signore Sal avrebbe potuto beccarsene ventiquattro, un vero supplizio. Nell’esercito spesso gli uomini erano condannati a cento frustate, e talvolta morivano, ma le pene per i civili, per quanto violente, non era mai così feroci.”


“Hornbeam non era mai stato in battaglia, però immaginava che il rumore fosse simile a quello di una sala piena di telai a vapore. Per tutta la giornata le macchine sbattevano e sferragliavano così forte che era impossibile sostenere una conversazione. Gli operai che lavoravano ai telai per anni spesso finivano col diventare sordi.
Il compito principale degli operai era quello di cercare i difetti nella stoffa: grumo e filo teso o allentato erano i principali. Riparavano i fili strappati con il piccolo nodo piatto del tessitore, e dovevano farlo in fretta per ridurre al minimo il calo di produzione. Altro compito importante era cambiare le spolette ogni pochi minuti, perché il filato si esauriva in fretta a causa del ritmo veloce della macchina. Una persona riusciva a gestire due o tre telai alla volta.
Gli incidenti erano frequenti, causati dall’imprudenza dei lavoratori secondo Hornbeam. Aveva visto la manica penzolante di un operaio restare impigliata in una cinghia di trasmissione e strappargli il braccio dalla spalla.
La spoletta volante era la causa della maggior parte degli incidenti. Si muoveva molto rapidamente, attraversando il passo duo o tre volte al secondo. Era fatta di legno ma doveva avere le estremità metalliche per evitare che si danneggiasse quando andava a sbattere contro l’alloggiamento. Se l’operaio azionava il telaio troppo velocemente, la spoletta colpiva l’alloggiamento con eccessiva violenza e volva fuori ferendo chiunque si trovasse sulla sua traiettoria.”

 

È un volume godibilissimo e scorrevole nonostante la mole (del resto come tutti gli altri libri) che può essere letto anche se non si conosce la saga o se non si è letto l’intera saga perché non ci sono spoiler dei volumi precedenti e non è necessario conoscerli. Ci sono alcuni riferimenti “superficiali” ad esempio viene citato il ponte di Mertin ma in questo modo, un personaggio esce da Kingsbridge passando sul ponte di Mertin, oppure altro personaggio passando sulla strada vede sull’isola dei lebbrosi l’ospitale fondato da Caris oppure si dice che nel cimitero di fianco alla cattedrale c’è la tomba di priore Philip (figura importantissima per la cattedrale e la città): si tratta di accenni che portano alla mente fatti e personaggi della saga e io lettore mi fermo a ripensare a quei personaggi e alle loro storie, ma il lettore nuovo non perde nulla né del presente romanzo né degli altri.

Come in tutti i volumi non mancano storie d’amore tormentante e impossibili, una sorta di lotta tra il bene e il male, tra personaggi buoni e cattivi e lo scontro religioso (che è un elemento che ha caratterizzato la storia inglese nel corso dei secoli) che in questo capitolo è più ideale che materiale e vede contrapposta la chiesa Anglicana ufficiale e il movimento metodista che sta iniziando a prendere avvio. Cit

Veniamo ora ai difetti perché sì ho trovato dei difetti: si tratta più che altro di mancanze che non incidono sulla lettura, in particolare dato il prezzo (ben 27 euro) avrei apprezzato molto la presenza dell’indice e dell’elenco personaggi (che erano presenti in altri volumi della saga) e poi ho trovato magari un po’ tirato il fatto che praticamente tutti i protagonisti hanno a che fare con la battaglia di Waterloo (anche se sono pagine meravigliose e molto importanti nel senso della storia).

Follett è uno di quegli autori main stream, un autore di best seller, di libri con una prosa scorrevole, libri di trama anche e soprattutto come Joel Dicker e Stephen King per fare alcuni esempi. Di suo ho letto solo i libri della saga di Kingsbridge, e mi piacerebbe leggere anche qualcosa d’altro possiedo già la trilogia del secolo, e i primi due volumi della war trilogy più un libro singolo, prima o poi mi deciderò a leggere altro.

Fatemi sapere se avete letto la saga di Kingsbridge e/o altro di Follett.

giovedì 8 giugno 2023

LA CATTEDRALE DEL MARE di ILDEFONSO FALCONES

TITOLO: La cattedrale del Mare
AUTORE: Ildefonso Falcones
traduzione di: Roberta Bovaia
EDITORE: TEA
PAGINE: 648
PREZZO: € 15
GENERE: letteratura spagnola, romanzo storico
LUOGHI VISITATI: Barcellona del 1300
acquistabile su amazon: qui (link affiliato)

 


 

Romanzo storico, appassionante che copre un lungo arco temporale.

Protagonista è Arnau Estanyol di cui ripercorriamo l’intera vita a partire dal matrimonio dei genitori. Arnau non può non entrare nel cuore del lettore, è caparbio, forte, determinato e molto coraggioso, talvolta anche un eroe, non esita a mettere in pericolo la propria vita per fare quello che ritiene giusto e salvare altre persone. Ma non è assolutamente un “dio”, non è solo pregi è estremamente umano e non mancano anche comportamenti “meschini” e vendicativi; Arnau è un uomo che non si dimentica i torti subiti, che si prende qualche rivincita e soddisfazione con chi è stato particolarmente ingiusto nei suoi confronti anche a distanza di molti anni e quando ne ha l’occasione si vendica. Però nel suo essere vendicativo non si limita a rifarsi solo dei torti personali ma si ricorda e cerca di dare riscatto anche ai torti della società, si ricorda della condizione ingiusta e disumana in cui vivono i servi della gleba come suo padre e suo nonno, soggetti all’arbitrio e alle prepotenze dei nobili e dei potenti e quando ne avrà l’occasione – perché la vita lo porterà anche ad essere un proprietario terriero – libera i servi delle sue terre e concede loro dei diritti. Questo comportamento, che da un lato è meritevole e ammirevole, dall’altro attira nuovi nemici perché pone pericolosi precedenti e i nobili non vogliono rinunciare ai loro privilegi.

 

 

Quella di Arnau è un’ascesa alla scala sociale, un’ascesa che talvolta ha il sapore della favola ma nel corso del tempo oltre a tanti amici si fa anche dei nemici che cercheranno di distruggerlo. Quando tutto sembra essersi assestato, sistemato, qualcosa o qualcuno rovina tutto, cambia le carte in tavola e Arnau si trova di nuovo costretto a lottare.

Arnau uomo è un uomo che fa paura, perché segue il cuore e l’istinto, non si ferma, non si accontenta di quello che ottiene, non si adagia sugli allori e soprattutto non dimentica da dove è partita la sua storia diventato ricco e potente non sfrutta gli altri, non usurpa le fatiche altrui, non soggioga, non schiaccia chi è più debole solo perché il sistema sociale lo permette.

Un romanzo sull’amicizia, sull’amore che vince su tutto, sulla determinazione. Un meraviglioso spaccato padre figlio, un rapporto di amore paterno davvero forte, non scontato soprattutto per l’epoca, un uomo che rinuncia a tutto per salvare quel figlio tanto amato. Un padre che insegnerà al figlio a pensare da uomo libero, a vivere da uomo libero e di quegli insegnamenti Arnau farà tesoro; un padre che verrà ripagato da quel figlio permettendogli una dignità finale che molti gli invidiano, molti adulti non hanno il coraggio di Arnau bambino.

“…Arnau, io ho lasciato tutto quello che avevo perché tu potessi essere libero. Ho abbandonato le nostre terre, che da secoli appartenevano agli Estanyol, perché nessuno potesse fare a te quello che avevano fatto a me, a mio padre e al padre di mio padre… E invece adesso siamo daccapo, soggetti ai capricci di quelli che si chiamano nobili. Ma con una differenza: possiamo rifiutare. Figlio mio, impara a usare la libertà che ci è costato tanto sforzo raggiungere. Spetta solo a te decidere… gli aveva detto Bernat.”

È un romanzo storico, le vicende di Arnau si inseriscono nella Storia vera, reale della Barcellona del XIV secolo: a partire dalla legge sulla cittadinanza con cui la città di Barcellona concede la propria cittadinanza a coloro che vivono per un anno e un giorno in città, cittadinanza che significa libertà e affrancatura dalla condizione di servo della gleba; le vicende politiche, le guerre, la peste in particolare quella del 1348, la costruzione della cattedrale di Santa Maria del Mar. Poi l’Inquisizione, che in un romanzo ambientato nel Medioevo non può mancare, anche e soprattutto nella sua forma più oscura come mezzo abietto e gretto per combattere e annientare i nemici, un mezzo da sfruttare per disfarsi di chi dà fastidio e porre in essere vendette e questo avviene a tutti i livelli sociali anche all’interno nelle classi più povere; tra l’altro incontriamo la figura del famoso inquisitore Nicolau Eymerich.
Infine importantissime testimonianze sulla vita quotidiana ad esempio sulle tecniche di costruzione, sulle confraternite di mestieri come quella dei bastianox e anche un interessante approfondimento sulla condizione femminile in particolare sulla legge che regola l’adulterio della donna.

“Ponç il calderaio non avrebbe esitato un attimo a rispondergli: «Adulterio!» L’aveva raccontato decine di volte, a chiunque l’avesse voluto ascoltare.
«L’ho sorpresa a fornicare con il suo amante, un ragazzino come lei; approfittavano delle ore in cui io andavo a lavorare alla fucina. Sono andato dal governatore, a chiedere la giusta riparazione prevista dalla legge.» Il vigoroso calderaio, in seguito, godeva nel parlare della legge che gli aveva permesso di farsi giustizia da solo. «I nostri principi sono uomini saggi e conoscono la malvagità delle donne. Solo le donne nobili possono liberarsi dall’accusa di adulterio mediante un giuramento: le altre, come la mia Joana, devono affrontare un duello e accettare il verdetto divino.»
Chi aveva assistito al duello ricordava che Ponç aveva fatto a pezzi l’amante di Joana; Dio aveva potuto fare poco per mediare tra il calderaio, forgiato dal lavoro alla fucina, e il delicato giovinetto consacrato all’amore.
La sentenza reale era state emessa secondo gli Usatges: “Se vince la donna, il marito deve riprenderla con sé con onore e corrisponderle tutte le spese sostenute da lei e dai suoi amici nel corso della causa e del duello, e i danni del combattente. Ma se questa viene sconfitta, cade in potere del marito insieme a tutte le cose che le appartengono.” Benché non sapesse leggere, Ponç recitava a memoria il contenuto della sentenza mentre mostrava il documento a chiunque volesse vederlo”

Con le vicende di Arnau seguiamo anche la costruzioni di una cattedrale, una chiesa immensa dedicata alla Madonna del mare chiamata appunto Santa Maria del Mar nel quartiere La Ribera dove va a vivere con suo padre. La Ribera è un quartiere povero, prevalentemente ci vivono gli operai e gli scaricatori di porto, la chiesa viene costruita anche e soprattutto grazie all’apporto degli abitanti del quartiere, che non avendo denaro da donare per la costruzione, partecipano mettendo a disposizione lavoro e forza fisica trasportando le pietre necessarie alla costruzione dalle cave alla spiaggia: così facciamo la conoscenza di una figura particolare quella dei bastianox – gli scaricatori di porto. Una confraternita di lavoratori instancabili, sono solo poveri operai che però devolvono una parte dei loro guadagni a chi è ancor più povero di loro. Arnau ne farà parte, è solo un ragazzino quando inizia questo lavoro durissimo, è l’unica possibilità in quel momento e non si tira indietro.


“Era solo un bambino eppure… Ce l’avrebbe fatta anche stavolta! Aveva attraversato tutta Barcellona con un macigno che pesava più di lui, sudando, sanguinando, mentre sentiva le grida di incoraggiamento della gente. […] Il piccolo bastaix che tutti i ragazzi della città avevano guardato con ammirazione? Passo dopo passo, graffiando la strada fino a Santa Maria per poi tornare a casa a riposare per il giorno dopo.”

 

La cattedrale di Santa Maria del Mar - che per me è una protagonista del libro perché Arnau tornerà spesso a cercare conforto nella sua Madonna - è una chiesa che esiste tuttora e nel libro di Falcones troviamo la storia della sua costruzione - davvero le pietre dalla cava al cantiere sono state portate a spalla dai bastianox – è una chiesa gotica costruita tra il 1329 e il 1383 sotto la direzione di Berenguer de Montagut (anche lui lo incontriamo nel libro) ed è considerata una delle più belle chiese di Barcellona e se mai visiterò la città voglio assolutamente vederla dal vivo.

La penna di Falcones è magistrale, dettagliata, ricca di spiegazioni, mai noiosa, con una scrittura densa e avvolgente il lettore viene catapultato nella Barcellona trecentesca con un storia adrenalinica e appassionante piena di colpi di scena: c’è tutto quello che si può aspettare pensando al medioevo.

Questo romanzo ha un seguito “Gli Eredi della Terra” che mi aspetta già in libreria e non vedo l’ora di leggere anche per scoprire se si tratta di un seguito reale oppure solo ideale.

La lettura de La cattedrale del mare mi ha ricordato tantissimo I pilastri della terra di Follett, i due libri presentano alcuni aspetti in comune come la costruzione di una chiesa con tutte le descrizione delle tecniche artigiane dell’epoca e l’ombra dell’Inquisizione che cerca di colpire i protagonisti per realizzare la vendetta di qualche “antagonista”. Nonostante ci siano delle grandi differenze tra i protagonisti e soprattutto è diversa l’ambientazione storica e geografica e quindi anche i fatti storici reali - la Storia con la s maiuscola - che fanno da contorno poiché “La cattedrale del mare” è ambientata nel corso del 1300 a Barcellona mentre “I pilastri della terra” nel corso del 1100 in Inghilterra, io non posso fare a meno di accomunare questi due libri: quindi se ne avete letto solo uno dei due vi consiglio di recuperare anche l’altro.

 

Fatemi sapere nei commenti se avete letto la storia di Arnau Estanyol.