lunedì 17 febbraio 2020

I ROMANOV. STORIA DI UNA DINASTIA TRA LUCI E OMBRE - RAFFAELLA RANISE

TITOLO: I Romanov. Storia di una dinastia tra luci e ombre
AUTORE: Raffaella Ranise
EDITORE: Marsilio
PAGINE: 133
PREZZO: € 15,00
GENERE: saggio
LUOGHI VISITATI: Russia dal 1613 al 1918
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Ho scelto di leggere questo libro per il progetto #unannoconlastoria, la tappa del mese di febbraio è la Russia dei Romanov 1613-1917. Tra le tantissime possibilità ho visto questo libro, consigliato o per lo meno scelto da altri partecipanti. Mi ha subito attirato perché narra tutta la storia la sua forma di saggio sulla storia di questa dinastia e l’ho scelto perché mi dava la possibilità di farmi un’idea complessiva di questa famiglia e del periodo storico toccato dal loro lungo regno, senza focalizzarsi su una singola figura.
In meno di 150 pagine vengono concentrati trecento anni di Storia raccontata attraverso le vicende dei membri della famiglia Romanov. È una storia fatta di misteri, assassini, complotti di corte, di grandi uomini e di grandi donne che hanno saputo elevare la Russia al ruolo di protagonista della Storia e delle vicende politiche europee, che hanno introdotto (o perlomeno cercato) delle migliorie significative e hanno costruito un patrimonio artistico architettonico davvero notevole.
Da questa analisi sintetica è possibile tracciare alcuni filoni/denominatori comuni:

  •        fino alla fine del 1700 fino a Paolo I, c’è stata una successione in linea femminile, talvolta è stata la regina consorte a prendere in mano le redini del paese e diventare zarina nonostante appartenesse alla famiglia reale solo per acquisizione tramite il matrimonio, è il caso su tutti di Caterina la Grande; fu lo zar Paolo I ha introdurre la regola secondo cui il diritto al trono spettasse solo al primogenito maschio

  •   la necessità di avere un erede (problematica comune a tutte le famiglie regnanti) cui si fa fronte, non tanto procreando direttamente, ma combinando matrimoni per i figli, i cosiddetti “zarevich” (termine che indica il principe ereditario)
  •   il fenomeno delle “ricomparse” principi, principesse o zar che dopo essere stati creduti morti ricompaiono a rivendicare il trono, si tratta di impostori, ma ciò che colpisce è la frequenza del fenomeno
Il libro è interessante ma non è ciò che mi aspettavo. E’ un po’ all’acqua di rose, mi spiego meglio, dietro c’è tanta passione e tanta ricerca, ma ho trovato che molti aspetti avrebbero potuto essere approfonditi maggiormente. La scrittura è semplice e un po’ ripetitiva, spesso uno stesso concetto viene ripetuto più volte – seppur in modo diverso – nel giro di poche pagine o paragrafi. Per quanto ci siano anche riferimenti a lettere scritte dagli stessi protagonisti, trovo che manchi un po’ di approccio storico alla narrazione, non so bene come definirlo ma sento che manca qualcosa. Mi permetto di paragonare questo volume ad un rotocalco (da dizionario: rivista stampata a rotocalco, per estensione, periodico illustrato che si occupa soprattutto di argomenti di attualità): il rotocalco sulla famiglia Romanov e i suoi trecento anni di regno. Però tutto questo può tramutarsi in pregio: la scrittura semplice e il tono spigliato e attuale con cui viene narrata la storia lo rendono adatto a tutti.

Senz’altro permette di farsi un idea, molto generale, sulle vicende dei Romanov: per ciascun zar o zarina regnante viene dato conto per sommi capi degli aspetti più salienti della vita personale e politica (forse con una prevalenza di quella personale/amorosa, che è comunque interessante); alcuni zar si esauriscono in poche pagine o righe addirittura altri sono stati approfonditi maggiormente; in particolare le vicende  dell’ultimo zar Nicola II e di sua moglie Alessandra vengono approfondite molto di più rispetto a tutti gli altri creando una disparità.
E non mancano le curiosità, ad esempio alla realizzazione di molte delle costruzioni più famose e belle di Russia, per esempio il Cremlino e le residenze reali a San Pietroburgo – per citare l’ovvio - hanno partecipato anche artisti e architetti italiani; oppure le famose uova Fabergé che hanno contribuito alla diffusione della tradizione pasquale delle uova decorate.

Nel complesso è un libro piacevole anche se diverso da ciò che mi aspettavo, avrei dovuto controllare il numero di pagine invece di farmi ammaliare dalla copertina favolosa.
A proposito sulla copertina è riportata la “rosa Romanov” - creata da Antonio Marchesi e riprende i colori araldici dei Romanov tra cui il giallo oro, il bianco e il rosso - fatta creare dalla maison ligure Daphné in omaggio alla famiglia imperiale russa e in particolare alla zarina Marija Aleksandrovna che, come molti altri esponenti della nobiltà russa, ha trascorso molto tempo in Liguria. Con il disegno di questa rosa la maison ha realizzato anche degli splendidi foulard, che sono ciò che ha colpito e stimolato la curiosità della Ramise dopo una visita al museo Daphné a San Remo e l’ha spinta ad approfondire la storia dei Romanov. Il museo Daphné è dedicato alla moda e si possono osservare degli splendidi abiti d’epoca, vi lascio qui il link
È un libro che consiglio a chi vuole farsi un’idea sui Romanov, un’idea storicamente corretta ma assolutamente non approfondita; non lo consiglia a chi è un amante della storia (come me e quindi cerca volumi fin troppo dettagliati) e a chi già conosce la storia di questa famiglia, alcune delle curiosità raccontate, per esempio quelle su Pietro il Grande, già le conoscevo.

Voto 3 stelline su 5.
 


lunedì 10 febbraio 2020

L'UOMO CHE ALLEVAVA I GATTI - MO YAN

TITOLO: L'uomo che allevava i gatti e altri racconti
AUTORE: Mo Yan - traduzioni di Daniele Turc-Crisà, Lara Marconi, Giorgio Trentin
EDITORE: Einaudi
PAGINE: 260
PREZZO: € 10,80
GENERE: letteratura cinese
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Ho scelto questo libro per partecipare alla challenge #viaggiatoritralerighe organizzata da @giridiparole_2.0 e da @a.ma.books, la prima tappa prevede di esplorare la Cina, ho deciso di affrontare il viaggio con questa raccolta di racconti dello scrittore cinese Mo Yan.

La raccolta si compone di nove racconti con una lunghezza, seppur variabile, in media dalle venti alle trenta pagine ciascuno. Emergono le tematiche del figlio unico, del rapporto e rispetto che si deve ai genitori, le ambientazioni sono sempre rurali, povertà (più o meno acuta marcata) e disagio; soprusi e prepotenze aleggiano in generale in ogni racconto anche dove non vengono narrate direttamente, rapporti uomo-donna e marito-moglie improntanti prevalentemente alla violenza sia verbale che fisica (la violenza come normale mezzo di comunicazione) e in generale i rapporti umani sono sempre improntati alla violenza e alla prevaricazione del più forte verso il più debole. Tendenzialmente non c’è una definizione temporale precisa e spesso nemmeno geografica; i racconti sono narrati prevalentemente in prima persona e sono tutti ricchi di descrizioni soprattutto del contesto naturale/ ambientale che fa da sfondo alle vicende. 

1° racconto – Il vecchio fucile: un fucile maledetto, un personaggio poco intelligente e disperato dalla fame.
2° racconto – Il fiume inaridito: un pugno allo stomaco; quello dove maggiormente emergono le pecche del sistema comunista. Il più forte se la prende col più debole, ma quello che è più forte e ha sua volta più debole rispetto a qualcun altro. I rapporti umani definitivi unicamente in base alla gerarchia politica, alla classe di appartenenza e al ruolo che si va a ricoprire. La narrazione è costruita sulla sovrapposizione di diversi flash back, si parte con un bambino che esce di casa e il mattino seguente viene trovato morto nel letto del fiume arido, e attraverso plurimi e continui flashback si ricostruisce come il bambino sia finito lì, però le varie fasi temporali evocate si sovrappongono continuamente. c'è molta crudezza e violenza, violenza che viene usata anche a livello comunicativo, trasmessa sulla carta con un linguaggio pieno di parolacce. Questo è il racconto in cui ho trovato maggiori somiglianze con “Brothers”, dove la violenza, le parolacce, l’assenza di empatia, specie verso i bambini, la forza dirompente della gerarchia” sociale e politica in cui la popolazione è divisa, devo ecco vorrei capire se è una particolare corrente narrativa, (non so magari paragonabile al Verismo di fine Ottocento di Verga) oppure è proprio la rappresentazione della società cinese, in entrambi i casi prevalentemente rurale.
3° racconto – Il cane e l’altalena: particolare, qui incontriamo una donna con tanta forza di volontà e coraggio, davvero caparbia che oppone resistenza ad una vita che è stata disonesta e capricciosa con lei.
4° racconto – Esplosioni: è il racconto più lungo, il tema che emerge con maggior forza è l'aborto, la necessità di abortire quale conseguenza della politica del figlio unico ed emerge anche l'avanguardia e la disponibilità nelle strutture pubbliche di metodi contraccettivi femminili quali pillola e spirale a disposizione di tutti. Il tema dell’aborto è anche affrontato nel romanzo “Le rane” che non vedo l’ora di leggere. Ma accanto emergono anche molti elementi della tradizione popolare: il ruolo della volpe, ritenuto un animale dotato di poteri magici e alcune usanze della campagna e la descrizione dei lavori degli agricoltori.
5° racconto – Il neonato abbandonato: in questo racconto si tratta sempre il tema della politica del figlio unico, politica che possiamo immaginare quasi come una medaglia a due facce: da un lato c'è la "campagna"/ pratica degli aborti e degli anticoncezionali; dall'altro lato ci sono gli abbandoni e/o infanticidi oppure nelle ipotesi migliori le multe per le famiglie che non rispettano la regola. È un racconto per certi aspetti crudo perché mette in dubbio ciò che la coscienza/l'umanità insita nella persona umana ti spinge a fare: c'è un neonato abbandonato che fai? la tua indole di essere umano, ti impone di salvarlo, ma poi chi salverà te?  - non ci saranno delle risposte concrete.
6° racconto - Il tornado: dolce nella sua tristezza, una meravigliosa rievocazione di ricordi d’infanzia.
7° racconto - La colpa: indescrivibile e particolare; questo racconto può essere scisso in due parte che si compenetrano. Da un lato c'è uno spaccato interessante delle credenze popolari e tradizionali sulle tartarughe; dall’altro narra una storia drammatica (fin dall'inizio della lettura sono stata accompagnata da un senso di inquietudine), c’è la narrazione del protagonista, che probabilmente da adulto, narra un particolare evento della sua infanzia: il giorno della "gita" al fiume col fratellino Fuzi.
8° racconto - Musica popolare: racconto con narratore esterno dove si narrano le vicende della piccola cittadina di Masang e dei suoi quattro principali commercianti, di come la vita della comunità venga cambiata e travolta dall’arrivo di un giovane musicista cieco.
9° racconto – L’uomo che allevava i gatti: ultimo racconto quello che dà titolo alla raccolta – lo sviluppo della narrazione utilizza “idee” senz’altro non originali - narra le vicende di un giovane un po' strambo di nome Daxiang che, per l’appunto come dice il titolo mette in piedi un allevamento di gatti e con questi gira i villaggi per dare la caccia ai topi.

Gli ultimi due racconti sono un po’ più leggeri, sono quelli meno drammatici e assieme a Il Tornado, i miei preferiti; anche se in tutti in sottofondo emergono comunque le problematiche di fame e povertà soprattutto dei villaggi più remoti.

È la seconda volta che mi approccio alla letteratura cinese e mi piace moltissimo, è una cultura che voglio approfondire, una realtà molto lontana e diversa dalla nostra, ma ricchissima di tradizioni.
Mo Yan (che è il nome d'arte/pseudonimo di Guan Moye) ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 2012 e la motivazione la trovo calzante "che con un realismo allucinatorio fonde racconti popolari, storia e contemporaneità"; l’ho ritrovata nei racconti che ho letto e li descrivono alla perfezione. 
Conoscete Mo Yan? E la letteratatura cinese? 
 

giovedì 6 febbraio 2020

ELEANOR OLIPHANT STA BENISSIMO - GAIL HONEYMAN

TITOLO: Eleanor Oliphant sta benissimo
AUTORE: Gail Honeyman - traduzione di Stefano Beretta
EDITORE: Garzanti
PAGINE: 352
PREZZO: 17,90
LUOGHI VISITATI:Glasgow (Scozia) anno 2017
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Eleanor Oliphant, una giovane donna cinica, schietta e introversa, quel genere di persona che il sentir comune definirebbe antipatica, asociale e strana. Lavora all’ufficio contabilità di una società di grafica, brava con la contabilità ma assolutamente negata nei rapporti sociali e tra colleghi.  è una persona esageratamente abitudinaria, ma la sua vita viene sconvolta quando per puro caso incontra l’uomo della sua vita: un fascinoso cantante emergente; Eleanor se ne innamora follemente e per prepararsi ad un “fidanzamento” esce dalle sue routine sperimentando cose nuove (per lei) come fare shopping, truccarsi, possedere uno smartphone. Sogna un amore romantico, come nelle migliori commedie rosa, e per fare esperienza del mondo accetta di uscire con un collega, in fondo non può uscire con l’amore della sua vita senza sapere cosa ordinare in un pub(!?!).
Qualcosa di gravissimo è accaduto nel suo passato, è sopravvissuta a qualche esperienza terribile e drammatica, che l’ha inevitabilmente segnata e che l’ha costretta a dover passare da una famiglia affidataria ad un’altra per tutta l’adolescenza. Probabilmente sua madre centra qualcosa, e tra le abitudini di Eleanor c’è un appuntamento fisso il mercoledì sera, quando riceve la chiamata della madre. La madre è prigione ed è una persona davvero odiosa e antipatica che la denigra e la considera una perdente. Ma in realtà sotto sotto Eleanor, nonostante le sue stranezze, è una grande. Nemmeno Eleanor sa bene cosa le è successo, o quanto meno l’ha rimosso, ha sepolto il suo trauma infantile sotto la scorza di persona burbera e schietta, che non ha nulla da perdere e non finge nei rapporti sociali dicendo sempre e solo ciò che pensa, anche se ben consapevole che in società un minimo di finzione è necessaria.
Lo dico subito, alla fine, si scopre ciò che è successo, e per certi aspetti il finale è davvero sorprendente.

La scrittura è scorrevole, la narrazione è in prima persona, quelli narrati sono i pensieri, le situazioni, i dialoghi che Eleanor vive raccontati da lei stessa. Quindi narrazione e scrittura sono strettamente legati al personaggio e al carattere di Eleanor e lei utilizza un linguaggio forbito, ricercato, estremamente educato, pur essendo una giovane donna nel 2017 non usa e non conosce gli slang, non fa abbreviazioni né battute e fino a pochissimo tempo prima non possedeva nemmeno uno smartphone; non conosce le cose più banali della vita. Ma Eleanor sa essere molto spiritosa e molto cinica, coglie alcune verità assolute che non possono strappare una risata

“…due persone girano per i grandi magazzini John Lewis selezionando per sé dei begli oggetti e poi costringono gli altri a pagarglieli. È una sfrontatezza senza ritegno. Scelgono cose come piatti, ciotole e posate…Voglio dire, che cosa fanno adesso? Prendono il cibo dalle confezioni e se lo ficcano in bocca a mani nude? Non riesco a capire perché l’atto di formalizzare legalmente una relazione umana richieda che familiari, amici e colleghi aggiornino in contenuto della cucina della coppia”.



Sembra banale, ma non lo è. Anzitutto non lo è la storia personale di Eleanor, non voglio entrare troppo nel dettaglio perché è bello (e giusto) scoprire piano piano le cose che la riguardano sotto forma di ricordi e pensieri che affiorano così nella sua mente senza un motivo preciso, ma c’è del disagio e tanto tanto bisogno di aiuto. E poi perché attraverso la storia di Eleanor si affronta un tema importantissimo: la solitudine. Ai giorni nostri, nonostante viviamo in un mondo iperconnesso  e/o forse proprio per questo) molte persone, e non necessariamente anziane, soffrono di solitudine. Questo romanzo ti spinge a chiederti il perché, cosa puoi fare, cosa si nasconde dietro una persona stramba??? Ed è giusto giudicare??
Sono molto curiosa di vedere cosa altro ci regalerà la penna di Gail Honeyman, questo è stato il suo romanzo d’esordio (e che esordio e mi sembra che per ora non ci siano nuove pubblicazioni.

Voi lo avete letto?? So che a molte persone non è piaciuto (principalmente perché non succede molto ed è anche vero), ma non posso fare altro che consigliarlo, ci si affeziona subito al personaggio femminile, tiene compagnia, strappa molte risate, ma come dicevo tra il romance e la comicità ci sono spunti di riflessione notevoli quali violenza sulle donne e sui bambini e solitudine, e il lettore non può non chiedersi se può fare qualcosa.