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venerdì 17 maggio 2024

LA STORIA DELLE API - MAJA LUNDE

TITOLO: La storia delle api
AUTORE: Maja Lunde         traduzione di: Giovanna Paterniti
EDITORE: Marsilio
PAGINE: 426
PREZZO: € 12
GENERE: letteratura scandinava, letteratura norvegese, letteratura ecologista
LUOGHI VISITATI: Inghilterra '8oo, Ohio 2007, Cina 2098 
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“Il suono era diverso da qualunque altro avessi mai sentito. Le api volavano dentro e fuori dall’arnia, dentro e fuori. Portavano nettare e polline, e nutrimento per la prole. Ma non ognuna per sé, perché ogni singola ape lavorava per l’intera comunità, per l’organismo che insieme costituivano.
Il ronzio andava e veniva, riempiva l’aria facendomi vibrare qualcosa dentro. Una nota che mi dava serenità, mi rendeva più lieve il respirare.
Me ne stavo lì, cercando di seguire con gli occhi ogni singola ape, ogni singolo viaggio di ape dall’arnia ai fiori, di fiore in fiore, e poi di nuovo all’arnia. Ma le perdevo sempre di vista. Erano tropee, gli schemi dei loro spostamenti impossibili da decifrare.
E così preferii abbracciare con lo sguardo il loro insieme, l’alveare con tutta quella vita che lo circondava, tutta quella vita di cui si prendeva cura.”

Tre storie, tre protagonisti, tre epoche diverse ma un fattore in comune le api. Un libro per riflettere, per conoscere le api e il loro mondo (anche si tratta di un infarinatura generale). La storia delle api è il primo volume di una quadrilogia: mi è parso di capire che il meccanismo narrativo sia lo stesso per tutti quindi più storie, epoche diverse accomunate da un animale o da un elemento, al momento sono disponibili Gli ultimi della steppa con protagonisti i cavalli di Przewalski e La storia dell’acqua dove l’elemento accomunante è come dice il titolo stesso l’acqua. Queste opere di Lunde si inseriscono in un filone narrativo di tipo ecologista/ambientalista che ha anche lo scopo di sensibilizzare sul cambiamento climatico e analizzare/approfondire il rapporto uomo-natura.

Si tratta di un libro piuttosto avvincente che alterna le tre storie (narrate in prima persona dai protagonisti) tanto che si ha quasi l’impressione di leggere tre libri diversi, c’è un elemento in comune che è quello delle api protagoniste in tutte e tre le storie, ma non è l’unico le storie sono in qualche modo legate ed è stato molto bello scoprirlo anche perché i legami vengono svelati in un modo particolare e ci permettono di chiudere il cerchio narrativo.

Oltre al tema rapporto uomo-natura il romanzo ci racconta anche delle vicende famigliari inserite in tre contesti storici, geografici e sociali molto diversi ma accomunate dall’analisi del rapporto genitore/figlio, dove molto spesso le esigenze e le aspettative del genitore sono diverse e soprattutto non vengono comprese, apprezzate dal figlio.

Veniamo ora ai protagonisti e alle storie che come detto sono tre, un passato un presente e un futuro.

Per andare con ordine inizio dal passato: Maryville UK dal 1857 protagonista è William. Un uomo che nel momento in cui lo conosciamo sta attraversando un periodo di forte depressione, nella vita è molto insoddisfatto della sua vita non è riuscito a seguire i suoi sogni e si trova con una famiglia numerosa e un’attività di commerciante di sementi, avrebbe voluto fare il naturalista ma poi la vita…

“Il promettente naturalista aveva dovuto cedere il posto a uno stanco commerciante di sementi non più giovane, con i piedi affaticati per le lunghe ore passate dietro al bancone, con le corde vocali arrochite dal perpetuo scambio di convenevoli con i clienti e con le dite sempre intente a contare denaro che non bastava mai. E tutto per il chiasso della bambine.”

 “D’un tratto di accorsi che fremevo di entusiasmo. Ecco quello che volevo, ecco ritrovata la passione. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dai miei disegni, dalle api. Era lì che volevo andare. Nell’alveare!”

Recupera passione con lo studio delle api, si concentra soprattutto sullo studio delle api e in particolare di migliorie tecniche alle arnie. È il personaggio che mi è piaciuto meno, più di una volta avrei voluto scuoterlo e dirgli alzati e fai qualcosa, hai una famiglia e delle responsabilità, oggettivamente la situazione non è poi così tragica (siamo in epoca vittoriana e avere una casa e un lavoro non mi sembra male) e tutto sommato non è tardi nemmeno per fare altro, ripone tutte le speranze e la fiducia nel figlio Edmund attribuendogli meriti e doti che gli appartengono e sognando per lui cose diverse ignorando invece chi davvero gli sta vicino e lo aiuta.

C’è poi un presente ad Autumn Hill in Ohio USA dal 2007, protagonista George Sanders un apicoltore appassionato, dedito al lavoro e al sacrificio, molto attento al benessere dei suoi animali, che deve affrontare molte difficoltà in primis economiche, è proprietario di un podere con tante arnie che costruisce personalmente seguendo i disegni che la sua famiglia di tramanda da generazioni.

“[…] aveva capito che le piccole aziende di apicoltura, come la mia, portate avanti più o meno nello stesso modo da generazioni e generazioni, non davano certo grossi guadagni, non li avevano mai dati, e sicuramente non li avrebbero dati adesso. Ogni più piccolo investimento era uno sforzo, vivevamo della carità delle disponibili banche locali, che non erano sempre così fiscali sulle scadenze dei pagamenti dei prestiti. E che avevano fiducia nel fatto che le api avrebbero fatto un buon lavoro anche quell’anno, avevano fiducia in me quando dicevo che quella schifezza adulterata a basso prezzo importata dalla Cina – e che veniva venduta sotto il nome di miele e arrivava in quantità sempre maggiori di anno in anno – non contava nulla, che i prezzi del miele si sarebbero mantenuti esattamente come erano, che le previsioni di guadagni costanti erano buone, che le condizioni metereologiche sempre più imprevedibili su di noi non avrebbero avuto alcun effetto, che eravamo in grado di garantire dei buoni margini di vendita in autunno. Che i soldi sarebbero entrati senza problemi, come sempre.
Bugie. Solo bugie. Tutte quante.”

Le cose non vanno benissimo sia per tutte le problematiche che incontra sia perché i suoi piani sono diversi da quelli della famiglia, il rapporto con il figlio Tom è piuttosto complicato, è andato al college per studiare economia o simili e invece si è appassionato di letteratura e sogna di fare lo scrittore e non seguire le orme del padre… George non è un cattivo uomo però ha le sue idee, è piuttosto tradizionalista e individualista non si ferma mai a cercare di capire gli altri e le loro motivazioni ma pensa solo a (e con) se stesso e soprattutto ragiona pensando che anche gli altri ragionino come lui oppure che quello è l’unico modo corretto. Talvolta l’impressione è che viva in un mondo tutto suo, quasi avulso dalla realtà che lo circonda, un mondo dove le cose vanno come lui desidera…

Infine il futuro Cina 2098 siamo in una sorta di società “post apocalittica” dove le api sono scomparse e spetta agli uomini fare il lavoro di impollinazione, lavoro molto difficile, faticoso e che dà risultati piuttosto modesti. Protagonista è Tao una impollinatrice che vive assieme al marito e al figlioletto in una società molto compartimentata e rigida; la storia si basa su un incidente che un giorno capita alla sua famiglia e che le cambia la vita portandola fino a Pechino. 

“Gli alberi erano vecchi quanto un’intera vita. I rami, fragili come vetro sottile, scricchiolavano sotto il nostro peso. Mi girai con circospezione, non dovevo danneggiare la pianta. Misi la gamba destra su un ramo un po’ più in alto e, con cautela, tirai su anche l’altra. Finalmente trovai una posizione di lavoro sicura, scomoda ma stabile. Da qui sarei riuscita ad arrivare ai fiori più in alto.
Il piccolo contenitore di plastica era pieno di oro vaporoso, scrupolosamente pesato e distribuito a ognuna di noi all’inizio della giornata lavorativa, in dosi esattamente uguali. Con leggerezza cercavo di trasferirne invisibili quantità dal contenitore all’albero. Ogni singolo fiore doveva essere impollinato con un piccolo pennello di piume di gallina, galline selezionate proprio a quello scopo.”

“Inspirai a fondo. Non dovevo pensarci. Non dovevo fare altro che andare avanti. Sollevare la mano, intingere il pennello nel polline, passarlo con cautela sopra ai fiori, sfiorandoli come se fossi stata un’ape.”

Lunde immagina e ci racconta un mondo dove le api non esistono più: tutti - compresi i bambini - devono lavorare per la produzione del cibo ad eccezione di pochissimi prescelti che governano e “privilegiati” sono gli unici ad avere accesso agli studi e vengono scelti in tenerissima età tra i bambini più intelligenti.  Grazie alle esperienze e i viaggi che fa la protagonista Tao possiamo avere un assaggio di come potrà essere il mondo e l’umanità se sparissero le api; queste parti di libro sono in qualche modo paragonabili per certi aspetti a La strada di McCarthy, ovviamente molto più soft.  Tao è il mio personaggio preferito, è quello con cui ho empatizzato di più (sarà che è mamma di un bimbo di tre anni come me, sarà che è il primo personaggio che incontriamo), è forte, caparbia e determinata, è assetata di conoscenza e cerca sempre una spiegazione, non si limita ad obbedire.  

Lettura super consigliata storie interessanti, tanti temi trattati, molto attuale e perfetta base per riflettere. Sicuramente leggerò anche gli altri della quadrilogia.

Fatemi sapere se avete letto questo o altri libri di Maja Lunde. Vi aspetto nei commenti.


giovedì 23 luglio 2020

LA CANZONE DI ACHILLE - MADELINE MILLER

TITOLO: La canzone di Achille
AUTORE: Madeline Miller - traduzione di Matteo Curtoni e Maura Parolini
EDITORE: Feltrinelli - Marsilio
PAGINE: 382
PREZZO: € 11,00
GENERE: romanzo storico/mitologico
LUOGHI VISITATI: Grecia antica - Mitologia Greca

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“Aveva davvero pensato che non lo avrei riconosciuto? Lo riconoscerei anche solo dal tocco, dal profumo; lo riconoscerei anche se fossi cieco, dal modo in cui respira, da come i suoi piedi sferzano la terra. Lo riconoscerei anche nella morte, anche alla fine del mondo.”

Questo libro non è la storia di Achille, non è la storia di un eroe e nemmeno della Guerra di Troia (di cui Achille è forse il protagonista più conosciuto). È la storia di un legame, forte, indistruttibile tra due persone Patroclo e Achille, un legame di amicizia, rispetto, devozione e profondo amore.

La voce narrante è quella di Patroclo, un ragazzino esule che viene accolto allo corte di re Peleo, qui incontra Achille e ne diventerà il compagno

“Therapon fu il termine che usò. Un compagno d’armi legato a un principe da un giuramento di sangue e amore. In guerra, questi uomini erano le guardie d’onore; in pace, i consiglieri più vicini. Era una figura tenuta in altissima considerazione, un altro dei motivi per cui i ragazzi cercavano sempre di mettersi in mostra davanti al figlio di Peleo: speravano di essere scelti.”

Assieme ricevono l’istruzione del centauro Chirone sul monte Pelio, in particolare Patroclo si appassiona alla medicina. Ma sono richiamati a Ftia, il regno di Peleo e Achille, quando iniziano i preparativi per muovere guerra contro Troia. Entrambi sono costretti ad andarci ma per ragioni diverse: Achille perché è il più grande guerriero della sua generazione, è l’aristos achaion e non può non partecipare; Patroclo in virtù di un giuramento fatto a soli nove anni, quando suo padre lo aveva portato a presentarsi come pretendente della mano di Elena e in quell’occasione tutti i pretendenti avevano giurato che avrebbero difeso il prescelto e il matrimonio.

“«Ci saranno altre guerre.»

«Non come questa» disse Diomede. «Questa sarà la più grande combattuta dal nostro popolo, che verrà ricordata nei canti e nei poemi per generazioni. Sei uno sciocco se non te ne rendi conto.»

«Mi rendo conto che si tratta delle corna di un marito e dell’avidità di Agamennone.»

«Allora sei cieco. Cosa c’è di più eroico del combattere per l’onore della donna più bella del mondo, contro la più potente città d’Oriente? Nemmeno Perseo potrebbe dire di aver fatto altrettanto; nemmeno Giasone. Eracle, sarebbe disposto a uccidere di nuovo sua moglie per un’opportunità come questa. Governeremo l’Anatolia, fino all’Arabia. I nostri nomi saranno scolpiti nelle leggende per i secoli a venire.»”

La guerra sarà molto lunga e Patroclo ci racconta la vita al campo, la guerra ma soprattutto il timore, l’angoscia crescente per l’avvicinarsi della morte di Achille, perché è “scritto” che morirà e ciò accadrà dopo aver ucciso il principe Ettore, il più valoroso dei troiani. Ma per ben dieci lunghi anni questo scontro fondamentale non avrà luogo, e non è chiaro se ne è mancata l’occasione oppure sia stata deliberatamente evitata…

Non voglio aggiungere altro sulla guerra di Troia perché chi ha una solida formazione classica o comunque conosce approfonditamente l’argomento sa già cosa aspettarsi, ma chi come me invece è digiuno della materia - (la mia formazione in epica e letteratura classica è stata superficiale e in prima superiore in un istituto commerciale) certo avevo idea di cosa fosse la guerra di Troia, del motivo scatenante, dell’epicità dello scontro tra Achille ed Ettore, della vittoria dei greci grazie alla furbizia di Odisseo (cioè Ulisse) ma davvero poco altro – incontrerà delle sorprese davvero interessanti nonostante si sappia fin dall’inizio che Achille muore, perché questo lo sappiamo tutti.

Seppur in secondo piano emergono alcuni aspetti della vita nella Grecia antica, il narratore da spesso conto delle tradizioni in uso e della situazione geopolitica, anche se si tratta di una ricostruzione legata alla mitologia penso possano comunque considerarsi plausibili anche perché non contraddette dalla realtà storica ricostruita (così ad esempio la presenza di una pluralità di regni, spesso in lotta tra loro); la stessa mitologia altro non è che l’insieme delle credenze religiose dell’antica Grecia ed è utilizzata o meglio studiata dagli storici anche per ricostruirne la vita, la cultura e le tradizioni. Un aspetto particolare e importante è il ruolo fondamentale giocato nella vita dei greci dagli dei e dalle profezie, con gli Dei si immischiano continuamente con la vita dei mortali, spesso e volentieri anche concependo figli assieme, di cui Achille è un esempio.

Questo romanzo è una commistione tra mitologia e storia e fantasia.

La principale fonte è l’Iliade di Omero (come detto alla fine del romanzo), dove però si conosce il fortissimo legame tra Achille e Patroclo ma non viene specificato, definito. L’opera della Miller è un’interpretazione possibile del loro legame, a dire il vero nemmeno nuova od originale (nel senso che già in antichità questo rapporto è stato definito in termini amorosi) ma estremamente apprezzabile e godibile per il lettore. Inoltre è un’interpretazione corretta, plausibile dal punto di vista mitologico perché in linea con quanto narrato dalla mitologia greca.

Da un punto di vista storico oggi si ritiene accertata una guerra tra greci e troiani con la sconfitta dei troiani e la conseguente distruzione della loro città intorno al 1200 a.C., però questa guerra fu combattuta per ragioni politiche ed economico-commerciali e non perché i troiani avevano rapito la donna più bella del mondo.

Come dicevo a parlare è Patroclo, è lui a raccontare la sua vita al fianco di Achille e a raccontare com’era questo semidio. L’Achille uomo è un ragazzo dolce, sensibile, gentile, modesto, inconsapevole della sua bellezza e della sua potenza nonché del suo potere, appassionato di musica e canto, in una parola lo definirei quasi ingenuo, in senso positivo; ciò non toglie abilissimo nel combattimento.

“Erano le uniche occasioni in cui vedevo Achille. Viveva le sue giornate lontano da noi, da vero principe, impegnato in attività che non ci riguardavano in alcun modo. Tuttavia mangiava sempre con noi e si spostava tra i vari tavoli. Nella grande sala, la sua bellezza splendeva come una fiamma, vitale e luminosa e attraeva il mio sguardo anche contro la mio volontà. La sua bocca era un arco carnoso, il suo naso una freccia aristocratica. Quando si sedeva, le sue membra non sembravano scomposte come le mie ma trovavano sempre una perfetta grazia, come se fossero opera di uno scultore. Forse la sua caratteristica più straordinaria era la sua inconsapevolezza. Non si pavoneggiava e non si metteva in mostra come facevano di solito i ragazzi belli. Anzi, sembrava del tutto ignaro dell’effetto che aveva sugli altri. Come fosse possibile non riuscivo neanche a immaginarlo: i ragazzi gli stavano addosso come cani bramosi con la lingua che penzola fuori dalle fauci.”

 

“Chiunque altro avrebbe capito che Teti agiva soltanto per i suoi scopi. Come aveva potuto essere così sciocco? Quelle parole rabbiose mi pungevano la bocca. Ma quando cercai di pronunciarle, mi accorsi che non potevo. Le guance di Achille erano arrossate dalla vergogna e la pelle sotto i suoi occhi era segnata. L’essere fiducioso faceva parte di lui, come le sue mani o i suoi piedi prodigiosi. E anche se ero ferito, non volevo che perdesse la fiducia, non volevo vederlo diventare inquieto e pieno di paure come tutti noi, non lo avrei mai voluto nemmeno per tutto l’oro del mondo.”

Ovviamente il personaggio di Achille matura, anche molto, soprattutto dopo la partenza della guerra di Troia è chiamato ad andare in guerra, ad uccidere e a rendere onore al suo nome, a crearsi, a forgiare quella gloria per cui è nato e per cui deve morire:

“Achille prosperava. Andava in battaglia in preda a una vertiginosa euforia, le labbra stirate in un sogghigno mentre combatteva. Non era l’atto di uccidere che lo appagava – aveva imparato in fretta che non c’era uomo capace di tenergli testa. E nemmeno due, e nemmeno tre. Non traeva gioia da una così facile macelleria, e per mano sua morirono meno della metà degli uomini che avrebbe potuto uccidere. La cosa per cui viveva erano le cariche, la schiera di uomini che si lanciava verso i lui come una tempesta. Lì, in mezzo a venti spade che tentavano di trapassarlo, poteva finalmente, veramente combattere. Si inebriava della sua stessa forza, era come un cavallo da corsa costretto nella stalla troppo a lungo e ora libero di correre. Con febbrile e impossibile grazia, ricacciava indietro dieci, quindici, venticinque uomini. Questo è ciò che so davvero fare.

Con il passare del tempo aumenta la tensione emotiva, aumenta la paura per la morte di Achille, per la sorte che toccherà a Patroclo. Il finale è doloroso ma anche dolcissimo e pieno di speranza.


La scrittura è scorrevole ed evocativa, si respira aria di mitologia fin dalla prima pagina. Del resto Madeline Miller ha studiato lettere classiche e ha insegnato nei licei ed ha riversato nel romanzo la sua conoscenza e la sua passione. Questo è stato il suo libro d’esordio pubblicato nel 2011, l’anno seguente vince l’Orange Prize for Fiction (oggi chiamato Women’s Prize for Fiction, premio letterario britannico che si propone di premiare la scrittura femminile, possono essere premiate solo scrittici); nel 2018 è uscito il suo secondo romanzo intitolato “Circe” che ho già messo in wish list e non vedo l’ora di leggere.

Quella della cultura greca è un mondo che mi affascina molto con questa commistione di storia e mitologia, con questa lettura partecipo al progetto #iltesorogreco. Questo romanzo mi ha ricordato un altro libro che ho letto e apprezzato molto sempre ambientato nell’antica Grecia “L’assassinio di Socrate” di Marcos Chicot, non so perché (probabilmente è solo l’ambientazione) ma fin dall’inizio della lettura qualcosa mi ha fatto accostare i due libri e i due autori.

 

Avete letto questo libro?