giovedì 30 luglio 2020

IL LUNGO NASTRO ROSSO - LOUNG UNG

TITOLO: Il lungo nastro rosso
AUTORE: Loung Ung - traduzione di Franca Genta Bonelli
EDITORE: Piemme
PAGINE: 397
PREZZO: € 18,50
GENERE: memoir - letteratura cambogiana
LUOGHI VISITATI: Cambogia e USA 
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È un libro doloroso ma necessario, permette di approcciarsi alla Cambogia e ai suoi abitanti dopo la caduta di Pol Pot e del regime dei Khmer Rossi.

Infatti il punto focale della narrazione è il dopo, mentre la vita durante il regime è narrata in modo incidentale, attraverso degli accenni nel corso della narrazione e con alcune spiegazioni nell’introduzione. Certo quando ci sono gli accenni sono davvero toccanti, crudi, non lasciano indifferenti:

 “Per un’ora intera condivido con lei i dettagli del modo in cui la mia famiglia e io siamo fuggiti dalla capitale per trasferirci in villaggio sovraffollati, dove ci costrinsero a vivere secondo nuove regole. Le racconto dei divieti, imposti dai Khmer Rossi, riguardanti la religione, la scuola, la musica, gli orologi, la radio, il cinema, la televisione e la tecnologia e di come i soldati controllassero i nostri spostamenti, le nostre amicizie e in generale tutti i rapporti umani. La sconvolgo dicendole che, sotto il regime di Pol Pot, era vietato flirtare e innamorarsi senza il permesso dei Khmer Rossi, soprattutto se si apparteneva a una classe diversa, e che se si avevano rapporti sessuali senza l’autorizzazione del regime si rischiava la condanna a morte. Le descrivo il modo in cui ci vestivamo, parlavamo, lavoravamo e vivevamo. Le racconto di come la mia pancia fosse gonfia per la fame, e di come sopravvivessi mangiando tutto ciò che era mangiabile…e anche molte cose che mangiabili non erano affatto. Le spiego dettagliatamente quale sia il sapore delle foglie marce, delle tartarughe, dei serpenti e dei topi. I suoi occhi luccicano quando le parlo di quando divoravo il cervello, la cosa, la pelle degli animali e ne succhiavo il sangue, o di quando mi aggiravo per i campi alla ricerca di cavallette, grilli, coleotteri e di tutti quegli insetti che mi aiutavano a sopravvivere ancora per un giorno".

 

Protagonista e voce narrante è la stessa autrice, Loung Ung e ci racconta la sua vita e quella della sua famiglia. Quindi è un memoir, forte e doloroso. La narrazione è strutturata attraverso un’alternanza di capitoli dove si narrano le vicende di Loung negli Stati Uniti e nel capitolo successivo quelle della sorella Chou (e del resto della famiglia) rimasta in Cambogia all’incirca nello stesso periodo; questo permette anche di fare un confronto, emergono le tradizioni socio culturali della Cambogia, nonostante la guerra e nonostante il periodo estremamente difficile.

È uno scritto doloroso, perché mette nero su bianco le frustrazioni, mette a nudo i suoi sentimenti che non sempre sono positivi, Loung è una bambina prima, e poi una ragazza e infine una donna, oppressa dai ricordi, dai traumi subiti durante la guerra e dell’impossibilità di mantenere fede alla promessa fatta a Chou (tornare presto o comunque incontrarsi e magari trasferirsi tutti assieme) ma Loung deve andare avanti e trova un modo egoistico per farlo: finge di non avere una sorella, cerca di dimenticarsi il suo passato, anche se non ci riuscirà mai.

“Salto sulla mia bicicletta a dodici marce e mi dirigo verso la strada. Mentre pedalo, nel cielo azzurro splende il sole e il vento spazza via le poche nubi. Di tanto in tanto qualche macchina mi sfreccia accanto, costringendomi a spostarmi sul ciglio della strada. Con il vento tra i capelli, mi lascio alle spalle il 48 di Main Street, il cimitero, la casa vuota e il mio stanzino. Ma per quanto velocemente io pedali, la Cambogia mi segue e continuo a veder Chou che mi chiama e mi tende la mano. Stringo il manubrio e spingo con forza sui pedali facendo vibrare la catena della bicicletta nel tentativo di dimenticare la pressione del palmo della mano di Chou sulla mia, le nostre dita intrecciate e le lacrime che le scorrevano sul viso quando siamo state costrette a separarci. «Tra cinque anni ci rivedremo» le avevo promesso. […] Con la mente rivolta alla Cambogia, corro giù dalla collina con la mia coda di cavalo che svolazza mentre cerco di schivare buche e irregolarità del fondo stradale. Pedalo sempre più velocemente sulla strada di campagna e con la mia bicicletta punto dritta verso il futuro. Davanti a me l’orizzonte appare colmo di possibilità, di opportunità e di speranza. Mentre mi alzo in piedi sui pedali, nel tentativo di pedalare più velocemente, lo stomaco comincia a contrarsi per la vergogna e il senso di colpa: mi rendo conto di correre vero un futuro in cui mi sorella non potrà mai seguirmi. Dietro di me, Chou ha smesso di correre e mi segue con gli occhi: ha le braccia penzoloni e i piedi abbarbicati al terreno, mentre io mi allontano sempre più.”

La situazione politica non permetterà di far ritorno in Cambogia almeno fino alla prima metà degli anni ’90.

Loung nonostante i “propositi” non si è affatto dimenticata di Chou, della sua famiglia e di tutte le persone bisognose di aiuto e di conforto in Cambogia e nel resto del mondo: oggi è un attivista per i diritti umani ed è portavoce della Campagna per un mondo senza mine antiuomo. Ha scritto anche un altro libro intitolato “Per primo hanno ucciso mio padre” in cui penso vengano narrati gli anni di vita in Cambogia sotto il controllo dei Khmer Rossi.

 I libri di Loung Ung sono libri per riflettere, anche conoscere, ma soprattutto per riflettere, per farci aprire gli occhi e ricordarci ancora una volta quanto siamo fortunati ad essere nati in una certa parte del mondo. Si deve riflettere anche sull’atteggiamento che teniamo nel quotidiano, perché sì la Cambogia è distante, e si tratta di fatti successi nel passato (neanche tanto lontano) ma quante catastrofi simili sono successe e succedono ancora oggi? E cosa facciamo noi per impedirli, o anche solo per aiutare chi le sta vivendo?

Una tematica che viene affrontata tra le righe è quella del rifugiato del resto è quello che è stata Loung, l’ha vissuto sulla propria pelle, e attraverso l’esperienza del fratello Kim.

Storia vera, scritta dalla stessa protagonista. Per quanto io pianga spesso mi faccia coinvolgere e prendere dalle storie e dai sentimenti e dalle emozioni che un libro può trasmettere ed entro spesso in sintonia, in empatia con i personaggi, quando si tratta di una storia vera mi si lacera il cuore e l’anima. Perché nelle storie di finzione, per quando dolorose, per quanto io entri in empatia mi posso sempre dire è tutta finzione, anche se plausibile, veritiero e nulla esclude (anzi) che ci siano state reali storie così comunque mi consolo dicendo che finzione, è solo un libro. Figuriamoci cosa mi succede a leggere libri così…

Due parole vanno spese sul regime di Pol Pot e sul genocidio cambogiano in estrema sintesi: nell’aprile del 1975 la Cambogia finisce in mano ai Khmer Rossi, una sorta di partito politico di stampo comunista, secondo cui l’unico stile di vita accettabile è quello del contadino; spingono la popolazione nelle campagne, eliminano gli intellettuali e tutte le istituzioni e il denaro. Tutti devono contribuire al sostentamento lavorando nelle fattorie con turni massacranti e scarse razioni di cibo; la pena per chi non ubbidisce? la fucilazione. Ovviamente è un riassunto estremamente stringato di ciò che emerge tra le pagine del libro; da appassionata di Storia e di “cronaca nera” (non ho trovato un termine più appropriato) è un argomento che voglio approfondire; c’è un corredo politico notevole, la situazione della Cambogia si inserisce nel più ampio quadro della guerra fredda.

Consiglio Loung Ung ha chi non ha paura di affrontare la realtà nella sua parte più drammatica e triste, a chi vuole conoscere la Storia e la vita quotidiana di chi ha subito la guerra e deve combattere quotidianamente anche in tempo di pace per una vita normale.

Quali autori o libri sul sud-est asiatico mi consigliate?  

giovedì 23 luglio 2020

LA CANZONE DI ACHILLE - MADELINE MILLER

TITOLO: La canzone di Achille
AUTORE: Madeline Miller - traduzione di Matteo Curtoni e Maura Parolini
EDITORE: Feltrinelli - Marsilio
PAGINE: 382
PREZZO: € 11,00
GENERE: romanzo storico/mitologico
LUOGHI VISITATI: Grecia antica - Mitologia Greca

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“Aveva davvero pensato che non lo avrei riconosciuto? Lo riconoscerei anche solo dal tocco, dal profumo; lo riconoscerei anche se fossi cieco, dal modo in cui respira, da come i suoi piedi sferzano la terra. Lo riconoscerei anche nella morte, anche alla fine del mondo.”

Questo libro non è la storia di Achille, non è la storia di un eroe e nemmeno della Guerra di Troia (di cui Achille è forse il protagonista più conosciuto). È la storia di un legame, forte, indistruttibile tra due persone Patroclo e Achille, un legame di amicizia, rispetto, devozione e profondo amore.

La voce narrante è quella di Patroclo, un ragazzino esule che viene accolto allo corte di re Peleo, qui incontra Achille e ne diventerà il compagno

“Therapon fu il termine che usò. Un compagno d’armi legato a un principe da un giuramento di sangue e amore. In guerra, questi uomini erano le guardie d’onore; in pace, i consiglieri più vicini. Era una figura tenuta in altissima considerazione, un altro dei motivi per cui i ragazzi cercavano sempre di mettersi in mostra davanti al figlio di Peleo: speravano di essere scelti.”

Assieme ricevono l’istruzione del centauro Chirone sul monte Pelio, in particolare Patroclo si appassiona alla medicina. Ma sono richiamati a Ftia, il regno di Peleo e Achille, quando iniziano i preparativi per muovere guerra contro Troia. Entrambi sono costretti ad andarci ma per ragioni diverse: Achille perché è il più grande guerriero della sua generazione, è l’aristos achaion e non può non partecipare; Patroclo in virtù di un giuramento fatto a soli nove anni, quando suo padre lo aveva portato a presentarsi come pretendente della mano di Elena e in quell’occasione tutti i pretendenti avevano giurato che avrebbero difeso il prescelto e il matrimonio.

“«Ci saranno altre guerre.»

«Non come questa» disse Diomede. «Questa sarà la più grande combattuta dal nostro popolo, che verrà ricordata nei canti e nei poemi per generazioni. Sei uno sciocco se non te ne rendi conto.»

«Mi rendo conto che si tratta delle corna di un marito e dell’avidità di Agamennone.»

«Allora sei cieco. Cosa c’è di più eroico del combattere per l’onore della donna più bella del mondo, contro la più potente città d’Oriente? Nemmeno Perseo potrebbe dire di aver fatto altrettanto; nemmeno Giasone. Eracle, sarebbe disposto a uccidere di nuovo sua moglie per un’opportunità come questa. Governeremo l’Anatolia, fino all’Arabia. I nostri nomi saranno scolpiti nelle leggende per i secoli a venire.»”

La guerra sarà molto lunga e Patroclo ci racconta la vita al campo, la guerra ma soprattutto il timore, l’angoscia crescente per l’avvicinarsi della morte di Achille, perché è “scritto” che morirà e ciò accadrà dopo aver ucciso il principe Ettore, il più valoroso dei troiani. Ma per ben dieci lunghi anni questo scontro fondamentale non avrà luogo, e non è chiaro se ne è mancata l’occasione oppure sia stata deliberatamente evitata…

Non voglio aggiungere altro sulla guerra di Troia perché chi ha una solida formazione classica o comunque conosce approfonditamente l’argomento sa già cosa aspettarsi, ma chi come me invece è digiuno della materia - (la mia formazione in epica e letteratura classica è stata superficiale e in prima superiore in un istituto commerciale) certo avevo idea di cosa fosse la guerra di Troia, del motivo scatenante, dell’epicità dello scontro tra Achille ed Ettore, della vittoria dei greci grazie alla furbizia di Odisseo (cioè Ulisse) ma davvero poco altro – incontrerà delle sorprese davvero interessanti nonostante si sappia fin dall’inizio che Achille muore, perché questo lo sappiamo tutti.

Seppur in secondo piano emergono alcuni aspetti della vita nella Grecia antica, il narratore da spesso conto delle tradizioni in uso e della situazione geopolitica, anche se si tratta di una ricostruzione legata alla mitologia penso possano comunque considerarsi plausibili anche perché non contraddette dalla realtà storica ricostruita (così ad esempio la presenza di una pluralità di regni, spesso in lotta tra loro); la stessa mitologia altro non è che l’insieme delle credenze religiose dell’antica Grecia ed è utilizzata o meglio studiata dagli storici anche per ricostruirne la vita, la cultura e le tradizioni. Un aspetto particolare e importante è il ruolo fondamentale giocato nella vita dei greci dagli dei e dalle profezie, con gli Dei si immischiano continuamente con la vita dei mortali, spesso e volentieri anche concependo figli assieme, di cui Achille è un esempio.

Questo romanzo è una commistione tra mitologia e storia e fantasia.

La principale fonte è l’Iliade di Omero (come detto alla fine del romanzo), dove però si conosce il fortissimo legame tra Achille e Patroclo ma non viene specificato, definito. L’opera della Miller è un’interpretazione possibile del loro legame, a dire il vero nemmeno nuova od originale (nel senso che già in antichità questo rapporto è stato definito in termini amorosi) ma estremamente apprezzabile e godibile per il lettore. Inoltre è un’interpretazione corretta, plausibile dal punto di vista mitologico perché in linea con quanto narrato dalla mitologia greca.

Da un punto di vista storico oggi si ritiene accertata una guerra tra greci e troiani con la sconfitta dei troiani e la conseguente distruzione della loro città intorno al 1200 a.C., però questa guerra fu combattuta per ragioni politiche ed economico-commerciali e non perché i troiani avevano rapito la donna più bella del mondo.

Come dicevo a parlare è Patroclo, è lui a raccontare la sua vita al fianco di Achille e a raccontare com’era questo semidio. L’Achille uomo è un ragazzo dolce, sensibile, gentile, modesto, inconsapevole della sua bellezza e della sua potenza nonché del suo potere, appassionato di musica e canto, in una parola lo definirei quasi ingenuo, in senso positivo; ciò non toglie abilissimo nel combattimento.

“Erano le uniche occasioni in cui vedevo Achille. Viveva le sue giornate lontano da noi, da vero principe, impegnato in attività che non ci riguardavano in alcun modo. Tuttavia mangiava sempre con noi e si spostava tra i vari tavoli. Nella grande sala, la sua bellezza splendeva come una fiamma, vitale e luminosa e attraeva il mio sguardo anche contro la mio volontà. La sua bocca era un arco carnoso, il suo naso una freccia aristocratica. Quando si sedeva, le sue membra non sembravano scomposte come le mie ma trovavano sempre una perfetta grazia, come se fossero opera di uno scultore. Forse la sua caratteristica più straordinaria era la sua inconsapevolezza. Non si pavoneggiava e non si metteva in mostra come facevano di solito i ragazzi belli. Anzi, sembrava del tutto ignaro dell’effetto che aveva sugli altri. Come fosse possibile non riuscivo neanche a immaginarlo: i ragazzi gli stavano addosso come cani bramosi con la lingua che penzola fuori dalle fauci.”

 

“Chiunque altro avrebbe capito che Teti agiva soltanto per i suoi scopi. Come aveva potuto essere così sciocco? Quelle parole rabbiose mi pungevano la bocca. Ma quando cercai di pronunciarle, mi accorsi che non potevo. Le guance di Achille erano arrossate dalla vergogna e la pelle sotto i suoi occhi era segnata. L’essere fiducioso faceva parte di lui, come le sue mani o i suoi piedi prodigiosi. E anche se ero ferito, non volevo che perdesse la fiducia, non volevo vederlo diventare inquieto e pieno di paure come tutti noi, non lo avrei mai voluto nemmeno per tutto l’oro del mondo.”

Ovviamente il personaggio di Achille matura, anche molto, soprattutto dopo la partenza della guerra di Troia è chiamato ad andare in guerra, ad uccidere e a rendere onore al suo nome, a crearsi, a forgiare quella gloria per cui è nato e per cui deve morire:

“Achille prosperava. Andava in battaglia in preda a una vertiginosa euforia, le labbra stirate in un sogghigno mentre combatteva. Non era l’atto di uccidere che lo appagava – aveva imparato in fretta che non c’era uomo capace di tenergli testa. E nemmeno due, e nemmeno tre. Non traeva gioia da una così facile macelleria, e per mano sua morirono meno della metà degli uomini che avrebbe potuto uccidere. La cosa per cui viveva erano le cariche, la schiera di uomini che si lanciava verso i lui come una tempesta. Lì, in mezzo a venti spade che tentavano di trapassarlo, poteva finalmente, veramente combattere. Si inebriava della sua stessa forza, era come un cavallo da corsa costretto nella stalla troppo a lungo e ora libero di correre. Con febbrile e impossibile grazia, ricacciava indietro dieci, quindici, venticinque uomini. Questo è ciò che so davvero fare.

Con il passare del tempo aumenta la tensione emotiva, aumenta la paura per la morte di Achille, per la sorte che toccherà a Patroclo. Il finale è doloroso ma anche dolcissimo e pieno di speranza.


La scrittura è scorrevole ed evocativa, si respira aria di mitologia fin dalla prima pagina. Del resto Madeline Miller ha studiato lettere classiche e ha insegnato nei licei ed ha riversato nel romanzo la sua conoscenza e la sua passione. Questo è stato il suo libro d’esordio pubblicato nel 2011, l’anno seguente vince l’Orange Prize for Fiction (oggi chiamato Women’s Prize for Fiction, premio letterario britannico che si propone di premiare la scrittura femminile, possono essere premiate solo scrittici); nel 2018 è uscito il suo secondo romanzo intitolato “Circe” che ho già messo in wish list e non vedo l’ora di leggere.

Quella della cultura greca è un mondo che mi affascina molto con questa commistione di storia e mitologia, con questa lettura partecipo al progetto #iltesorogreco. Questo romanzo mi ha ricordato un altro libro che ho letto e apprezzato molto sempre ambientato nell’antica Grecia “L’assassinio di Socrate” di Marcos Chicot, non so perché (probabilmente è solo l’ambientazione) ma fin dall’inizio della lettura qualcosa mi ha fatto accostare i due libri e i due autori.

 

Avete letto questo libro?

venerdì 17 luglio 2020

LE MIE FIABE AFRICANE - NELSON MANDELA

TITOLO: Le mie fiabe africane
AUTORE: Nelson Mandela - traduzione di Bianca Lazzaro
EDITORE: Feltrinelli - collana Universale Economica Feltrinelli
PAGINE: 170
PREZZO: € 8,50
GENERE: antologia, raccolta di racconti (fiabe)
LUOGHI VISITATI: continente africano
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le mie fiabe africane di nelson mandela recensione

Una lettura interessante che è un ottimo modo per entrare nel folclore, nella tradizione orale e di storie di un continente tanto grande e variegato come l’Africa; e nonostante ciò è possibile individuare alcune costanti così il ruolo assegnato ad un animale tende ad essere uguale in tutte le fiabe ad esempio la lepre incarna la furbizia e la scaltrezza, il leone è il re.

Non so francamente cosa mi aspettassi di trovare in queste fiabe, ma durante la lettura (soprattutto agli inizi) mi sono stupita di trovare tante somiglianze, tanti elementi in comune con le fiabe che conosciamo, dopo averci riflettuto sono giunta ad una conclusione che mi piace molto: in tutto il mondo le persone inventano delle storie semplici per insegnare o anche solo per intrattenere e alla fine in tutte troviamo molti elementi comuni nonostante l’apparente distanza geografica e “culturale”, siamo tutti uguali anche se viviamo in luoghi diversi e abbiamo tradizioni ed usanze diverse (che poi se analizzate attentamente forse così diverse non sono).

Così anche in queste fiabe troviamo la magia, animali parlanti, streghe e stregoni, metamorfosi e incantesimi, re, principesse; ovviamente ci sono delle differenze di contesto: ad esempio abbiamo la savana e gli animali che la abitano, anziché castelli ci sono palazzi imperiali e i villaggi (chiamati “kraal”).

Le fiabe sono piuttosto brevi, la maggior parte occupa poche pagine, in tutto sono trenta e provengono dalla tradizione di tutto il continente africano e alcune anche dalla tradizione della comunità indo-malese di Città del Capo in Sudafrica.

Ogni fiaba è introdotta da un brevissimo trafiletto corsivo iniziale che dà conto del luogo di provenienza e della tradizione da cui è tratta e della fonte specifica.

Ci sono alcune fiabe che proprio non mi sono piaciute, sarà che non ne ho capito il significato (ammesso che ce ne fosse uno); alcune sono molto simpatiche in particolare ve ne voglio segnalare due che hanno degli animali per protagonisti: “La gatta che venne in casa” dove si racconta come furono addomesticati i gatti  e “I doni del re” dove viene spiegata la ragione di particolari caratteristiche animali ad esempio perché l’elefante ha le zanne e la proboscide? Oppure perché alcuni hanno il corpo maculato e altri le corna?

I temi trattati sono svariati, animali che si trasformano in meravigliosi principi grazie all’amore di una ragazza che rompe un incantesimo, o maleficio (ad esempio “Il serpente a sette teste”, “Il guardiano del lago”; animali “umanizzati”, streghe, re e principesse, bambine disubbidienti (“Mmadipetsane”) e bambini puri (“Mpipidi e l’albero motlopi” che è una fiaba dolcissima e tenera) e non mancano mostri e spiriti maligni (“Asmodeus e l’imbottigliatore di spiriti).

Tra le mie preferite c’è “La madre che divenne polvere” una fiaba che racconta dell’avvento della vita sulla terra, dell’indifferenza, dell’irriconoscenza e dell’egoismo degli uomini, anche se non di tutti; una fiaba molto attuale che evidenzia principalmente i lati “brutti” dell’umanità e invita con parole semplici a riflettere su temi importanti.

“E così la stella, figlia del sole, che aveva regnato nel cielo con brillantezza impareggiabile, divenne la Madre di Tutti i Figlia nati sul pianeta verde e blu. Li amava tutti e si prendeva cura di ognuno di loro. I figli alti e quelli bassi, i figli grassi e quelli magri, quelli scuri, chiari e dalla pelle dorata. Si prendeva cura di tutti, giorno e notte. […] Essi prendevano gli uccelli nei boschi e li mettevano dentro gabbie in cui non c’era lo spazio per volare. Andavano in cerca di pesci nel mare per metterli in vasche senza spazio per nuotare. Uccidevano gli animali solo per svago e ne collezionavano le teste e le pelli. Talvolta intrappolavano le bestie selvatiche e le sbattevano dentro prigioni. Tagliavano gli alberi delle foreste e le lasciavano spoglie. E così, quando la terra si stancò e la Madre di Tutti i Figli diventò vecchia, si ammalò e morì, non furono neppure in grado di preoccuparsi.” (citazione dalla fiaba “La madre che divenne polvere”).

Forse se proprio voglio trovare un difetto al volume (e lo voglio trovare) è la mancanza di una spiegazione, di un corredo di commenti al significato, a ciò che la fiaba vuole insegnare. Come detto ciascuna fiaba è accompagnata da un brevissimo corsivo introduttivo ma per alcune non mi è stato sufficiente e non le ho capite appieno, ma probabilmente sarà un mio limite.

Ovviamente l’opera va guardata e inserita nel suo ruolo che è quello di far conoscere ai bambini di oggi - e anche agli adulti – la tradizione favolistica, così come dice Mandela nell’introduzione:

“Il mio desiderio è che in Africa la voce del cantastorie possa non morire mai, e che tutti i bambini africani abbiano la possibilità di sperimentare la magia dei libri senza smarrire mai la capacità di arricchire la loro dimora terrena con la magia delle storie.”

 Ho scelto di leggere questo libro per il progetto #viaggiatoritralerighe che per il mese di luglio prevede di esplorare il continente Africano.

Una strada piana e dolce per iniziare ad addentrarsi nella cultura e nella tradizione africana e nel suo folclore.

Lo conoscete? Aspetto vostri suggerimenti di libri africani.