venerdì 29 maggio 2020

DAMASCO - SUAD AMIRY

TITOLO: Damasco
AUTORE: Suad Amiry - cura e traduzione dall'inglese di Maria Nadotti
EDITORE: Feltrinelli - collana Feltrinelli Universale Economica
PAGINE: 267
PREZZO: € 9,50
GENERE: letteratura palestinese e letteratura siriana
LUOGHI VISITATI: Medio Oriente da fine '800 ai giorni nostri
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“Forse, quel che Jiddo non voleva rilevare era che la vera funzione del gigantesco portone davanti al quale la mamma stava lentamente perdendo il suo aplomb era di isolare le sue ‘storie’ e quelle della sua famiglia. Il portone doveva salvaguardare le vicende, gli accordi commerciali, i segreti e gli scandali che avevano avuto luogo nei numerosi angoli di quella casa, negli spazi aperti e in quelli al chiuso: nelle vaste aree in cui si accoglievano gli ospiti attorno alla corte, nella corte stessa e nel suo semiaperto liwan, nelle zone destinate a ricevere gli uomini (la piazza esterna), nelle zone destinate alle donne (la piazza interna), nei salotti in cui si dava accoglienza a ospiti di entrambi i sessi, nelle numerose ali e camere da letto private, e negli alloggi dei padroni e della servitù di quello splendido palazzo. Inutile dire che alcune di quelle storie erano troppo scandalose, e platealmente riprovevoli, perché non se ne fosse visto o sentito parlare in una città incline al pettegolezzo come Damasco. Tuttavia, i modesti esterni di fango delle magioni damascene rendevano impossibile immaginare il tipo di ricchezza e di splendore che si celava dietro mura tanto alte e impenetrabili. A detta degli studiosi, le mura dovevano servire a proteggere dalle tasse sulla proprietà. È probabile che gli studiosi a volte tendano a essere un po’ ingenui.”

Una storia familiare che attraverso le generazioni racconta la vita in Siria, ma più in generale nel Medio Oriente, dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri.
Il lettore compie un meraviglioso viaggio nella storia, nella cultura e nelle tradizioni del Medio Oriente, in particolare nella Grande Siria, uno stato molto più esteso della Siria geopolitica che conosciamo oggi.
Un libro che risponde a scopi plurimi, raccontare la storia della propria famiglia diventa il mezzo per raccontare e mostrare al mondo occidentale la tradizione millenaria e la ricchezza culturale del Medio Oriente e dei suoi abitanti e mostrare anche la vita delle donne nel mondo arabo.
Nel libro ci sono donne coraggiose e sono loro il fulcro della narrazione assieme alla città di Damasco.
Come dicevo quella raccontata è la storia della famiglia della scrittrice, quindi un romanzo autobiografico, dove però la realtà, i ricordi si mescolano alla fantasia e non sempre è dato sapere cosa è realmente accaduto e cosa è una ricostruzione, ce lo conferma e sottolinea la stessa Amiry a fine romanzo. Ma in ogni caso è una ricostruzione plausibile e molto veritiera.
Ci sono meravigliose e ricche descrizioni, tra queste i banchetti del venerdì a Beit Jiddo (la casa dei nonni a Damasco), la stessa abitazione, le regole e le abitudini dei suoi abitanti sono minuziosamente narrati, i rituali dei lavacri nell’hammam. Altro aspetto approfondito sono i riti matrimoniali, attraverso il ricordo di quello di nonna Teta nel lontano 1896 e quello della domestica Fatima nel 1946.
Il punto focale della narrazione è Damasco, la città in cui Suad Amiry è nata, la città di sua mamma, la città in cui è cresciuta assieme ad alcune importanti donne della sua vita: nonna Teta, le zie Laila e Karimeh e la cugina Norma. La narrazione è incentrata sulle donne: nonna Teta, la madre Samia, le zie, la cugina e l’io narrate, a loro viene data voce, sono i loro pensieri e le loro sensazioni ad essere riportate su carta.
“Al contrario di Gerusalemme, i numerosi suk di Damasco vendevano tutto ciò che poteva sognare o desiderare che preferiva condurre una decadente vita mondana. Qualsiasi cosa cercassi, nei suk di Damasco la scovavi. Si potevano trovare, per esempio, stoffe rinomate in tutto il mondo quali il tessuto double-face noto col nome di damasco. Come gli abitanti della città, quel favoloso tessuto – conosciuto ai quattro angoli della terra e ricavato dalla seta più fine – era chiamato anche damasceno. Poi c’era il famoso aghbani, il tessuto di cotone ricamato spesso impiegato per realizzare tovaglie adorne di fili d’oro e d’argento su uno sgargiante fondo variopinto. I mobili siriani fatti a mano e con intarsi in madreperla erano ricercati per la loro alta qualità. Né meno sbalorditivi erano i vassoi d’ottone decorati con una calligrafia argentata, scene di caccia, nonché motivi floreali e geometrici.”
“Tutta sola, sul sedile posteriore del taxi che mi stava portando da Amman a Beirut via Damasco.
Come suonava strano quel via Damasco.
Come poteva, infatti, la mia Damasco, la Damasco della mamma, la Damasco di Teta e Jiddo, trasformarsi in un luogo di passaggio? Suonava strano non solo perché Damasco era la città più antica e più continuativamente abitata della terra ma anche perché era proprio il centro della mia vita, della vita della mamma e di quella di Jiddo e Teta. Eppure ormai era una realtà, una realtà che superava tutte le nostre vite messe insieme.”

Il romanzo è scritto in prima persona e si crea un rapporto, un legame con il lettore, sembra di essere seduti con un’amica e questa intanto ti racconta la storia della sua famiglia, condivide con te preziosi ricordi.  Numerosi i rimandi a opere letterarie, cinematografiche ma anche alla cultura, alla storia e alla politica, riferimenti utili a descrivere una persona o una situazione attraverso una similitudine che il lettore può facilmente comprendere. Non manca l’ironia, come non mancano situazioni tragiche. Vi voglio riportare un esempio sia di similitudine che di ironia:
“Zio Hakim era un uomo politico di destra e un parlamentare conservatore (una versione anni sessanta dei Sarkozy e Berlusconi a venire, però di bell’aspetto. Chi ha detto che la Siria dei primi anni sessanta del secolo scoro fosse meno divertente dell’Europa di oggi?)”
Una tematica molto cara alla Amiry è la “questione palestinese” che è stato oggetto di trattazione in altri suoi romanzi, in questo appare talvolta sottoforma di riferimento o meglio sottointeso alla tematica della creazione di uno stato di Israele e tutto quello che ciò comporta, attraverso la vita dei “personaggi”.
A questo libro sono giunta per caso, cercando qualcosa di ambientato nel Medio Oriente come previsto per la tappa del mese di maggio della challenge #ilgirodelmondoin12letture. Sono contentissima di averlo letto, perché ho scoperto un’autrice interessante, di cui mi è piaciuta molto la scrittura, politicamente impegnata per difendere e far conoscere Siria e Palestina – le sue terre natali – e in generale il Medio Oriente per quello che sono in realtà, al di là delle guerre che lo hanno sconvolto negli ultimi decenni.
Super consigliato.
Lo avete letto? Avete letto altri libri di Suad Amiry?

martedì 26 maggio 2020

LA DONNA COL VESTITO VERDE - STEPHANIE COWELL

TITOLO: La donna col vestito verde
AUTORE: Stephanie Cowell traduzione di Chiara Brovelli
EDITORE: BEAT (edizione originale Neri Pozza)
PAGINE: 380
PREZZO: € 10
GENERE: romanzo storico
LUOGHI VISITATI: Francia seconda metà dell'Ottocento
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“Quando riaprì gli occhi vide il quadro sullo scrittoio. La cosa strana fu che, mentre lo fissava ancor mezzo addormentato, il dipinto sembrò guardalo a sua volta. Si alzò e si avvicinò esitante. Non c’era niente su quella tela! Era tutto morto. Eppure, adesso i rami di quell’albero sembravano vivi. C’era anche una statica nuvola di cotone, e pensò che forse avrebbe potuto migliorarla un po’, per renderla viva. Già, forse.”
Una biografia romanzata di Claude Monet, seguendo due filoni gli albori della carriera di pittore e del movimento che poi verrà chiamato degli “Impressionisti” e la storia d’amore con Camille Doncieux.
Quello narrato è il Monet giovane, squattrinato e talentuoso, che si trova a dover combattere quotidianamente per fare della sua passione - e del suo particolare stile di pittura - un mestiere. Una vita non facile, nella seconda metà dell’Ottocento quella dell’artista è una carriera “mal vista”, non garantisce stabilità economica ma soprattutto lo stile di Monet non piace…
“Erano tutte scene di parchi e giardini parigini. Clément si accarezzò i baffi grigi e per qualche istante non disse nulla. «Il vostro modo di dipingere somiglia al canto di un uccello» disse. «Sapete come canta un uccello, Monet? Anche se nessun altro lo sente, spera che qualcuno lo ascolti. Oppure non gl’importa. Ma questi dipinti sembrano incompiuti. Non volete lavorarci ancora?»
«Sono perfettamente compiuti» ribatté Claude, rigido.
«Non è quello che dice la gente dei vostri quadri, o di quelli devi vostri amici! Schizzi: così li chiamano. E non vogliono vederli in casa loro».”
Anche se il protagonista è Monet per buona parte del romanzo non mancano altri pittori come Renoir, Cézanne, Pissarro, Manet, Bazille, Sisley; sono tutti amici tra loro e si aiutano e sostengono a vicenda, formando una sorta di grande famiglia accomunati da uno stile diverso da quello “canonico” – anche se gli stili di ciascuno sono poi diversi tra loro-  che verrà definito “Impressionismo” termine ricavato dal commento negativo di un critico d’arte quando il gruppo riesce ad esporre per la prima volta in una propria mostra. 
Il focus principale è però la storia d’amore tra Claude e la Camille, è stata la sua modella, la sua musa e compagna di vita, al primo ritratto “La donna col vestito verde” (famosissimo e che dà anche il titolo al romanzo) ne seguiranno moltissimi altri. Camille è una donna sfaccettata, poliedrica diversa da come appare, con tanti sogni e ambizioni. L’amore che li lega è fortissimo.
La ricostruzione storica è presente sullo sfondo, come contorno alle vicissitudini di Claude e Camille, si scoprono così la Francia e soprattutto la Parigi della seconda metà dell’Ottocento con i suoi cafè e con la scarsa considerazione che la società ha degli artisti. Si assaporano le innovazioni tecnologiche presenti come le lampade a gas e gli omnibus, ma l’attenzione si concentra sugli aspetti sociali, su due stili di vita enormemente diversi che finiranno per fondersi nella storia d’amore tra Monet e Camille, quello degli artisti squattrinati che vivono alla giornata e quello dell’alta borghesia fatto di lussi e comodità.
“Fu l’immensità della capitale a lasciarlo sconcertato. Parigi, dove l’imperatore e la sua consorte giravano per le strade in carrozza, dove magioni e palazzi sorgevano accanto a baracche e tuguri. Migliaia di caffè, sulle cui vetrine campeggiavano le réclame dei vini; migliaia di vicoli, i cui muri di mattoni erano ricoperti da manifesti. In un quartiere le strade erano ingombre di sporcizia, mentre in altri venivano lavate quotidianamente; nei parchi verdi e maestosi la luce del sole danzava tra gli alberi per andare a posarsi sugli abiti eleganti delle signore, sulle piume e suoi fiori di seta dei cappelli. Bimbi lindi e vivaci saltellavano spingendo i loro cerchi. Claude non aveva mai visto così tanta gente in tutta la sua vita”.

“Il Café des Ambassadeurs era il più grande dei nuovi café-concerts di Parigi. I due amici varcarono la soglia a fatica, passando davanti a un gruppo di ubriachi che fumavano il sigaro, e lasciarono le giacche al guardaroba prima di accedere all’enorme salone centrale illuminato dalle lampade a gas. Centinaia di persone erano sedute ai tavoli e parlavano tutte insieme, mentre un soprano cercava di sovrastare l’orchestra; le cameriere gli passavano accanto urlando le ordinazioni. E poi c’era moltissima gente che festeggiava ai tavoli sulla balconata, e si sporgeva dalla balaustra per chiamare gli amici di sotto”.

La struttura dell’opera non è lineare: si apre con un preludio, ai capitoli di narrazione si frammezzano capitoli di interludio e infine un epilogo. La particolarità sta nel fatto che in questi il protagonista è sempre Monet, però anziano alle prese con l’esposizione delle sue ninfee e ad intrattenere uno scambio epistolare con Annette, la sorella della sua amata Camille. Per ogni capitolo di narrazione vengono indicati gli anni in cui si svolgono le vicende narrate e una citazione (di un artista o di un critico d’arte contemporanei a Monet).
Leggere il libro aiuta a conoscere l’artista Monet e i suoi dipinti, dopo la lettura ho fatto un giro su Google alla scoperta delle sue opere, e vedere i quadri di cui si è conosciuta la gestazione o comunque la vita quotidiana mentre li dipingeva e le difficoltà incontrate, è stato molto bello. Va sottolineato che non si tratta di un saggio ma un romanzo che si base sulla biografia di Monet e cerca/fornisce spiegazioni plausibili però di fantasia a molti aspetti, momenti o fatti che non trovano riscontro nelle cronache.
È stata una lettura piacevole che permette una minima infarinatura, una scoperta di Monet in modo estremamente leggero, con la piacevolezza di un romanzo; per me è stata una “scoperta” che voglio approfondire. Allo stesso modo – a grandi linee - permette di farsi un’idea della vita in Francia nella seconda metà dell’Ottocento.

giovedì 21 maggio 2020

UN ESTATE CON LA STREGHA DELL'OVEST - KAHO NASHIKI

TITOLO: Un'estate con la stregha dell'Ovest (e altri racconti)
AUTORE: Kaho Nashiki - traduzione di Michela Riminucci
EDITORE: Feltrinelli - Collana Universale Economica Feltrinelli
PAGINE: 141
GENERE: letteratura giapponese
LUOGHI VISITATI: Giappone
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recensione un'estate con la strega dell'ovest di kaho nashiki



Un racconto lungo dolce amaro.
È un racconto profuso di tristezza, dalla prima pagina sappiamo che la nonna di Mai muore e questo riporta indietro Mai di due anni quando passa alcune settimane in sua compagnia imparando delle lezioni di vita fondamentali. Ma alla tristezza si aggiunge tutta la tenerezza e la dolcezza che solo le nonne sanno donare. La nonna di Mai è una donna senz’altro non perfetta, con una personalità forte e all’antica, ritiene opportuno per una donna e soprattutto per una madre dedicarsi esclusivamente alla propria famiglia (non approva la donna moderna in carriera, che è invece la scelta fatta da sua figlia, la mamma di Mai).
Probabilmente è la figura della nonna quella che più mi è rimasta impressa: una donna semplice che ama la semplicità, come dicevo d’altri tempi che si trova bene nel suo piccolo mondo fatto di certezze e impegni quotidiani (giardino, orto, galline, cucina). Una donna saggia, che trasmette insegnamenti e lezioni di vita quasi con “non curanza”, senza imporsi ma insinuandosi nella mente con dolcezza e determinazione; soprattutto nella mente della piccola Mai, a cui gli insegnamenti della nonna si riveleranno indispensabili, anche e soprattutto nel lungo periodo. Gli insegnamenti della nonna possono essere utili a tutti noi.
“«Però…»
«Ma tu sei convinta che quello che pensi sia la verità, giusto?»
La nipote annuì.
«Molte streghe non troppo esperte hanno lasciato che le fissazioni che loro stesse avevano creato le controllassero e causassero la loro rovina.»
Mai per un istante provò ostilità nei confronti della nonna. Scintillò come una lama nel buio.
La nonna, come se lo avesse intuito, prese le maini della nipote nelle sue.
«Mai, cerca di capire. Questa è una cosa molto importante. Io non sto dicendo che ciò che dici non è vero, non ti sto criticando. Può darsi che abbia ragione tu, come può anche darsi di no. Però l’importante non sono i fatti che, anche se indagassimo, ormai non potremmo cambiare, ma il tuo cuore, che in questo momento sta cadendo in balìa dei dubbi e dell’odio.»
«Io… penso che solo quando sarò riuscita a scoprire la verità i dubbi e l’odio spariranno,» replicò Mai.
«Ne sei sicura? Io temo che cadrai soltanto in balìa di altro rancore e odio».
La nonna accarezzo affettuosamente le mani di Mai.
«Non pensi che spendere tante energie sia logorante?»
Mai strinse fortissimo i denti. Poi, come se fosse ritornata in sé, rilassò le spalle. E disse: «Sì, è vero.»
Mai si sentiva esausta”.
Gli insegnamenti sono impartiti con un briciolo di fantasia, oserei direi, facendo credere alla piccola Mai che una sua antenata fosse una strega e questo potere si trasmette di generazione in generazione saltandone una (quindi la nonna è una strega, Mai anche, mentre sua mamma no); o forse tutto questo rientra nella corrente del realismo magico?
La narrazione è scorrevole, ricca di dialoghi e con una scrittura semplice. In piccole dosi è presente del realismo magico o forse sarebbe più corretto chiamarlo surrealismo; nella mia ignoranza sono un po’ la stessa cosa – anche se lo ricollego a episodi diversi dal sostenere di essere streghe… Inoltre sono pochissimi i nomi propri utilizzati, conosciamo Mai – la protagonista – la sua amica Shōko e Genji il vicino di casa della nonna, e infine la città di T., tutto il resto è privo di nome, le figure familiari vengono indicate con il nome generico di mamma, papà, nonno e appunto nonna.
Nell’edizione del 2017 di questo romanzo l’autrice ha aggiunto tre ulteriori racconti caratterizzati da una continuità di personaggi e ambientazioni che permettono al lettore di approfondire alcuni aspetti che emergono nel racconto principale, scritti dopo il grande successo del romanzo. Così si scopre la storia di Blackie che è stato il cane dei nonni per molti anni, nel racconto intitolato appunto “La storia di Blackie”; in “Un pomeriggio d’inverno” c’è un ricordo d’infanzia di Mai legato al galletto della nonna; infine “Rametti nel fornello” è un monologo della nonna che racconta la sua giornata tipo dopo la partenza di Mai. Questo tra i tre è il mio preferito, la nonna è una donna tenera e saggia che vuole molto bene alla sua famiglia.
È un libro giapponese: ambientato in Giappone, scrittrice giapponese e vincitore di vari premi letterati giapponesi, ma non ho trovato tanto Giappone se non sporadici riferimenti al cibo, ad oggetti e parti d’arredo e in piccolissima parte alle dinamiche sociali interne ai ragazzini in età scolare. Sottolineo questa peculiarità perché avevo scelto il libro come lettura della tappa del mese di maggio della challenge #viaggiatoritralerighe che prevede di esplorare il Giappone.
Una lettura gradevole, consigliata.