giovedì 9 novembre 2023

LE ARMI DELLA LUCE di KEN FOLLETT

TITOLO: Le armi della luce
AUTORE: Ken Follett traduzione di: Annamaria Raffo
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 712
PREZZO: € 27
GENERE: letteratura inglese, romanzo storico
LUOGHI VISITATI: Inghilterra fine '700 primi '800
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Le armi della luce è il nuovo capitolo della saga di Kingsbridge di Ken Follett: una nuovo tassello questa volta ambientato tra la fine del ‘700 e i primi anni dell’800. Siamo agli inizi della Rivoluzione industriale e iniziano a fare la propria comparsa le macchine che sostituiscono il lavoro dell’uomo, in particolare vediamo le macchine per la creazione di filato e tessuti, Kingsbridge è un centro produttivo importante fin dal Medioevo; ma sono anche gli anni delle guerre napoleoniche che incidono sulla vita delle persone dalla chiamata (più o meno volontaria) nell’esercito alle fortissime ripercussioni che le tasse hanno sul prezzo dei generi di prima necessità, su tutti il pane.

Mi è difficile dire di cosa parla, perché non voglio fare spoiler e rovinare l’effetto della scoperta,  i personaggi sono tanti e ognuno ha la sua storia personale più o meno travagliata, ma le vicende si riconducono a grandissime linee in una lotta per la sopravvivenza tra la parte povera della popolazione - per lo più operai - e i ricchi nobili, possidenti terrieri e produttori (potremmo dire gli imprenditori di oggi) che cercano di guadagnare il più possibile e soprattutto non vogliono perdere/abbandonare i privilegi di status di cui godono.

“«Non mi piace» disse il vescovo con fermezza.
Elsie se l’aspettava, ma rimase sgomenta per il tono risoluto. Non era una sorpresa che lui non fosse d’accordo, e lei aveva un piano per convincerlo. Tuttavia gli chiese: «Perché mai non vi piace?».
«Vedi, mia cara, non è un bene che le classi lavoratrici imparino a leggere e a scrivere» rispose lui, assumendo il tono paterno dell’uomo più anziano che dispensa perle di saggezza a una giovane utopista. «I libri e i giornali gli riempiono la testa di concetti che non capiscono. Li rendono insoddisfatti della posizione sociale che Dio ha disposto per loro. Si fanno delle idee assurde sull’eguaglianza e la democrazia.»
«Ma dovrebbero leggere la Bibbia.»
«Ancora peggio! Interpretano male le Scritture e accusano la Chiesa di Stato di diffondere una falsa dottrina. Diventano protestanti e dissidenti e poi vogliono fondare le loro chiese, come i presbiteriani e i congregazionalisti. E i metodisti.»”

Ognuno a suo modo cerca di sopravvivere come meglio può. Ci sono le crisi legate agli scioperi ma ci sono anche le crisi dovute alle tasse elevatissime che portano ad un aumento intollerabile del prezzo dei beni di prima necessità. Fondamentalmente ci muoviamo tra gli operai da un lato e i produttori dall’altro ognuno cerca di sopravvivere e di adattarsi meglio che può al periodo storico; c’è chi ci riesce e chi no, ci sono pagine davvero drammatiche. Abbiamo modo di vedere in più occasioni che le decisioni sia politiche che giudiziarie vengono prese o per diritto di nascita (la nobiltà) oppure per diritto che si acquisisce al raggiungimento di un certa ricchezza. Espressione di questi indirizzi sono alcune leggi che vengono citate come il Framework Act, il Combination Act e il Treason Act che vanno a limitare se non vessare i lavoratori e il popolo che non ha rappresentanza in parlamento nonostante sia la fetta più consistente di popolazione.

“Tutti i giurati erano cittadini di Kingsbridge di età compresa tra i ventuno e i settant’anni, proprietari di beni immobili che fruttavano almeno quaranta scellini d’affitto all’anno. Gli uomini appartenenti a questo gruppo avevano anche il diritto di votare, in base alla regola chiamata suffragio dei quaranta scellini. Costituivano la classe governante della città e, in linea di massima, erano sempre pronti a condannare gli operai.
Lo sceriffo aveva il compito di nominare la giuria scegliendo uomini a caso. Tuttavia, secondo Hornbeam, alcune delle persone idonee non erano affidabili, quindi aveva scambiato qualche parola con Doye per dirgli di escludere i metodisti e altri nonconformisti che avrebbero potuto simpatizzare con chi cercava di tenere un gruppo di discussione. Doye aveva acconsentito senza esitazione.”
 

Inoltre siamo a fine ‘700 e c’è stata da pochissimo la Rivoluzione Francese che ha portato all’abbattimento della monarchia e l’istaurazione di un governo democratico (almeno sulla carta e/o nelle intenzioni): sono argomenti scottanti, importanti, c’è sicuramente la paura che anche negli altri paesi e quindi anche in Inghilterra possa succedere qualcosa di simile e dall’altro c’è la voglia del popolo, degli operai, dei contadini di informarsi, di migliorarsi (perché lo vediamo dai nostri personaggi lavorare tutto il giorno tutti i giorni non è abbastanza), la ventata di novità gira per l’Europa anche solo sotto forma di desiderio di potersi esprimere.

“Era quello che pensava Amos. Era la sera dedicata allo studio della Bibbia, e l’argomento era la storia di Caino e Abele, ma appena fu sollevato il tema dell’assassinio tutti si misero a discutere dell’esecuzione del re di Francia. Il vescovo di Kingsbridge aveva pronunciato un’omelia in cui affermava che i rivoluzionari francesi avevano commesso un omicidio.
Quella era l’opinione della nobiltà, del clero e di quasi tutta la classe politica britannica. Il primo ministro William Pitt era ferocemente ostile ai rivoluzionari francesi, mentre l’opposizione Whig era divisa: la maggior parte stava dalla parte di Pitt, ma una nutrita minoranza vedeva quanto di positivo c’era nella rivoluzione. Anche il popolo era diviso: c’era chi chiedeva riforme democratiche sulla linea di quelle francesi, mentre i più, cautamente, proclamavano la propria fedeltà a re Giorgio III e si opponevano alla rivoluzione.” 

C’è anche un capitolo (circa quaranta pagine) interamente dedicato alla battaglia di Waterloo, è la prima volta che leggo di questo evento e storicamente ne so poco (so che è la battaglia decisiva per la sconfitta di Napoleone ma non conosco i dettagli tecnici): sono pagine piene di emozioni, sappiamo già chi vincerà ma i nostri, gli uomini di Kingsbridge presenti ce la faranno? E si rimane tutto il tempo col fiato sospeso, sono pagine forti emotivamente. Non è un libro su Napoleone ma comunque seppur con altre millemila cose parla anche degli effetti che ha avuto la guerra che l’Inghilterra ha combattuto per decenni contro Napoleone.

“Rupe sospirò. «Questa maledetta guerra. Ventidue anni e non è ancora del tutto finita. Ha interferito con i nostri affari per gran parte della nostra vita adulta. E poi le rivolte per il pane, la distruzione delle macchine e le leggi che puniscono chi critica il governo. Cosa ci abbiamo guadagnato?»
«Suppongo che il governo direbbe che abbiamo impedito che l’Europa venisse annessa all’impero francese.»” 

Come dicevo prima i personaggi sono tanti, ben caratterizzati e molto interessanti.

La prima che incontriamo è Sal Clitheroe, una donna forte sia livello fisico che soprattutto caratteriale, molto determinata e risoluta, le cui scelte la porteranno a Kingsbridge dove continuerà a lavorare per Amos garantendo un futuro a se stessa e al figlio Kit. Sicuramente una figura femminile forte, non comune dati i tempi ma non per questo meno realistica.

Kit Clitheroe è un ragazzino molto sveglio e ingegnoso, interessato al mondo che lo circonda e al suo funzionamento, dovrà crescere in fretta e iniziare a lavorare ancora prima di compiere i sette anni, età in cui si iniziava a lavorare! A Kingsbridge Sal e Kit divideranno la casa con altri operai in particolare i fratelli Box, Jarge e Joanie.

Non tutti i produttori sono egoisti e prepotenti ce ne sono anche di “buoni” come Amos e Spade.

Amos Barrowfield, che conosciamo intento a fare la gavetta nell’azienda paterna, è un uomo integerrimo, come si conviene ai metodisti, ligio ai doveri anche morali, ha a cuore non solo la propria attività ma anche le persone che lavorano per lui.

“Ad Amos tutto questo non interessava granché. Per lui la religione era come vivevi la tua vita. Era per questo che si arrabbiava quando suo padre diceva: «Io non sono nel commercio per dar da mangiare ai figli degli altri.» Obadiah lo definiva uno sciocco idealista. “E forse lo sono” pensò lui. “Forse lo era anche Gesù”.
Gli piacevano le animate discussioni durante lo studio della Bibbia nella sala metodista, perché lì poteva esprimere la sua opinione ed essere ascoltato con cortesia e rispetto, anziché sentirsi dire di stare zitto e uniformarsi a quello che affermava il clero o gli anziani o suo padre. Inoltre c’era un altro vantaggio: agli incontri partecipavano molte persone della sua età, per cui la sala metodista era diventata, senza volere, una specie di luogo di ritrovo per giovani rispettabili. E poi c’erano un sacco di ragazze carine.”

David Shoveller detto Spade è un artigiano specializzato, un vero amico, uomo leale, sempre aggiornato e informato sulla realtà che lo circonda, con un passato sfortunato e un presente tormentato.

Non può non essere tra i protagonisti la famiglia del vescovo di Kingsbridge Stephen Latimer, seguiamo soprattutto sua moglie Arabella e la figlia Elsie che, nonostante il suo status sociale, si impegna alacremente per aiutare il prossimo in particolare i bambini poveri creando e gestendo una scuola domenicale con Amos.

Il consigliere Joseph Hornbeam: produttore di tessuti e imprenditore, giudice e consigliere cittadino, è un uomo influente e potente, che mira a diventare quantomeno sindaco di Kingsbridge e magari anche deputato in parlamento. È un uomo avido, senza scrupoli, manipolatore, un prepotente che sfrutta ogni occasione per arricchirsi anche e soprattutto a discapito dei più deboli, è senza cuore. Ma nasconde un passato davvero particolare per un uomo del suo status.

Meritano di essere ricordati anche i Riddick, i signori di Badford, il villaggio vicino a Kingsbridge di cui è originaria Sal, in particolare Will e Roger sono quelli che seguiremo di più.

È un romanzo che offre tantissimi spunti di riflessione e approfondimento sia da un punto di vista storico ad esempio le leggi che limitano le libertà della popolazione, la politica del Primo ministro Pitt, le nuove macchine che vengono introdotte ma sono anche molto attualizzabili. Il lettore può domandarsi qual è la situazione oggi, quanti passi avanti e tutele abbiamo guadagnato? Al contempo ricordarsi che purtroppo ci sono molte parti del mondo dove la situazione non è poi cambiata tanto: dove lo sfruttamento del lavoro e il lavoro minorile sono la regola, dove la giustizia è amministrata in modo non imparziale ma per raggiungere i propri fini personali. Personalmente ho visto anche problematiche attuali che sono presenti oggi nel nostro paese, sarà per una mia particolare sensibilità sul tema, ma quando il consigliere Hornbean dice che gli operai che si lamentano è perché non hanno voglia di lavorare mi è sembrato di sentire quella mentalità retrograda e sfruttatrice di chi oggi dice che i giovani non vogliono lavorare perché sono pigri ecc quando invece giustamente non vogliono essere degli schiavi vanificando anche tutti i sacrifici e le lotte combattute negli ultimi secoli.

Romanzo storico coinvolgente e appassionante, che tiene il lettore incollato alle pagine anche grazie alle vicende dei personaggi di fantasia che ben si intersecano con la Storia, offrendo un quadro, una ricostruzione della vita dell’epoca. La storia inglese di un periodo molto interessante e di cui francamente conosco pochissimo in generale.

“Quel pomeriggio Sal fu convocata da sua signoria.
Aveva infranto la legge. Aveva commesso un crimine. Peggio, era una donna del popolo che aveva osato aggredire un gentiluomo. Era nei guai fino al collo.
Il rispetto della legge e il mantenimento dell’ordine erano responsabilità dei giudici di pace, chiamati anche magistrati. Venivano nominati dal lord luogotenente, il rappresentante del re nella contea. Non erano uomini di legge bensì proprietari terrieri. In una città come Kingsbridge c’erano diversi giudici, ma nei villaggi di solito ce n’era solo uno, e a Badford era sua signoria, il signor Riddick.
I crimini gravi venivano giudicati da due o più magistrati, e le accuse che comportavano la pena di morte dovevano essere discusse davanti a un giudice della corte d’assise, mentre i reati minori come l’ubriachezza, il vagabondaggio e le violenze lievi potevano essere valutate da un unico giudice, solitamente nella sua casa.
Il signor Riddick sarebbe stato per Sal giudice e giuria.
Non c’erano dubbi sul verdetto di colpevolezza, ovviamente, ma quale sarebbe stata la punizione? Un giudice poteva condannare un colpevole a passare un giorno alla berlina, seduto a terra con le gambe bloccate dai ferri, una pena che era, più che altro, un’umiliazione.
La sentenza che Sal temeva di più era la fustigazione, una condanna frequente, un evento quotidiano nell’esercito e in marina. Solitamente era pubblica. Il condannato veniva legato a un palo nudo o seminudo, tanto gli indumenti sarebbero stati fatti a brandelli durante l’esecuzione della pena. La frustra usata di norma era il temutissimo gatto a nove code, con nove listelle di cuoio tempestate di pietre e chiodi per infliggere ferite più profonde.
L’ubriachezza poteva essere punita con sei frustrate, una rissa con dodici. Per aver aggredito un signore Sal avrebbe potuto beccarsene ventiquattro, un vero supplizio. Nell’esercito spesso gli uomini erano condannati a cento frustate, e talvolta morivano, ma le pene per i civili, per quanto violente, non era mai così feroci.”


“Hornbeam non era mai stato in battaglia, però immaginava che il rumore fosse simile a quello di una sala piena di telai a vapore. Per tutta la giornata le macchine sbattevano e sferragliavano così forte che era impossibile sostenere una conversazione. Gli operai che lavoravano ai telai per anni spesso finivano col diventare sordi.
Il compito principale degli operai era quello di cercare i difetti nella stoffa: grumo e filo teso o allentato erano i principali. Riparavano i fili strappati con il piccolo nodo piatto del tessitore, e dovevano farlo in fretta per ridurre al minimo il calo di produzione. Altro compito importante era cambiare le spolette ogni pochi minuti, perché il filato si esauriva in fretta a causa del ritmo veloce della macchina. Una persona riusciva a gestire due o tre telai alla volta.
Gli incidenti erano frequenti, causati dall’imprudenza dei lavoratori secondo Hornbeam. Aveva visto la manica penzolante di un operaio restare impigliata in una cinghia di trasmissione e strappargli il braccio dalla spalla.
La spoletta volante era la causa della maggior parte degli incidenti. Si muoveva molto rapidamente, attraversando il passo duo o tre volte al secondo. Era fatta di legno ma doveva avere le estremità metalliche per evitare che si danneggiasse quando andava a sbattere contro l’alloggiamento. Se l’operaio azionava il telaio troppo velocemente, la spoletta colpiva l’alloggiamento con eccessiva violenza e volva fuori ferendo chiunque si trovasse sulla sua traiettoria.”

 

È un volume godibilissimo e scorrevole nonostante la mole (del resto come tutti gli altri libri) che può essere letto anche se non si conosce la saga o se non si è letto l’intera saga perché non ci sono spoiler dei volumi precedenti e non è necessario conoscerli. Ci sono alcuni riferimenti “superficiali” ad esempio viene citato il ponte di Mertin ma in questo modo, un personaggio esce da Kingsbridge passando sul ponte di Mertin, oppure altro personaggio passando sulla strada vede sull’isola dei lebbrosi l’ospitale fondato da Caris oppure si dice che nel cimitero di fianco alla cattedrale c’è la tomba di priore Philip (figura importantissima per la cattedrale e la città): si tratta di accenni che portano alla mente fatti e personaggi della saga e io lettore mi fermo a ripensare a quei personaggi e alle loro storie, ma il lettore nuovo non perde nulla né del presente romanzo né degli altri.

Come in tutti i volumi non mancano storie d’amore tormentante e impossibili, una sorta di lotta tra il bene e il male, tra personaggi buoni e cattivi e lo scontro religioso (che è un elemento che ha caratterizzato la storia inglese nel corso dei secoli) che in questo capitolo è più ideale che materiale e vede contrapposta la chiesa Anglicana ufficiale e il movimento metodista che sta iniziando a prendere avvio. Cit

Veniamo ora ai difetti perché sì ho trovato dei difetti: si tratta più che altro di mancanze che non incidono sulla lettura, in particolare dato il prezzo (ben 27 euro) avrei apprezzato molto la presenza dell’indice e dell’elenco personaggi (che erano presenti in altri volumi della saga) e poi ho trovato magari un po’ tirato il fatto che praticamente tutti i protagonisti hanno a che fare con la battaglia di Waterloo (anche se sono pagine meravigliose e molto importanti nel senso della storia).

Follett è uno di quegli autori main stream, un autore di best seller, di libri con una prosa scorrevole, libri di trama anche e soprattutto come Joel Dicker e Stephen King per fare alcuni esempi. Di suo ho letto solo i libri della saga di Kingsbridge, e mi piacerebbe leggere anche qualcosa d’altro possiedo già la trilogia del secolo, e i primi due volumi della war trilogy più un libro singolo, prima o poi mi deciderò a leggere altro.

Fatemi sapere se avete letto la saga di Kingsbridge e/o altro di Follett.

giovedì 2 novembre 2023

CENA CON DELITTO - film

TITOLO: Cena con delitto
GENERE: giallo, commedia
AMBIENTAZIONE: USA contemporaneo

 



 

 

Lo scrittore Thrombey Harlan organizza una festa per il suo ottantacinquesimo compleanno invitando tutta la sua famiglia, ma il mattino dopo viene trovato morto nella sua camera. Chi l’ha ucciso? Iniziano le indagini e accanto alla polizia investiga anche il famossissimo dective privato Benoit Blanc (interpretato da Daniel Craig, l’ultimo 007). I misteri da risolvere sono parecchi tra questi anche il modo in cui Blanc è stato ingaggiato: una busta anonima piena di soldi con la preghiera di indagare su quanto accaduto. I sospetti ricadono sulle persone in casa quella sera: figli e nipoti di Thrombey, l’anziana madre, la domestica e Marta l’infermiera che lo assiste. Un ruolo importante nelle indagini verrà giocato proprio dalla giovane Marta che ha una dote molto particolare: è incapace di mentire, se dice una bugia vomita, per questo viene reputata dagli investigatori particolarmente affidabile.

La famiglia dello scrittore è grande e disfunzionale, all’apparenza una famgilai felice in realtà i rapporti sono governati/guidati da rancori, gelosie e invidie, tutti nascondono dei segreti e tutti hanno approfittato della genorità del vecchio Harlan ma lui è deciso a dare una svolta alle cose e proprio con l’occasione della festa ha strigliato tutti. Le indagini si dipanano tra varie peripezie fine a scoprire ciò che è realmente accaduto.

Il film si distiunge per il cast eccezionale composto da molti attori famosi

Mi sono approcciata al film perché continuavo a vederlo nella home di Prime Video e senza saperne molto l’ho guardato, l’unica definizione che mi viene in mente è commedia gialla con una sorta di finale da fiaba: è un film che si lascia guardare ma non l’ho trovato così eccezionale. Scrivendo queste righe ho invece scoperto che ha avuto un buon successo, ha ricevuto candidature per gli Oscar (come miglior sceneggiature originale) e ai Golden Globe solo per citare i due premi più prestigiosi. Probabilmente il problema è solo mio, magari mi aspettavo qualcosa di diverso, non ho apprezzato particolarmente le “doti” di Marta. Infine devo raccontarvi un’associazione che ho fatto, guardando video youtube che parlano di libri ho sentito la trama di  “Ritratto di un assassino. Un giallo di Natale” di Anne Meredith edito Vallardi per la collana I classici del giallo della British Library subtio l’ho associato a questo film, poi leggendolo sicuramente saranno diversi ma partono entrambi da un anziano che invita tutta la famiglia a casa per una festa e poi viene trovato morto.

Regista e attori sono piuttosto famosi tra gli altri abbiamo Daniel Craig nel ruolo dell’investigatore Benoit Blanc, Jamie Lee Curtis nel ruolo di Linda (una delle figlie di Thrombey), Chris Evans (che è stato capitan America) nel ruolo di

Vi aspetto nei commenti per sapere se lo avete visto

giovedì 26 ottobre 2023

DIO DI ILLUSIONI di DONNA TARTT

TITOLO: Dio di illusioni
AUTORE: Donna Tartt traduzione di: Iodolina Landolfi
EDITORE: BUR
PAGINE: 622
PREZZO: € 15
GENERE: letteratura america, romanzo di formazione
LUOGHI VISITATI: Vermont (USA)
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“Immagino che vi sia un periodo cruciale, nella vita di ognuno, allorchè il carattere si consolida definitivamente; per me, è stato quel primo semestre autunnale che trascorsi ad Hampden. Tante cose mi porto dietro, da quel periodo, persino oggi: i gusti in fatto di vestiti, libri, cibo – acquisiti allora e in larga parte, lo devo ammettere, a emulazione dei miei compagni di greco – mi sono rimasti attraverso gli anni. È facile per me ricordare tuttora le loro abitudini quotidiane, che poi di conseguenza divennero le mie. Indipendentemente dalle circostanze, vivevano in maniera regolamentata, concedendo ben poco a quella confusione che avevo sempre ritenuto intrinseca alla vita del college – pasti irregolari, e così le ore dedicate allo studio, lavaggio della biancheria all’una di notte ecc.”. Pag 103

 

Protagonista e voce narrante è Richard, un giovane californiano di Plano che si iscrive all’Hampden College nel Vermont grazie a una borsa di studio. Arrivato al college Richard scopre l’esistenza di un corso di greco antico e ne è immediatamente e irrefrenabilmente attratto e farà di tutto per farne parte. Non è tanto la materia in sé ad attrarlo ma l’esclusività, la particolarità degli studenti, la fama del professore e l’alone di mistero che aleggia sul quel piccolo gruppo. Infatti si tratta di un corso di studi molto particolare, chiamato “Lyceum” tenuto dal “leggendario” professor Julian Morrow: è un corso elitario ed esclusivo per soli cinque studenti a cui si aggiungerà Richard. Entrà così a far parte di un gruppo molto particolare, strampalato, avulso dal resto del college (Morrow vieta ai propri studenti di partecipare/seguire altri corsi o lezioni a parte le sue), queste nuove amicizie cambieranno profondamente la sua vita.

“Era un oratore meraviglioso, un parlatore magico, e vorrei essere in grado di fornire un’idea migliore di ciò che diceva; ma è impossibile, per un intelletto mediocre, rendere il discorso di uno superiore – specialmente dopo tanti anni – senza molto travisarlo. La disquisizione di quel giorno verteva sulla perdita dell’io, sulle quattro pazzie divine di Platone, sulla pazzia in generale; cominciò parlando di ciò che lui chiamava il peso dell’io, e del perché la gente se ne vuole liberare.” Pag 48 e 49 

“Dopo la lezione, scesi le scale trasognato, la testa che mi girava, ma acutamente, dolorosamente, cosciente d’essere vivo e giovane in una bellissima giornata: il cielo di un intenso, accecante azzurro, il vento che sparpagliava le foglie rosse e gialle in un turbine di coriandoli.” Pag 55 e 56

 

Mi sono approcciata al libro con aspettative altissime sia per averne sempre sentito parlare bene sia perché della Tartt avevo già letto (e adorato Il cardellino): le aspettative sono state ripagate. All’inizio ho faticato un po’ ad entrare in sintonia, sia per il poco tempo che potevo dedicare alla lettura sia perché ha uno stile narrativo particolare, tosto e io venivo da una lettura molto “semplice” e piana.

Pian piano la vicenda inizia a svilupparsi e tu lettore vuoi vedere come e perché si arriva al delitto e poi come andrà avanti, se finirà lì oppure ci sarà un seguito.

Come detto all’inizio abbiamo un io narrante (Richard) che decide di raccontare la sua vita e in particolare la sua esperienza del primo anno di college, in quest’anno ci saranno alcuni eventi che cambieranno per sempre la vita di Richard.

Il romanzo si presenta strutturato con una macrodivisione: si inzia con un prologo dove viene esposto l’evento cruciale dell’intera vicenda nella prima riga! Questo evento che influirà sulla vita di Richard (e non solo) è un omicidio e Richard ce ne parla nella prima riga del prologo. Il prologo è una sorta di bussola, almeno per me lo è stato, l’ho riletto più e più volte per orientarmi temporalmente, per capire quando avviene il fatto perché ci sono riferimenti stagionali.

 Abbiamo poi un libro primo dove la narrazione si occupa del prima del fatto, ma tu sai che deve accadere (e anche a chi) ti chiedi il perché e quando lo scopri ti chiedi il come e il quando, e sei spinto ad andare avanti per vedere e scoprire. Ha un inizio lento poi un climax crescente fino al fatto.

Il secondo libro: è il dopo, cosa succederà? Verrano scoperti? E come si evolvono i rapporti all’interno del gruppo? Tutto tornerà/rimarrà come prima oppure le cose cambieranno? Anche qui tu lettore hai la curiosità di vedere come si evolve la vicenda.

E poi un epilogo: il finale non riesco a definirlo, non è scontato, non è prevedibile anche se ragionandoci a posteriori ci si può aspettare qualcosa di simile, ma è comunque spiazzante (almeno per me lo è stato). Ho apprezzato moltissimo che dia conto di cosa accade, come si evolve la vita di tutti i personaggi che abbiamo incontato anche di quelli più marginali.

“Incominciai a osservarli, lui e il suo piccolo gruppo di allievi, in giro per il campus. Quattro ragazzi e una ragazza: non erano nulla di strano, a distanza. Da vicino, però, formavano una comitiva singolare – almeno per me, che non avevo mai vito nulla di simile: immaginavo in loro qualità affascinanti e fantastiche.”

Dedico due parole sui personaggi: Richard è un ragazzo comune che va al college grazie a una borsa di studio e contro il parare dei suoi genitori che non lo sostengono, ho empatizzato moltissimo con lui anche se non condivido alcune sue scelte tra tutte entrare al corso di greco antico.  Gli originari componenti del gruppo di greco sono piuttosto singolari, non passano inosservati e almeno all’apparenza sono i classici figli di papà che non hanno problemi economici e che non devono preoccuparsi di cosa faranno da grandi. Abbiamo Henry sicuramente il più inteliggente e bravo, è una sorta di nerd con la fissazione per le lingue anche quelle morte come l’aramaico; c’è poi Francis che è sempre elegante e impeccabile; Edmund detto Bunny che non prende le cose troppo sul serio e i gemelli Macaulay, Charles e Camilla che vestono sempre di bianco e sono inseparabili. Il professor Morrow è un personaggio raccontato magnificamente ma come “persona” non mi è piaciuta, è egoista ed egocentrico, impegnato e interessatos solo a magnificare se stesso, è uno snob, il problema per me non è fare le cose in modo diverso – nel suo caso adottare un metodo di insegnamento non tradizionale – ma farlo con la presunzione e l’arroganza di essere migliore di tutti gli altri.

“Mi è sempre stato difficile parlare di Julian senza mitizzarlo. Per molti versi è quello che ho più amato; ed è con lui che sono maggiormente tentato di abbellire, reinventare, perdonare. Penso che sia perché Julian stesso era costantemente impegnato a reinventare le persone e le circostanze attorno a sé, attribuendo di volta in volta gentilezza, saggezza, coraggio, fascino, ad azioni da tutto ciò assai lontane. Era uno dei motivi per cui gli volevo bene: per la luce lusinghiera in cui mi vedeva, per la persona che diventavo insime a lui, per quello che lui mi ha permesso di essere.”

“Niente tuttavia spiegherebbe la magia della sua personalità, o il perché – anche alla luce degli eventi successivi – abbia tuttora un irresistibile desiderio di rivederlo come lo vidi la prima volta: il vecchio saggio apparsomi dal nulla, su un tratto di strada desolata, con la promessa stregata di trasformare i miei sogni in realtà.
Ma anche nelle favole i vecchi benigni con le loro offerte fascinose non sempre sono quel che appaiono: e questa, che dovrebbe essere una verità non troppo difficile per me da accettare, al punto attuale, invece, per qualche motivo lo è. Più d’ogni altra cosa mi piacerebbe poter dire che il volto di Julian si stravolse al racconto delle nostre azioni […] E la tentazione di attribuigli tali reazioni, di raccontare cose che non corrispondono alla realtà è stata forte.” Pag 572

 

La narrazone è molto ricca, dettagliata, articolata, filosofeggiante, prolissa e piena, piena di riferimenti e rimandi letterari e accademici ed è anche molto erudita: tutto ciò è assolutamente coerente e conforme al contesto di ambientazione del romanzo l’io narrante frequenta un corso di greco antico. Lo dico perché spesso ho sentito delle critiche verso lo stile narrativo usato da Donna Tartt in Dio di Illusioni, voglio fare due osservazioni: anzitutto come detto prima trovo lo stile coerente con il contesto della vicenda ed è questo un dato a mio parere, innegabile; dall’altro devo dire che personalmente adoro le narrazioni prolisse e dettagliate e, in linea teorica, le preferisco a quelle asciutte e scarne (poi bisogna sempre vedere la realizzazione specifica), posso riconoscere che magari qualcosa si poteva anche omettere o tagliare ma a me è piaciuto moltissimo così (mi è capitato il altri libri di avere la sensazione di un brodo che viene allungato, ma non in questo caso).

Come detto nutrivo aspettative altissime che non sono state deluse, ne avevo sentito parlare piuttosto bene e poi avevo già letto di Donna Tartt Il cardellino che mi era piaciuto moltissimo. Donna Tartt è una scrittice poco prolifica al momento sono disponibili tre romanzi (oltre a Il cardellino e Dio di Illusioni, c’è Il piccolo amico che ancora devo leggere) ma sono best seller internazionali con l’ultimo Il Cardellino ha vinto il premio Pulitzer. Spero tanto che arrivi presto un suo nuovo libro. Avendo letto due romanzi su tre vorrei dire che c’è una sorta di schema tipico: un io narrante che con una sorta di flusso di conoscenza ci racconta la sua vita dove uno o più avvenimenti la sconvolgono. Ma potrei sbagliarmi…

È un libro autunnale per antonomasia, uno dei più consigliati da leggere in autunno e infatti io l’ho letto nell’autunno 2022 e lo trovo perfetto per la stagione sia perché in parte, quella iniziale, ambientato in questa stagione, perché è ambientato in un college/scuola che mi fa pensare subito all’autunno e infine per il suo allure creepy.

Fatemi sapere nei commenti se lo avete letto.

giovedì 19 ottobre 2023

LA LOTTERIA DI SHIRLEY JACKSON

TITOLO: La lotteria
AUTORE: Shirley Jackson  traduzione di: Franco Salvatorelli
EDITORE: Adelphi
PAGINE: 82
PREZZO: € 10
GENERE: letteratura americana, letteratura gotica, creepy
LUOGHI VISITATI: indefiniti
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La lotteria di Shirley Jackson è una raccolta di quattro racconti curata dalla casa editrice Adelphi e contiene La lotteria che dà anche il titolo alla raccolta che è uno dei più famosi racconti della scrittrice americana. Per me si tratta del primo approccio alla Jackson ma anche, uno dei primi approcci se non il primo a libri del genere horror, creepy, gotico e misterioso. Shirley Jackson è una regina del brivido e mi ha colpito moltissimo, voglio assolutamente leggere altro di suo, sicuramente Abbiamo sempre vissuto nel castello. La caratteristica principale che ho riscontrato è che riesce a instillare una tensione e un ansia nel lettore raccontando, tutto sommato, fatti “normali”: non servono mostri e fantasmi a spaventare ma è sufficiente il semplice comportamento umano, la paura è dentro gli uomini e deriva spesso dagli uomini. Shirley Jackson è stata riscoperta in Italia, e non solo, grazie a Stephen King che l’ha definita la sua maestra e la sua musa, King che è il re (battuta) indiscusso del genere horror e che voglio prima o poi affrontare tanto più alla luce di questa curiosità perché, come detto prima, i racconti di Jackson mi sono piaciuti davvero tanto.

In generale è una lettura molto veloce, il libro si divora, tiene incollato il lettore alle pagine, con un crescendo di tensione e ansia. Sinceramente non so se mi sono lasciata condizionare, ma io ho provato ansia fin dalla prima riga di ciascun racconto, ho sentito spesso parlare di questa capacità di inquietare il lettore che ha Shirley Jackson e con mio enorme stupore ne sono rimasta piacevolmente colpita.

La trovo una lettura perfetta per il periodo autunnale e di Halloween quando si ricercano atmosfere più creepy, io l’ho letto o meglio divorato il 31 ottobre 2022 e a distanza di quasi un anno ho ancora un ricordo vivido e lucido delle sensazioni da brivido che ho provato.

La raccolta di compone di quattro racconti: La lotteria, Lo sposo, Il colloquio e Il fantoccio; i miei preferiti sono Lo sposo e La lotteria.

Di seguito parlo dei singoli racconti, senza spoiler ma si tratta comunque di racconti piuttosto brevi quindi non andate avanti se volete mantenere la sorpresa…

Inizio da Il colloquio: è molto breve e sicuramente non l’ho capito, lascia molti punti interrogativi e non ci sono grandi appigli, come dice il titolo si tratta del colloquio, del dialogo tra una donna e il medico del marito vertente sulla salute mentale del marito. Dicendo che non l’ho capito dico anche che non mi piace o meglio è quello della raccolta che mi è piaciuto meno.

Il fantoccio: Probabilmente la tensione che provo leggendo è tutta una mia suggestione, mi aspetto qualcosa solo perché so o penso debba accadere. Il racconto verte su due donne che pranzano in un locale dove si esibisce un ventriloquo, ed assistono ad una litigata tra il ventriloquo e la sua ragazza con la particolarità che nel litigio partecipa anche il pupazzo. È intrinseco nello spettacolo del ventriloquo far parlare il pupazzo come se avesse vita propria, però il dubbio che il fantoccio abbia una vita propria a me è venuto sicuramente instillato dalla Jackson, ma c’è…

La lotteria: è un racconto famosissimo di cui sapevo già quasi tutto (in particolare sapevo cos’è, in cosa consiste questa lotteria) ma è stata comunque una lettura sorprendente. C’è questa lotteria, una sorta di gioco rituale propiziatorio che si ripete da tempo immemore, tutto appare come una specie di festa anche se tutti sanno come andrà a finire, qualcuno verrà sacrificato, tutto è bello, utile e importante fino a che non tocca a te… Devo dire che c’è un passaggio durante la pesca che non ho capito, se qualcuno lo ha letto e ne vuole parlare mi confronterei volentieri. Questo racconto viene pubblicato per la prima volta sul New Yorker il 26 giugno 1948 e scatena delle reazioni davvero forti: anzitutto sono molti quelli che pensavano si trattasse di una storia vera o comunque ispirata a una storia vera e quindi parte l’indignazione; altri criticano fortemente Jackson come persona perversa per poter arrivare a immaginare, ideare una cosa tanto macabra (che poi se pensiamo a cosa ha fatto l’uomo ai propri simili nella Storia La lotteria non è poi neanche male) e infine c’è stato anche chi voleva assistere… 

Lo sposo: è il mio preferito, in questo racconto (come negli altri a parte forse La lotteria) non c’è assolutamente nulla di inquietante se prendiamo i fatti, la vicenda narrata in se e per se ma comunque la Jackson mette addosso al lettore un ansia incredibile, almeno a me, crea una tensione che non riesci a staccarti dalle parole. La storia è molto semplice: la protagonista è una donna il giorno del suo matrimonio la seguiamo da quando si sveglia e inizia a prepararsi per il grande giorno fino alla ricerca spasmodica del suo amato che le ha dato buca, in due parole sedotta e abbandonata, nulla di inquietante, nulla di misterioso se non un semplice inganno, un uomo approfittatore, ma il modo in cui questa storia tanto semplice e se vogliamo banale viene raccontata è qualcosa di incredibile.

Sono molto contenta di aver scoperto Shirley Jackson e voglio assolutamente approfondire la conoscenza; ho detto più volte che il genere horror o creepy non è il mio ma per Jackson valgono tutte le eccezioni, se non la conoscete fatevi un regalo e leggetela!

Fatemi sapere nei commenti se avete letto qualcosa di suo e cosa mi consigliate.