giovedì 3 agosto 2023

IL GRAN SOLE DI HIROSHIMA DI KARL BRUCKNER

TITOLO: Il gran sole di Hiroshima
AUTORE: Karl Bruckner  traduzione di: Maria Minnellono
EDITORE: Giunti Marzocco
PAGINE: 180 circa
PREZZO: € 9 circa
GENERE: letteratura per ragazzi, letteratura austriaca, letteratura di guerra
LUOGHI VISITATI: Giappone 1945 e anni successivi
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Il Gran Sole di Hiroshima è un libro per ragazzi dello scrittore austriaco Karl Bruckner che si occupa di narrare alcune vicende legate alla Seconda guerra mondiale in particolare, come si intuisce dal titolo, si occupa della bomba atomica su Hiroshima.

A mio parare il libro può essere idealmente suddiviso in tre parti strettamente legate al lancio della prima bomba atomica: il prima, il giorno del lancio o meglio il lancio e il dopo.

Il prima della bomba: siamo a luglio 1945 in Giappone precisamente nella città di Hiroshima (che se non ho capito male doveva essere molto importante nell’ambito della produzione bellica giapponese e ospitare anche importanti basi militari) e la narrazione procede parallela su più fronti.  Abbiamo anzitutto la storia dei fratelli Sasaki, Scigheo (dieci anni) e Sadako (due anni), due bambini che devono prendersi cura l’un l’altra, la mamma lavora in una fabbrica mentre il papà è soldato lontano, di giorno girano per la città ingannando il tempo (e la fame). In questa parte emerge la vita nel Giappone in guerra: un vita fatta di privazioni e limitazioni, deduciamo come tutta la società fosse “militarizzata” e impiegata nello sforzo bellico, tutti coloro che sono abili e/o utili vengono impiegati: gli uomini nell’esercito, le donne nelle fabbriche o in altre attività utili, i ragazzi troppo giovani per arruolarsi fanno parte dei servizi ausiliari. Solo i bambini piccoli e i vecchio restano “a casa” e passano il tempo a rammaricarsi di non poter essere a loro volta utili. Schigheo è un bambino a cui piacciono i soldati e il suo passatempo preferito è proprio quello di andare ad ammirarli nei vari centri di formazione, così facciamo la conoscenza di alcuni soldati, dei loro doveri e obblighi anche morali e degli addestramenti. Ma durante le loro esplorazioni della città fanno conoscenza anche con gruppo di ragazzi dei Servizi Ausiliari, impegnati ad abbattere interi quartieri di case di legno per meglio “sopportare” un eventuale attacco.

 “Dopo il colloquio con Schigheo, Kanjiro ritornò di malumore al suo gruppo. A pensarci bene, questo ragazzino di dieci anni aveva dato una stoccata a lui, che aveva cinque anni di più. Per poco non l’aveva denunciato al capo-gruppo, per sospetto di furto! Il suo zelo l’avrebbe tradito; in conseguenza del suo atto avrebbe ricevuto un rimprovero. Voler accusare di furto un ragazzo che non poteva ancora essere arruolato al lavoro, che doveva badare alla sorellina, che aveva i padre soldato e la madre operaia in un’industria bellica! Che stupidaggine! Il ragazzo avrebbe detto: ho chiesto allo studente solo un pezzo di carta dipinta per farne un giocattolo per la mia sorellina. E sarebbe stata la verità. Lui, Kanjiro, avrebbe certo potuto ribattere: questo ragazze mente, l’ho acciuffato mentre stava per portar via l’intelaiatura. Ma un Yonekura non mente; lo deve al proprio onore. Quando incita i suoi compagni a lavorare con maggior diligenza, questo è il suo dovere di sotto-capogruppo. Se denuncia qualcuno che batte la fiacca, anche questo è un suo dovere. Ma accusare falsamente qualcuno per mostrarsi zelante, al proprio superiore, questo non lo farebbe mai. Ha già raggiunto un posto abbastanza importante e può sperare in un’ulteriore promozione… nel caso che la guerra duri ancora abbastanza a lungo. Altrimenti dovrà tornare a studiare e questo non gli piace. Odia lo studio. Non è un bravo scolare. I maestri non l’hanno mai lodato; il babbo l’ha spesso rimproverato, ma ora è orgoglioso di suo figlio Kanjiro e racconta a tutti: «Il mio ragazzo è sotto-capogruppo nel servizio ausiliario; e in seguito vuole diventare ufficiale, vuole arrivare fino a generale… sì, il mio ragazzo è in gamba».”

 

 Ma la panoramica sui ragazzi coinvolge anche altri del gruppo di Kenjiro e non tutti sono zelanti e soprattutto “prestati/votati” alla causa come lui, c’è chi sogna la pace e la normalità…

Poi ci sono gli Americani, un gruppo vario di soldati americani di stanza alla base sull’isola di Tinian: con loro partecipiamo a voli di ricognizione e viviamo la quotidianità all’interno della base militare, dove iniziano i preparativi per qualcosa di grosso e di nuovo che però è tenuto segreto! Gli uomini che conosciamo sono diversi ma fondamentalmente sono persone con le stesse aspirazioni di tutti….

“Il capitano Kennan si concesse un’occhiata in giù. Vide il delta del fiume Otha e le sei isole su cui era costruita Hiroshima. Il panorama della città lo impressionò molto. Doveva fare un viaggio in Giappone, in tempo di pace, sarebbe stata certamente una cosa stupenda. Avrebbe portato con sé Liddy, sua moglie, e i suoi bambini Evelyn e Bud. E avrebbe visitato con loro tutte le città che aveva sorvolato in guerra, quand’era pilota di un ricognitore. Quando sarebbe finita la guerra?”

Nella “parte centrale” il romanzo si occupa della cruciale giornata dello sgancio della bomba: viviamo la giornata al fianco tutti i personaggi che abbiamo incontrato, quindi i fratelli Sasaki e i loro vecchi vicini, ma anche i ragazzi del Servizio Ausiliario, i soldati giapponesi e naturalmente degli uomini a bordo dell’Enola Gay (il bombardiere che sgancia la bomba).

E poi c’è il dopo. Il “dopo” è interamente incentrato sulla famiglia Sasaki e sulla vita di Sadako. Miracolosamente la famiglia si riunisce e il padre rimette in piedi, con tantissimo sforzi, la sua attività di barbiere. Qui conosciamo la vita nella Hiroshima degli anni successivi alla bomba: un paese distrutto dalla guerra e dall’uso di una nuova micidiale arma, un periodo di sacrifici, sofferenza, commemorazioni e piano piano di ritorno alla normalità. Normalità che ad un certo punto verrà spezzata, perché la bomba tornerà a fare visita alla famiglia Sasaki.

Ci sono alcuni elementi che secondo me caratterizzano il libro. Iniziamo con il fatto che la narrazione procede parallela, soprattutto nelle prime parti abbiamo un continuo cambio di soggetto/inquadratura e all’inizio non è facilissimo orientarsi, però se ci si lascia trasportare dalla storia, senza chiedersi troppo (o meglio troppo presto) i protagonisti, poi ci si abitua, si capisce il meccanismo e si procede con la lettura. Per me i protagonisti indiscussi sono i fratelli Sasaki però incontriamo anche altri personaggi e nell’insieme è possibile farsi un quadro complessivo della situazione.  Un aspetto che personalmente ho apprezzato molto è che per tutti i “personaggi” che incontriamo sappiamo cosa succede loro dopo lo scoppio della bomba, se sopravvivono o meno.

Altro aspetto fondamentale è la commistione giapponesi/americani che nella narrazione si sviluppa in entrambe le parti in modo diverso: nella prima attraverso i capitoli dedicati ai soldati americani, nella seconda parlando dei dottori e degli ospedali che gli americani hanno aperto per curare soprattutto le vittime della bomba, perché la bomba ha degli effetti anche a lungo termine

È questo un aspetto su cui forse non si riflette abbastanza e a cui non avevo mai pensato in modo approfondito: la bomba atomica non si è limitata ad uccidere migliaia di migliaia di persone all’istante, nel momento in cui è esplosa (ok, è una bomba esplode e uccide persone) ma i suoi effetti si sono manifestati anche nei decenni successivi! Chi è miracolosamente scampato all’esplosione, pur trovandosi in città o nelle sue vicinanze, non può ritenersi (necessariamente) salvo, oltre all’esplosione ci sono le radiazioni che hanno effetti negativi sul corpo umano e portano all’insorgere di malattie quali leucemie e simili, che si manifestano col tempo. Tutto ciò rende quest’arma ancora più micidiale e devastante di quanto possa apparire.

Infine Bruckner evidenzia il lato umano sia dei giapponesi (che sono visti in maniera negativa nel senso che sono i cattivoni responsabili dell’attacco kamikaze a Pearl Harbour, in questo senso mi sento di avvicinare il libro a Il rogo di Berlino che narra le vicende del popolo tedesco, altri cattivi del secondo conflitto mondiale) che degli americani, in questo caso sono i cattivoni che usano la bomba atomica. Soprattutto nella prima parte viene messo in luce il lato umano dei soldati americani: in fondo sono uomini come tutti gli altri. Ed è questa una cosa ovvia se vogliamo ma molto importante da ricordare (senza assolutamente sminuire la gravità di quanto accaduto e delle scelte fatte, scelte che però non sono state compiute dai singoli uomini, o meglio dai singoli uomini a bordo dei bombardieri che hanno sganciato le bombe) e mostrare il lato umano per me significa mostrare come tutti gli uomini sulla terra siano uguali, abbiano le stesse preoccupazioni e aspirazioni, e come è stupido farsi la guerra (lo è sempre stato, lo era nel ‘45 ma a mio parere lo è forse ancor di più oggi, eppure nel mondo ci sono ancora tante guerre).

Inoltre, anche se è un libro per ragazzi emergono forti alcune caratteristiche tipiche della cultura giapponese, che ho avuto modo di comprendere e conoscere leggendo anche altri libri: come il culto del superiore, della diligenza e della dedizione, del rispetto degli ordini e delle gerarchie e la deferenza verso gli anziani.

Il libro fondamentalmente racconta la storia vera di Sadako Sasaki, non so precisamente quali siano i limiti delle licenze/libertà che si è preso Bruckner ma il nucleo fondamentale del romanzo si basa su una storia vera. La storia di Sadako è stata narrata anche in un altro libro “Sadako and the Thousand Paper Cranes” di Eleanor Coerr che però non è disponibile in italiano.

Ho visto essere il libro più “famoso” e importante di Bruckner: io l’ho letto per caso perché l’ho trovato in casa, era stata una lettura estiva ai tempi delle scuole medie di mia mamma o di mio zio, infatti lo possiedo in un edizione “vintage” che non mi fa impazzire. E l’ho letto due volte, la prima anni fa quando appunto l’ho trovato e poi adesso perché volevo parlarvene e mi è sembrato giusto rileggerlo per poterlo fare con maggior consapevolezza. Avendolo già letto sapevo già cosa sarebbe successo, cosa aspettarmi ma è stata comunque una lettura molto dolorosa che mi ha richiesto del tempo. È un libro per ragazzi che tratta di un argomento che si studia a scuola (alla seconda guerra mondiale ci si arriva, forse non si va oltre ma fin lì si arriva) eppure nella mia esperienza scolastica non l’ho mai incontrato, nel senso che non è mai stato consigliato; inoltre non ne ho mai sentito parlare sui vari social e blog che trattano di libri, è sconosciuto e non ne capisco la ragione.

Chiusa la polemica. Fatemi sapere se avete letto questo libro e cosa mi consigliate che si occupano della bomba atomica su Hiroshima?

giovedì 27 luglio 2023

IL LIBRO DEL MARE DI MORTEN A. STRØKSNES

TITOLO: Il libro del mare
AUTORE: Morten A. Strøksnes
traduzione di: Francesco Felici
EDITORE: Iperborea (io collana in collaborazione con il Corriere della Sera)
PAGINE: 330
PREZZO: € 17,50
GENERE: letteratura norvegese, letteratura nordica, avventura e reportage
LUOGHI VISITATI: Mare del Nord, isole Lofoten
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Il libro del mare o come andare a pesca di uno squalo gigante con un piccolo gommone sul vasto mare: è un libro che promette avventure mirabolanti, due amici, due appassionati di mare si mettono in testa di pescare uno squalo della Groenlandia e per questo battono il mare del Nord a bordo di un gommone. Mi aspettavo un libro divertente e tragicomico.

Avevo aspettative altissime, perché quando ne ho sentito parlare ho sentito solo lodi (preciso che non ho fatto una ricerca specifica, ma mi è capitato di sentirne parlare) inoltre dal sottotitolo mi aspettavo qualcosa di divertente, tragicomico e pieno di avventure. E sicuramente di avventure tragicomiche i nostri protagonisti, che cercano di catturare uno squalo della Groenlandia muovendosi su un minuscolo gommone, ne vivono ma c’è anche molto altro.

“Erano storie che accendevano la fantasia di Hugo, e per quarant’anni erano rimaste a fermentargli dentro. Quando parlava dello squalo della Groenlandia, il suo sguardo aveva una luce speciale e la sua voce cambiava: le storie sentite da bambino non avevano mai smesso di far presa su di lui. E aveva visto la maggior parte dei pesci e degli animali che popolano il mare, ma non aveva mai visto uno squalo della Groenlandia.
E io neppure. Non dovette sforzarsi molto per convincermi, abboccai all’amo, per così dire, d’istinto: anch’io sono cresciuto vicino al mare e ho sempre pescato, fin da ragazzino. Sentir la lenza tirare mi ha sempre dato quella sensazione che dal profondo potesse venire su qualunque cosa. C’era tutto un mondo là sotto che ospitava innumerevoli creature di cui non sapevo nulla. Sui libri vedevo le figure delle specie marine conosciute ed era già più che sufficiente: la vita in mare appariva più ricca e affascinante di quella sulla terraferma. Strane creature nuotavano ovunque, quasi sotto il nostro naso, ma noi non potevamo vederle né individuarle, solo intuire quello che avveniva laggiù.” Pag 17 e 18

“In effetti avevo un sacco di altre cose da fare, quando risposi senza esitazione: Sì, andiamo per mare a caccia dello squalo della Groenlandia.” Pag 18

Quella che viene raccontata è un’esperienza reale: Strøksnes e il suo amico Hugo davvero si sono cimentanti in questa impresa particolare e assurda. Ma la narrazione delle avventure, delle spedizioni in mare “a caccia” dello squalo sono intervallate o meglio interrotte da continue e lunghe digressioni.

Le digressioni sono l’elemento caratteristico e determinante del libro, della sua narrazione e della sua struttura: ogni cosa che il nostro narratore vede è occasione per raccontare e divagare. Ad esempio in mare vede una balena? Ecco che ci sono pagine e pagine e pagine dove si parla delle balene, della caccia alle balene e anche delle balene nella letteratura con citazioni di Melville e del suo celeberrimo Moby Dick.

Queste digressioni sono, secondo me, sia un punto di forza che un punto di debolezza del libro. Punto di forza perché sono una fonte di curiosità e approfondimenti pazzeschi e molto interessanti; è un libro documentario, è quasi come leggere un documentario storico e naturalistico. Punto di debolezza perché rendono la lettura lenta, faticosa, talvolta anche noiosa (non tutti gli approfondimenti li ho trovati interessanti, ma ovviamente sono gusti personali).

Tra i protagonisti del libro c’è il Mare del Nord, in particolare quello che lambisce le isole Lofoten in Norvegia. Anche se io lo associo sempre all’estate dato il titolo, quello qui protagonista è un mare molto diverso da quello a cui siamo abituati noi “mediterranei” o almeno io (che se penso al mare immagino spiaggia, ombrellone, sole e caldo), qui il mare è freddo anche d’estate, è fonte di sostentamento (principalmente per la pesca e non per la villeggiatura), un mare che dà molto ma che richiede anche sacrifici; vengono descritti in una sorta di excursus anche come si viveva e pescava in quelle zone nel corso dei secoli. Altro protagonista è un particolare abitante del Mare del Nord: lo squalo della Groenlandia che è una specie di reperto archeologico vivente, uno squalo molto grande ma soprattutto molto longevo si parla addirittura di centinaia d’anni di età.

“Lo squalo della Groenlandia è un essere ancestrale che nuota negli abissi dei fiordi norvegesi, fina quasi al Polo Nord. Gli squali abissali normalmente sono molto più piccoli di quelli che vivono in acque più basse. Lo squalo della Groenlandia è la grande eccezione. Può essere più grosso dello squalo bianco, ed è quindi il più grosso squalo carnivoro del mondo (lo squalo elefante e lo squalo balena sono più grossi, ma si nutrono di plancton). I biologi marini hanno recentemente scoperto che può raggiungere forse i quattro o addirittura i cinquecento anni di età. Il che lo rende di gran lunga il vertebrato più longevo del pianeta. Quello che dovremmo catturare magari se ne andava già placidamente in giro per i bui abissi dell’oceano prima che il Mayflower salpasse verso la nuova colonia della Virginia del Nord, o che Nicolò Copernico scoprisse che era terra a girare intorno al sole.”

Ho faticato a portarlo a termine, è un libro che mi sono trascinata per più di un mese (nonostante avessi tempo per leggere) probabilmente, mi rendo conto a distanza di tempo che avrei quantomeno dovuto intervallare la lettura con altro invece di intestardirmi. È un libro di cui conservo ricordi piacevoli, il problema principale non è tanto o solo la lentezza ma il fatto che io mi aspettassi qualcosa di diverso e il fatto che sia diverso da quello che io (erroneamente) mi aspettavo me lo fa piacere meno, una sorta di rapporto di amore/odio. Ne consiglio la lettura anche e soprattutto a chi come me è una persona curiosa però con la consapevolezza della massiccia presenza di digressioni che rendono più lenta (e se vogliamo difficoltosa) la lettura. 

Strøksnes mi incuriosisce e mi piacerebbe leggere altro di suo, aspetto vostri consigli in merito.

Fun fact: mentre butto giù i miei pensieri non ho il libro sotto mano, allora vado su Google perché volevo scrivere già corretto il sottotitolo e il nome dell’autore (proprio due dati da nulla) e cosa scopro? che viene classificato come saggio! Sicuramente non è una classificazione universale ma l’ho vista, ecco che capisco tante cose….

Fatemi sapere nei commenti se lo avete letto e cosa ne pensate.


 

giovedì 20 luglio 2023

GLI ANNI DELLA LEGGEREZZA - SAGA DEI CAZALET VOL. 1 DI ELIZABETH JANE HOWARD

TITOLO: Gli anni della leggerezza - Saga dei Cazalet vol. 1
AUTORE: Elizabeth Jane Howard
traduzione di: Manuela Francescon
EDITORE: Fazi
PAGINE: 606
PREZZO: € 13
GENERE: letteratura inglese, saga famigliare
LUOGHI VISITATI: Londra - Sussex: anni 1937 e 38
acquistabile su amazon: qui (link affiliato)

 

 


 

 

I Cazalet sono una ricca famiglia dell’alta borghesia londinese, che possiede una ditta di import/export di legname a Londra, dove vivono la maggior parte dell’anno, hanno però una residenza nel Sussex chiamata Home Place dove si ritrovano tutti assieme soprattutto le estati ed è qui che sono ambientate le vicende di questo primo capitolo.

Essendo il primo libro di una saga famigliare di ben cinque volumi viene dedicato tempo alla conoscenza dei membri della famiglia e dei personaggi che vi gravitano attorno.

Alla base ci sono “i capostipiti” William Cazalet detto Il Generale e Kitty Barlow detta la Duchessa, dalla loro unione sono nati quattro figli, tre maschi tutti spostati (Hugh, Edward e Rupert) e una femmina Rachel.

Il figlio maggiore Hugh è sposato con Sybil e hanno due figli Polly (12 anni) e Simon (11) e in questa prima estate di conoscenza arriverà anche William. Sono una coppia affiatata e innamorata ma Hugh e Sibyl, che pur si amano profondamente e sinceramente, hanno un grande problema di comunicazione, non parlano o meglio non esprimono davvero loro stessi, i loro sentimenti per paura di ferire o dispiacere l’altro così si trovano a fare cose che non vogliono nella convinzione che faccia piacere all’altro anche se non è così. Mi sono piaciuti molto come coppia però talvolta mi è venuta voglia di prenderli per mano metterli in una stanza e dir loro la verità, tutte le cose che non si dicono.

Il secondo figlio, Edward è sposato con Viola (detta Villy), hanno tre figli Louise (14 anni), Teddy (13) e la piccola Lydia (6). Qui la situazione di coppia è un po’ diversa per le differenze di carattere e temperamento dei protagonisti, Edward è un dongiovanni e ha delle amanti mentre Villy passa il tempo annoiandosi della vita domestica e famigliare, perché fare la moglie e la madre non era la sua aspirazione, avrebbe bisogno di un impiego esterno un lavoro ad esempio, ma i tempi, la società dell’epoca prevede altro: per le donne di buona famiglia, seppur magari prima di sposarsi lavorano, dopo il matrimonio è impensabile, il loro ruolo è la famiglia, la casa dove tra l’altro sottolineerei che hanno anche poco da fare perché c’è la servitù…

Ultimo figlio maschio è Rupert, rimasto vedovo dalla prima moglie da cui ha avuto due figli Clary (12 anni) e Neville (7), si è risposato con Zoe una giovane donna non adatta e non pronta alla vita domestica di moglie e madre. Zoe è una stronza colossale, egoista, antipatica, snob, altezzosa, capricciosa e assolutamente non in grado di prendersi cura dei figli di Rupert, in questo primo libro è piuttosto antipatica… Rupert è un pittore che si barcamena come può per conciliare il suo desiderio di essere artista con la necessità di mantenere la famiglia.

E infine abbiamo l’unica figlia femmina: Rachel, lei non è sposata ma intrattiene un rapporto di amicizia molto stretto con un’insegnante di violino di nome Sid. Rachel è ingenua e buona, sacrifica la sua vita per gli altri, sta accanto ai genitori, è il loro bastone della vecchiaia e si occupa di molta beneficenza soprattutto con i bambini.

Ma non finiscono qui i protagonisti perché le estati a Home Place vedono invitati anche Jessica (la sorella di Villy) con al relativa famiglia, l’istitutrice Miss Milliment e poi tutta la servitù.

La Howard ci restituisce una bellissima e affascinante contestualizzazione storico e sociale, fornisce un quadro completo della società dell’epoca: conosciamo la vita, le speranze, le ambizioni e i sentimenti sia della classe alto borghese a cui appartengono i Cazalet ma anche della classe media che è qui rappresentata dalla famiglia di Jessica e di quella ancor più modesta e medio povera della servitù e degli insegnanti privati raccontando anche la loro vita e le loro esperienze ad esempio anche come passano il pomeriggio libero, quali svaghi, quali ambizioni e progetti.

È un romanzo che fornisce un’ottima inquadratura della società dell’epoca, una società che si trova in una fase di transizione tra il vecchio mondo vittoriano ottocentesco e un mondo nuovo con nuove politiche e aspettative e ambizioni. Queste diversità di vedono in alcune cose come il modo delle donne nelle varie generazioni di rapportarsi a qualcosa di assolutamente naturale come il ciclo mestruale, per le più vecchie come La Duchessa è impensabile parlare con altre persone (anche altre femmine e di famiglia) di cose corporali, la generazione di Villy è ancora bigotta ma un pochino più aperta e poi la generazione di Zoe che invece parla apertamente e fa ricorso anche agli assorbenti. È curioso come a pensarci bene spesso è un argomento ancora oggi tabù, purtroppo non siamo andati oltre il modo di pensare della generazione intermedia di Villy, se ne parla ma sempre come qualcosa di “sporco” e “vergognoso” e solo per lo stretto necessario. Poi ovviamente altro aspetto di diversità è la questione lavorativa per le donne: come detto Villy vorrebbe avere un impiego ma la società non lo prevede, mentre ad esempio la generazione della Duchessa non avrebbe nemmeno immaginato una vita diversa dal matrimonio, almeno per le classi sociali più abbienti. Altro aspetto che emerge è il ruolo della donna all’interno della società, pur essendo le donne narrate/descritte nella saga anche molto diverse tra loro anzitutto a livello di estrazione sociale, e come anticipato la Howart ci fornisce un quadro anche delle domestiche, un aspetto che emerge prepotente è questo: una donna lavora (anzitutto solo se necessario per mantenersi, quindi se appartiene ad uno degli strati più bassi della società, ad esempio Rachel non si è sposata e non lavora ma riceve un vitalizio dai genitori) e poi solo finché si sposa, dopodiché la società esige che si dedichi esclusivamente alla cura del marito e dei figli.

“Se avesse proseguito la carriera, tutto sarebbe stato diverso. Sapeva, dai tempi in cui si esibiva con la compagnia, che le ragazze restavano incinte, ma tale era lo spirito di dedizione – ricordava bene i piedi sanguinanti, i dolori fortissimi per gli strappi muscolari durante spettacoli interminabili, le ore passate a letto tra una prova e l’altra perché Djagilev non pagava i ballerini per settimane intere e toccava vivere con un litro di latte a un paio di panini al giorno – che un aborto clandestino era visto come uno dei tanti rischi che si correvano per amore dell’arte. Ma lei, sposandosi, era uscita da quel mondo per entrare in uno in cui una donna poteva dedicarsi solo a mettere al mondo bambini e dare ordini ai domestici. La vita era una gigantesca trappola predisposta dagli uomini, pensò, e il sesso, da cui era pur logico che una donna si guardasse bene considerando a cosa si riduceva – ore e ore di sgradevoli, dolorosi e infine noiosi rapporti intimi da cui, per qualche ragione, non si ricavava alcuna soddisfazione - , non era altro che moneta di scambio da cedere in cambio della sicurezza e degli agi derivanti dal fatto di essere una coppia e di passare, del resto, anche momenti piacevoli insieme. Ma poi, se solo pensava alle donne nubili che conosceva! Commiserate, trattate con condiscendenza… non erano certo da invidiare. Se pure avesse continuato a danzare, a quel punto della sua vita la sua carriera sarebbe in ogni caso finita. O comunque non più al suo culmine.” Pag 392 e 393

 

I personaggi sono delineati in modo raffinato, ognuno con le proprie caratteristiche, i propri pregi e i propri difetti che non vengono sottaciuti, sono “veri” e assolutamente realistici ed è una cosa che ho apprezzato moltissimo, oltre alla trama ci sono i personaggi, che sembrano la descrizione di persone reali, quasi amici di famiglia, ed è un po’ così che si sente il lettore a leggere delle vicende dei Cazalet, un amico di famiglia!

Anche in questo primo volume si delinea un tratto che, a mio parere, contraddistingue tutta la saga: viene data preponderanza alla narrazione delle vicende dei personaggi femminili, non che i maschi restino in secondo piano però secondo me c’è una maggior concentrazione/attenzione sulle donne e quindi anche sulla condizione femminile, si tratta di una semplice constatazione, non è né un limite né una critica.

“La casa ormai si riempiva di suoni, voci di bambini, le domestiche che apparecchiavano la tavola per la colazione nell’ingresso, la radio accesa nello studio di William che doveva essere già tornato dalla cavalcata mattutina, il pianto del piccolo Wills e, all’esterno, McAlpine che falciava il campo da tennis.” Pag 471

Questo primo romanzo, ambientato durante le estati del 1937 e del 1938 si intitola “Gli anni della leggerezza”. La leggerezza io l’ho trovata solo nella prima parte del romanzo, dove c’è tanta spensieratezza, soprattutto nei più giovani. Si svolge in estate e accompagnamo la famiglia nelle vacanze estive, quando si ritrovano tutti a Home Place nel Sussex, la residenza di campagna dei Cazalet, donne e bambini ci passano tutta l’estate mentre gli uomini vengono sempre il fine settimana. La vita a Home Place scorre secondo precisi rituali, assistiamo quindi al passare delle giornate dove i cugini stanno tutti in compagnia, ci sono le tanto agognate gite al mare e i giochi.

Nella seconda parte inizia ad aleggiare lo spettro di una possibile nuova guerra, prima in modo molto sfumato e poi con maggior prepotenza e questo sconvolge le vite dei protagonisti, c’è anche chi la guerra l’ha fatta e provata sulla propria pelle, infatti Hugh ed Edward hanno combattuto in Francia durante la prima guerra mondiale. Ma lo spettro di una nuova guerra non è l’unica fonte di preoccupazione per i personaggi, alcuni in particolare si trovano a dover vivere dei cambiamenti difficili e non vengono compresi dalla famiglia. Tra questi c’è Louise, che è la più grande delle cugine, si trova a vivere quella particolare fase adolescenziale dove si trova fuori posto e a disagio sia con gli adulti perché non è ancora così grande sia con i piccoli e in particolare con le cugine Clary e Polly che fanno ancora giochi da bambine.

Un romanzo familiare ma anche storico meraviglioso, le vicende di una famiglia che si intrecciano con la Storia, mi è piaciuto moltissimo e non vedo l’ora di continuare a leggere di questa famiglia.

Vi aspetto nei commenti per sapere se conoscete i Cazalet e qual è il vostro personaggio preferito.