giovedì 12 ottobre 2023

LA MASCHERA DI CERA - FILM

TITOLO: La maschera di cera

GENERE: horror, thriller
AMBIENTAZIONE: USA anni 2000



Inizio con una premessa (a mio parere) fondamentale non sono un amante dei film horror, non sono un’appassionata e penso che questo sia uno dei pochissimi del genere che ho visto. L’horror come genere non mi piace, o meglio mi spaventa motivo per cui non mi ci avvicino. Vi chiederete perché l’hai guardato? Perché alla mia dolce metà (uguale marito Ale) piacciono tutti quei film con mostri, vampiri, horror e simili, solitamente se li guarda da solo al computer ma nei primi mesi con Giulia lì poteva guardare anche in tv e così è capitato che mentre facevo le coccole alla bambina e l’addormentavo ho buttato l’occhio e alla fine l’ho guardato per curiosità. Cosa che succede praticamente sempre quando guardo un film con Ale, lui si addormenta a una pubblicità mentre io lo finisco e quando andiamo a dormire mi tocca pure raccontarglielo…

La cosa che più mi ha colpito e che mi ha portato a guardare all’inizio il film è la presenza di Paris Hilton, la ricchissima ereditiera famosa verso gli anni 2000 che mai avrei pensato facesse un film horror

Un film che definirei splatter e young adult (ribadisco che non sono né appassionata né esperta). La prima cosa che salta all’occhio è che i protagonisti sono quasi tutti ragazzi giovani e sono interpretati da giovani attori, ho letto che ha vinto svariati premi e riconoscimenti proprio in questo settore. Inoltre è stato anche il primo film per il regista Juam Collet-Serra. Nel cast spicca (per notorietà) Paris Hilton e questa cosa mi ha incuriosito, all’inizio l’ho guardato solo per questa ragione e poi perché volevo vedere come andava a finire la storia. Non sapevo che la Hilton avesse partecipato a dei film e mai mi sarei aspettata un horror, invece, maledetti i pregiudizi ha recitato in svariati film anche di registi importanti. Una delle principali critiche mosse a “La maschera di cera” è proprio la presenza dell’ereditiera, purtroppo è facile e diffuso che quando personaggi famosi, ma non attori professionisti, recitano ci siano una valanga di critiche e di detrattori, tra l’altro erano gli anni della massima notorietà, il film è del 2005 e - non vorrei dire cavolate ma - intorno agli anni 2000 la Hilton era famosissima nel senso che la si vedeva e si leggeva di lei ovunque, io ero poco più di una bambina e me lo ricordo, mentre ora non se ne sente più parlare (da dire che non sono una frequentatrice di programmi gossip e simili). Le critiche mosse a Paris Hilton sono perlopiù ingiuste nel senso che ha interpretato il ruolo assegnatogli punto. Per quanto riguarda gli altri attori all’epoca del film erano tutti giovani attori a inizio carriera e che recitavano in ruoli adatti alla loro età anagrafica in film e serie tv e sit com; in generale non sono una grande fan di tutto ciò che è “young adult”, cioè incentrati sugli adolescenti o sui giovanissimi. Facendo delle ricerche ho letto che poi praticamente tutti hanno sviluppato delle carriere interessanti e alcuni hanno ricoperto ruoli iconici così ad esempio Jared Padalecki che interpreta Wade che è poi diventato famossissimo grazie alla serie tv Supernatural e infine Elisha Cuthbert che interpreta Carly è conosciuta in tutto il mondo per la serie tv 24.

Veniamo ora alla trama: un gruppo di giovani ragazzi (Wade, Carly, suo fratello Nick, Dalton, Blake e Paige) sta andando a vedere una partita di football in trasferta, durante il viaggio si fermano a dormire all’aperto perché una delle macchine (quella di Wade) ha avuto un guasto. La mattina successiva mentre alcuni ripartono, Wade e la fidanzata Carly vanno nella cittadina vicina – Ambrose -   per acquistare il pezzo di ricambio. Ci sono parecchie stranezze: la cittadina è minuscola, direi quasi fantasma, e mentre aspettano il meccanico, gironzolando per il paese i due fidanzati scoprono un museo delle cere, qualcosa di bellissimo, una casa piena di statue di cera a grandezza naturale che raffigurano delle persone intente a fare delle azioni. Ben presto scopriranno che quelle statue sono ispirate ad altri visitatori, non molto fortunati. Alla fine nessuno dei ragazzi va alla partita e si ritrovano tutti nella cittadina e incappano nel (o meglio nei) serial killer; del gruppo di amici non tutti sopravvivono, ma non voglio svelare di più.

 È un film che viene definito horror ma io ho individuato i classici segnali da “s.i.” come dicono quelli di Criminal Mind, una serie di comportamenti deviati e disturbati che fanno drizzare le orecchie (o almeno dovrebbero). Fondamentalmente è un film su un serial killer con una serie di manie e non c’è nulla di soprannaturale (poi magari neanche deve esserci in un horror) ma il brutto, il marcio, il pericoloso deriva solo dalla cattiveria e della malvagità umana.

Vi aspetto nei commenti per sapere se lo avete visto.

giovedì 5 ottobre 2023

LE SETTE MORTI DI EVELYN HARDCASTLE di STUART TURTON

TITOLO: Le sette morti di Evelyn Hardcastle
AUTORE: Stuart Turton
traduzione di: Federica Oddera
EDITORE: Neri Pozza
PAGINE: 526
PREZZO: € 18
GENERE: letteratura inglese, thriller, giallo
LUOGHI VISITATI: Blackheath House, villa di fantasia nella campagna inglese di inizio '900
acquistabile su amazon: qui (link affiliato)  

 

“Sbuffo. L’ennesimo segreto in una casa che ne è già piena, e non è quello che sto cercando di scoprire.”

Thriller gotico, creepy, intricato e cervellotico.

“«Sebastian, domani saranno passati esattamente diciannove anni dal giorno dell’assassinio di mio fratello. Non so per quale motivo, ma i miei genitori hanno deciso di celebrare l’occasione riaprendo la casa in cui è stato commesso il delitto, e invitando a Blackheath gli stessi ospiti presenti allora».
Nella sua voce monta la rabbia, un sommesso tremito di dolore che farei di tutto per placare. Evelyn si è girata a guardare il lago, con gli occhi azzurri lucidi di lacrime.
«Stanno camuffando da festa la commemorazione della sua morte, e hanno affidato a me il ruolo di ospite d’onore, il che mi può solo far presumere che stia per succedermi qualcosa di terribile» continua poi. «Questo non è un party, è un castigo, e ci saranno cinquanta persone agghindate di tutto punto ad assistervi».”

Mi sono approcciata alla lettura con aspettative contrastanti: acquistato senza saperne nulla quando si vedeva tantissimo a seguito dell’escape room organizzata dalla casa editrice, ho poi sentito recensioni diverse sia positive che negative; in particolare una ha acceso la mia curiosità e potrei sintetizzarla così: c’è un mistero o meglio un omicidio da risolvere e il protagonista (e voce narrante) ha sette giorni di tempo per riuscirci durante i quali però rivive la giornata fatidica nel corpo di sette persone diverse. Mi aspettavo un investigatore, un poliziotto con delle particolari doti sovrannaturali e se da un lato lo trovavo un espediente interessante e assolutamente nuovo per me dall’altro mi faceva un po’ storcere il naso, preferendo investigatori (e quindi gialli) più classici. La mia supposizione era sbagliata: non è un giallo vero e proprio.

La narrazione si sviluppa seguendo una struttura molto particolare che intreccia una serie di piani narrativi. Il protagonista e voce narrante, che scoprirà chiamarsi Aiden, si sveglia per sette/otto giorni nel corpo di alcuni abitanti della casa e rivive sempre la stessa giornata ma nei panni di persone diverse.

Siamo di fronte a una sorta di gioco macabro per cui il protagonista ma anche altre persone per motivi ignoti al lettore (ignoti inizialmente entro la fine si scopre tutto ma non voglio assolutamente rovinarvi la sorpresa) rivivono la stessa giornata più volte ma nel corpo di persone diverse. A quale scopo? Scoprire il colpevole di un delitto che apparentemente non è tale, per essere liberati e tornare nel proprio corpo liberi e lontani da Blackheath House, ma attenzione solo chi darà la risposta corretta per primo sarà liberato. Aiden in tutto questo conosce almeno due avversari, Daniel e Anna, ma a quanto pare non per tutti il gioco funziona allo stesso modo, solo Aiden si incarna ogni giorno in una persona diversa. Ma oltre alla presenza di avversari c’è anche un nemico, un tale “lacchè” che dà la caccia alle incarnazioni di Aiden per ucciderle andando a limitare, ridurre le possibilità di ricostruire la verità e liberarsi.

“La maschera a becco smette di esplorare la camera per concentrarsi di nuovo su di me.
«Abbiamo del lavoro da fare» risponde lui. «C’è un enigma che va risolto».
«Credo che lei mi abbia scambiato per qualcun altro!» esclamo con rabbia. «Io sono un medico».
«Era un medico» mi corregge. «Poi è stato un maggiordomo, oggi è un playboy e domani sarà un banchiere. Nessuno dei quattro ha il suo vero volto né la sua vera personalità. È stato privato dell’uno e dell’altra quanto è arrivato a Blackheath, e non le verranno restituite finché non se ne andrà».”

 

Tutto il gioco è retto da un misterioso uomo che si presenta con la maschera del medico della peste e sarà lui a fornire ad Aiden una serie di spiegazioni in particolare il gioco e il suo funzionamento, ma non accade subito così agli inizi viviamo l’angoscia e i turbamenti del protagonista che non sa di essere nel corpo di un altro. Questo io narrante vive una prima giornata molto intensa dove pensa di aver perso la memoria, soprattutto perché la notte è stato vittima di un’aggressione e vive così una giornata “traumatica” ma anche piena di eventi. Il giorno dopo l’io narrante si sveglia in un nuovo corpo ma ricordandosi il giorno precedente e scopre, vive il meccanismo delle reincarnazioni; e così il giorno dopo e quello ancora e via di seguito. Le giornate si svolgono in base all’incarnazione ma con la consapevolezza di Aiden di vivere, di abitare un corpo che non è il proprio e che varia di giorno in giorno.

“«Se ha il potere di liberarmi, perché non lo fa e basta, accidenti a lei?» esclamo. «Perché perdere tempo con questi giochetti?».
«Perché l’eternità è noiosa» risponde lui. «O forse perché ciò che conta è giocare. Lascerò a lei il compito di rifletterci sopra. Ma non indugi troppo a lungo, signor Davies. Questa giornata si ripeterà otto volte, e le la vedrà attraverso gli occhi di otto diverse incarnazioni. Bell è stata la prima, il maggiordomo la seconda e il signor Davies la terza. Questo significa che gliene rimangono solo cinque per scoprire la verità. Se fossi in lei, mi affretterei ad agire. Appena avrà una risposta, venga a riferirmela in riva al lago, insieme alle prove che ne confermano l’esattezza, alle undici di sera. Io la aspetterò».
«Non intendo prestarmi a questi giochetti per il suo divertimento» ribatto con stizza, protendendomi verso di lui.
«Allora faccia fiasco per dispetto, ma sappia una cosa: se non risolve l’enigma prima di mezzanotte dopo essere arrivato alla sua ultima incarnazione, le cancelleremo la memoria, la restituiremo al corpo del dottor Bell e tutto ricomincerà da capo».
Controlla l’orologio, lasciandoselo cadere in tasca con un mormorio d’irritazione. «Il tempo vola. Si mostri disposto a collaborare, e io risponderò ad altre domande al nostro prossimo incontro».”

Il personaggio di Aiden è pazzesco, scoperto il gioco, scoperto il motivo per cui si trova a Blackheath House e scoperto anche che cos’è non si limita a trovare la soluzione alla morte di Evelyn Hardcastle che gli permette di liberarsi ma cerca tutta la verità che è più ampia della semplice morte di Evelyn; non solo ma si batte anche per aiutare altri personaggi.

È un libro interessante, perché man mano che procede si scoprono tanti nuovi tasselli, richiede certo un po’ di memoria e di attenzione e sì ci sono dei misteri da risolvere, alla fine si scopre tutto non lascia nulla di irrisolto e ripaga anche la fiducia che il lettore ha posto accettando di andare avanti quando agli inizi non si sapeva molto. C’è una narrazione in prima persona, sappiamo ciò che sa il narratore e quindi poco se vogliamo, scopriamo con lui in chi è incarnato di volta in volta, non abbiamo anticipazioni.

Per quanto riguarda l’ambientazione non ci sono indicazioni precise in fatto di collocazione spazio tempo ma siamo nella campagna inglese (o qualcosa che gli assomiglia, io ho deciso per inglese) nella villa di Blackheath House indicativamente nella prima metà del Novecento poiché si parla di carrozze e primissime automobili nonché di una mega villa con tanto di servitù.

Il finale è davvero sconvolgente quando pensi di aver capito tutto ecco nuovi particolari, nuovi dettagli, ecco che emerge un altro pezzo di verità ancor più forte e sconcertante della precedente.

Se devo definirlo con un solo aggettivo direi geniale, sicuramente molto articolato ma per me vale assolutamente la pena di leggerlo e di faticare perché come detto prima richiede un po’ di attenzione di memoria. Questa romanzo è l’esordio del suo autore Stuart Turton, voglio recuperare anche l’altro suo romanzo “Il diavolo e l’acqua scura” in Italia sempre edito da Neri Pozza.

Fatemi sapere se lo avete letto.

giovedì 28 settembre 2023

IL PARTIGIANO JOHNNY di BEPPE FENOGLIO

TITOLO: Il partigiano Johnny
AUTORE: Beppe Fenoglio
EDITORE: Einaudi
PAGINE: 530
PREZZO: € 14
GENERE: letteratura italiana, letteratura della resistenza
LUOGHI VISITATI: Alba-Piemonte anni '43-'45
acquistabile su amazon: qui (link affiliato) 

 


 

“Johnny s’immaginò il serpere di quel funebre bisbiglio attraverso stanze gelide, disperati nascondigli, per la notte desolata. E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l’importante che ne restasse sempre uno.”

 

Inizio la recensione dicendo che questo libro per me è un esempio di amore e odio. Iniziamo con l’odio che ho provato verso questo libro all’inizio, odio profondo e viscerale non capivo nulla e mi infastidiva in modo assurdo la presenza di parole/espressioni in inglese, nel bel mezzo di una frase che rendevano (e rendono) la lettura difficoltosa, poi la genericità, si percepiscono parecchi sottointesi. Poi arriva la fase dell’amore legata a due motivi per cui ho iniziato ad apprezzare il libro ed infine ad amarlo: in primo luogo ho stoppato la lettura e (presa dalla disperazione) ho letto il saggio finale di Isella (che accompagna il romanzo nella mia edizione) e ho capito un sacco di cose su tutte il perché della presenza dell’inglese - che tanto mi infastidiva -  sapere il motivo e che non si tratta di un puro capriccio dell’autore mi ha aiutato. In secondo luogo dopo il primo centinaio di pagine la narrazione si avvia, entra nel vivo e c’è maggior curiosità di vedere come va avanti la storia di Johnny e inizia ad esserci molta più azione, oltre al fatto che probabilmente mi sono abituata allo stile.

Di cosa parla? La storia è quella di Johnny un giovane piemontese che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 si trova– come moltissimi altri giovani - in una sorta di limbo* e deciderà di fare attivamente qualcosa per il suo paese e si unisce ad un gruppo di partigiani. Dopodiché seguiamo le loro “avventure” dalle discese nei paesi per procurarsi di che vivere, le feste, gli scontri con le squadre nazifasciste.

“Johnny sedeva e fumava al limite della pioggia. Fare il partigiano era tutto qui: sedere, per lo più su terra o pietra, fumare (ad averne), poi vedere un[o] o [più] fascisti, alzarsi senza spazzolarsi il dietro, e muovere a uccidere o essere uccisi, a infliggere o ricevere una tomba mezzostimata, mezzoamata.”

Tra le “avventure” di Johnny c’è la presa della città di Alba nell’autunno del ’44 a cui segue un durissimo inverno, dopo la battaglia ci sarà uno sbandamento delle formazioni partigiane e ciascun uomo potrà e dovrà contare solo su stesso per sopravvivere fino alla primavera successiva quando ci sarà il rimbandamento. Johnny fa parte dei partigiani “azzurri” – partigiani badogliani guidati dal comandante Nord – attivi nelle langhe e strutturati sul modello militare.  

“- Tu ti sei fatta intera l’altra notte, Johnny, - disse Pierre. Va’ a coricarti ed io cercherò di non svegliarti fino a domattina -. Johnny si alzo, si districava dalla ressa accosciata, domandando da che parte la stalla. – e non ti spogliare, Johnny. – Non mi spoglio da quando son partigiano, - rispose.”

Il partigiano Johnny riprende in versione romanzata molte delle esperienze che ha vissuto personalmente Fenoglio, ci sono eventi reali (tra cui sicuramente la presa - e poi la perdita - da parte dei partigiani della città di Alba) e persone/partigiani realmente esistiti su tutti il comandante Nord al secolo Piero Balbo. Fenoglio ha trasferito le sue esperienze, le ha condensate nella vita di un personaggio letterario che però potrebbe tranquillamente essere realmente vissuto.

* Ho parlato di un limbo in realtà la situazione in cui si trovarono i soldati italiani fu un inferno: le forze armate erano allo sbando, non c’erano ordini e sostanzialmente ognuno era libero di fare ciò che voleva, non erano congedati ma non c’erano ordini e non c’erano controlli: le possibilità erano darsi alla macchia e tornare a casa, in sostanza quasi disertare. Una volta tornati a casa le possibilità erano tre: nascondersi, arruolarsi nelle file della costituenda Repubblica di Salò come da ordini che circolavano, perché almeno nel nord Italia il governo del territorio era in mano ai nazifascisti, oppure arruolarsi nei partigiani.

Lo stile è estremamente poetico ed aulico, ricercato in ogni termine, e le frasi spesso sono quasi in rima (non ci sono delle vere e proprie rime, ma ho notato assonanze nelle parole, l’impressione è quasi quella di leggere una poesia sotto forma di prosa).

Vengono toccati alcuni aspetti della guerra partigiana su tutti la distinzione tra partigiani “rossi” e partigiani “azzurri”, da persona che non conosce approfonditamente questo aspetto della nostra storia recente non sapevo della dicotomia e se vogliamo contrapposizione:

“Una disfatta rossa era una disfatta comune, pur se quasi mai garibaldini e badogliano collaborarono, ognuno combattendo singolarmente il nemico fascista, ognuno stimando il fascista suo proprio ed esclusivo nemico.”

Il partigiano Johnny è un libro incompiuto pubblicato postumo alla morte di Fenoglio; all’inizio della lettura quando proprio non lo sopportavo non capivo la ragione di tanto interesse e clamore per un libro incompiuto e pieno “criticità” poi ho capito.

Iniziamo col dire che è una sorta di sequel o meglio di riscrittura di “Primavera di bellezza” il primo romanzo dove incontriamo e conosciamo Johnny (infatti ne “Il partigiano” di Johnny sappiamo pochissimo) ma sarà ne “Il partigiano” che viviamo appieno e con più approfondimento la sua esperienza di combattente partigiano.

Mi è parso di capire che “Il partigiano Johnny” potremmo quasi considerarlo uno zibaldone, una fucina da cui Fenoglio ha tratto materiale per molti altri suoi romanzi e racconti. Lo si può quasi considerare autobiografico nel senso che Fenoglio trasferisce in Johnny molte delle sue esperienze vissute come partigiano, non racconta la sua storia ma reinventa, riscrive con un personaggio di fantasia azioni vissute.

Quindi ricapitolando perché è stato pubblicato postumo nonostante l’incompiutezza: riprende un personaggio della penna di Fenoglio che già avevamo conosciuto e lo approfondisce, è la trasposizione su carta e in forma romanzata delle esperienze di Beppe Fenoglio nella resistenza ma probabilmente anche dei suoi pensieri, perché il nostro partigiano Johnny non è solo un uomo d’azione ma è anche un uomo di pensiero, un uomo che riflette molto, quindi può essere che i pensieri, le elucubrazioni di Johnny fossero quelle vissute da Fenoglio in quegli anni di lotta.

È un romanzo incompiuto e nella mia ignoranza e cocciutaggine quando penso a un romanzo incompiuto penso a un’opera a cui manca il finale, in realtà ovviamente non è così o non solo così, manca ad esempio tutta l’opera di editing compiuta dallo stesso autore, ci sono cose su cui può mettere mano solo l’autore. E questo aspetto è sicuramente uno di quelli che caratterizzano maggiormente l’incompiutezza de “Il partigiano”: una delle cose che maggiormente mi infastidivano era la presenza delle parole in lingua inglese, ho scoperto leggendo il saggio di Isella che Fenoglio scriveva i suoi romanzi in inglese e poi piano piano mentre ci lavorava traduceva in italiano, è una curiosità che confida a Cesare Pavese, ecco il perché di tutto quell’inglese.

Il partigiano Johnny è il mio primo approccio a Fenoglio e anche alla letteratura sulla resistenza, di cui lo scrittore piemontese è uno dei principali esponenti. Ho scelto questo libro presa da un ispirazione, l’avevo già in casa per essere stata una lettura scolastica (io direi delle medie addirittura) di mio fratello.

Fun Fact: mio fratello mi ha fatto uno spoiler sul finale però sbagliato, nel senso che non finisce proprio come mi ha anticipato, ha confuso un po’ gli eventi è come se avesse saltato qualche pagina perché nella sua ricostruzione c’è un vuoto e trovo la cosa troppo divertente.

Vi aspetto nei commenti per sapere se lo avete letto e cosa ne pensate.