TITOLO: Il partigiano Johnny
AUTORE: Beppe Fenoglio
EDITORE: Einaudi
PAGINE:
530
PREZZO:
€ 14
GENERE:
letteratura italiana, letteratura della resistenza
LUOGHI VISITATI:
Alba-Piemonte anni '43-'45
acquistabile su amazon: qui (link affiliato)
“Johnny s’immaginò il serpere di quel funebre bisbiglio attraverso stanze gelide, disperati nascondigli, per la notte desolata. E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l’importante che ne restasse sempre uno.”
Inizio la recensione dicendo che questo libro per me è un esempio di amore e odio. Iniziamo con l’odio che ho provato verso questo libro all’inizio, odio profondo e viscerale non capivo nulla e mi infastidiva in modo assurdo la presenza di parole/espressioni in inglese, nel bel mezzo di una frase che rendevano (e rendono) la lettura difficoltosa, poi la genericità, si percepiscono parecchi sottointesi. Poi arriva la fase dell’amore legata a due motivi per cui ho iniziato ad apprezzare il libro ed infine ad amarlo: in primo luogo ho stoppato la lettura e (presa dalla disperazione) ho letto il saggio finale di Isella (che accompagna il romanzo nella mia edizione) e ho capito un sacco di cose su tutte il perché della presenza dell’inglese - che tanto mi infastidiva - sapere il motivo e che non si tratta di un puro capriccio dell’autore mi ha aiutato. In secondo luogo dopo il primo centinaio di pagine la narrazione si avvia, entra nel vivo e c’è maggior curiosità di vedere come va avanti la storia di Johnny e inizia ad esserci molta più azione, oltre al fatto che probabilmente mi sono abituata allo stile.
Di cosa parla? La storia è quella di Johnny un giovane piemontese che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 si trova– come moltissimi altri giovani - in una sorta di limbo* e deciderà di fare attivamente qualcosa per il suo paese e si unisce ad un gruppo di partigiani. Dopodiché seguiamo le loro “avventure” dalle discese nei paesi per procurarsi di che vivere, le feste, gli scontri con le squadre nazifasciste.
“Johnny sedeva e fumava al limite della pioggia. Fare il partigiano era tutto qui: sedere, per lo più su terra o pietra, fumare (ad averne), poi vedere un[o] o [più] fascisti, alzarsi senza spazzolarsi il dietro, e muovere a uccidere o essere uccisi, a infliggere o ricevere una tomba mezzostimata, mezzoamata.”
Tra le “avventure” di Johnny c’è la presa della città di Alba nell’autunno del ’44 a cui segue un durissimo inverno, dopo la battaglia ci sarà uno sbandamento delle formazioni partigiane e ciascun uomo potrà e dovrà contare solo su stesso per sopravvivere fino alla primavera successiva quando ci sarà il rimbandamento. Johnny fa parte dei partigiani “azzurri” – partigiani badogliani guidati dal comandante Nord – attivi nelle langhe e strutturati sul modello militare.
“- Tu ti sei fatta intera l’altra notte, Johnny, - disse Pierre. Va’ a coricarti ed io cercherò di non svegliarti fino a domattina -. Johnny si alzo, si districava dalla ressa accosciata, domandando da che parte la stalla. – e non ti spogliare, Johnny. – Non mi spoglio da quando son partigiano, - rispose.”
Il partigiano Johnny riprende in versione romanzata molte delle esperienze che ha vissuto personalmente Fenoglio, ci sono eventi reali (tra cui sicuramente la presa - e poi la perdita - da parte dei partigiani della città di Alba) e persone/partigiani realmente esistiti su tutti il comandante Nord al secolo Piero Balbo. Fenoglio ha trasferito le sue esperienze, le ha condensate nella vita di un personaggio letterario che però potrebbe tranquillamente essere realmente vissuto.
* Ho parlato di un limbo in realtà la situazione in cui si trovarono i soldati italiani fu un inferno: le forze armate erano allo sbando, non c’erano ordini e sostanzialmente ognuno era libero di fare ciò che voleva, non erano congedati ma non c’erano ordini e non c’erano controlli: le possibilità erano darsi alla macchia e tornare a casa, in sostanza quasi disertare. Una volta tornati a casa le possibilità erano tre: nascondersi, arruolarsi nelle file della costituenda Repubblica di Salò come da ordini che circolavano, perché almeno nel nord Italia il governo del territorio era in mano ai nazifascisti, oppure arruolarsi nei partigiani.
Lo stile è estremamente poetico ed aulico, ricercato in ogni termine, e le frasi spesso sono quasi in rima (non ci sono delle vere e proprie rime, ma ho notato assonanze nelle parole, l’impressione è quasi quella di leggere una poesia sotto forma di prosa).
Vengono toccati alcuni aspetti della guerra partigiana su tutti la distinzione tra partigiani “rossi” e partigiani “azzurri”, da persona che non conosce approfonditamente questo aspetto della nostra storia recente non sapevo della dicotomia e se vogliamo contrapposizione:
“Una disfatta rossa era una disfatta comune, pur se quasi mai garibaldini e badogliano collaborarono, ognuno combattendo singolarmente il nemico fascista, ognuno stimando il fascista suo proprio ed esclusivo nemico.”
Il partigiano Johnny è un libro incompiuto pubblicato postumo alla morte di Fenoglio; all’inizio della lettura quando proprio non lo sopportavo non capivo la ragione di tanto interesse e clamore per un libro incompiuto e pieno “criticità” poi ho capito.
Iniziamo col dire che è una sorta di sequel o meglio di riscrittura di “Primavera di bellezza” il primo romanzo dove incontriamo e conosciamo Johnny (infatti ne “Il partigiano” di Johnny sappiamo pochissimo) ma sarà ne “Il partigiano” che viviamo appieno e con più approfondimento la sua esperienza di combattente partigiano.
Mi è parso di capire che “Il partigiano Johnny” potremmo quasi considerarlo uno zibaldone, una fucina da cui Fenoglio ha tratto materiale per molti altri suoi romanzi e racconti. Lo si può quasi considerare autobiografico nel senso che Fenoglio trasferisce in Johnny molte delle sue esperienze vissute come partigiano, non racconta la sua storia ma reinventa, riscrive con un personaggio di fantasia azioni vissute.
Quindi ricapitolando perché è stato pubblicato postumo nonostante l’incompiutezza: riprende un personaggio della penna di Fenoglio che già avevamo conosciuto e lo approfondisce, è la trasposizione su carta e in forma romanzata delle esperienze di Beppe Fenoglio nella resistenza ma probabilmente anche dei suoi pensieri, perché il nostro partigiano Johnny non è solo un uomo d’azione ma è anche un uomo di pensiero, un uomo che riflette molto, quindi può essere che i pensieri, le elucubrazioni di Johnny fossero quelle vissute da Fenoglio in quegli anni di lotta.
È un romanzo incompiuto e nella mia ignoranza e cocciutaggine quando penso a un romanzo incompiuto penso a un’opera a cui manca il finale, in realtà ovviamente non è così o non solo così, manca ad esempio tutta l’opera di editing compiuta dallo stesso autore, ci sono cose su cui può mettere mano solo l’autore. E questo aspetto è sicuramente uno di quelli che caratterizzano maggiormente l’incompiutezza de “Il partigiano”: una delle cose che maggiormente mi infastidivano era la presenza delle parole in lingua inglese, ho scoperto leggendo il saggio di Isella che Fenoglio scriveva i suoi romanzi in inglese e poi piano piano mentre ci lavorava traduceva in italiano, è una curiosità che confida a Cesare Pavese, ecco il perché di tutto quell’inglese.
Il partigiano Johnny è il mio primo approccio a Fenoglio e anche alla letteratura sulla resistenza, di cui lo scrittore piemontese è uno dei principali esponenti. Ho scelto questo libro presa da un ispirazione, l’avevo già in casa per essere stata una lettura scolastica (io direi delle medie addirittura) di mio fratello.
Fun Fact: mio fratello mi ha fatto uno spoiler sul finale però sbagliato, nel senso che non finisce proprio come mi ha anticipato, ha confuso un po’ gli eventi è come se avesse saltato qualche pagina perché nella sua ricostruzione c’è un vuoto e trovo la cosa troppo divertente.
Vi aspetto nei commenti per sapere se lo avete letto e cosa ne pensate.
Nessun commento:
Posta un commento