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venerdì 4 ottobre 2024

NIENTE MIRACOLI A OTTOBRE di OSWALDO REYNOSO

TITOLO: Niente miracoli a ottobre
AUTORE: Oswaldo Reynoso         traduzione di: Federica Niola
EDITORE: SUR
PAGINE: 280
PREZZO: € 16,00
GENERE: letteratura peruviana
LUOGHI VISITATI: Lima
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Affresco di Lima anni ’60 con le vicende che si svolgono in un'unica giornata quella della processione del Signore dei Miracoli, quando tutto il Perù si veste di viola. Seguiamo le vicende di vari personaggi, e nel corso della narrazione ci sono molti flash back che permettono di ricostruire vita e pensieri dei protagonisti.

“si mise a camminare davanti all’ampia vetrata azzurro chiaro. Dal ventesimo piano del palazzo del suo Banco contemplò Lima: Babilonia della porcheria: ai suoi piedi, case basse e sporche e, ogni tanto, un grattacielo di cemento, vetro e acciaio; pochi parchi; per le strade, strette e lunghe, auto e tram sgangherati, ammucchiati agli angoli; e il cielo grigio, triste, zozzo; discariche pensili, aeree, color terra marcita. Ed eccola, la sua città: enorme, senza confini precisi, cresceva cresceva: i serranos affamati, cenciosi, sporchi, scendevano dalla Ande e la accerchiavano disperati, le case con i tetti di spazzatura si stendevano a perdita d’occhio, interminabili, fino alla lattigninosa striscia blu del mare; le baracche di abode e lamiera ammucchiate, si arrampicavano, come gramigna, sulle colline, allargandosi, senza fine, sulle terre sabbiose, sulle discariche. Qui, al centro della capitale, ammassati, come mosche sulla merda, vivono zambos e criollos in callejones e quintas vecchi, distrutti: è sufficiente dar loro il calcio, i tori, la televisione e le bettole con birra e cacho. Fuori, sulle colline, nelle pampas, i serranos con la loro porcheria. Meno male che a sud abbiamo quartieri belli per la gente come si deve, civilizzata. In centro bisogna costruire grandi palazzi di appartamenti per la classe media: bisogna farla contenta: sta dalla mia parte, mi serve. I serranos bisogna restituirli alle campagne e se sono senza terra bisogna mandarli nella selva”.

Protagonisti principali, le cui storie si intrecciano sono: Don Manuel un ricco e potente banchiere, molto influente nella politica del paese, alle prese con i capricci del suo ultimo giovane amante ma che farà di tutto per assistere alla processione del Signore dal balcone della sua villa. Poi c’è Don Lucho, impiegato di banca che passa l’intera giornata alla ricerca di un abitazione: sono sotto sfratto e ormai non c’è più tempo, deve trovare un alloggio che possano permettersi economicamente e che sia anche dignitoso e in un quartiere per bene, deve pensare anche al futuro dei figli soprattutto di Bety. Bety che attende la processione e soprattutto la sera per incontrarsi con il fidanzato che dovrebbe farle una proposta di fidanzamento ed elevarla dal suo status, il piccolo Carlos che va ancora a scuola e che sta prendendo delle brutte strade e infine il fratello maggiore Miguel impegnato nella lotta politica (è anche il primo personaggio che incontriamo).

“Il portiere del Banco aveva ragione da vendere: la casetta è grande e ha perfino un cortiletto, si potrebbero allevare galline, conigli, non so, il brutto è il quartiere, gli abitanti: sono tutti operai: ci vivono quasi tutti i manovali del Banco e non sta bene per me, impiegato di vecchia data, averli come vicini: è gente brava, servizievole, certo ma si perde un sacco di libertà e se non fai attenzione quando gli dai un dito vogliono il braccio. Certo, l’affitto è basso: è regalata, ma Bety sarebbe la prima ad opporsi. E avrebbe ragione da vendere: neanche a Maria piacerebbe vedere la sua unica figlia che frequenta operaie, bifolche: Bety è diventata una signorina e deve vivere in un altro ambiente”.

Lettura interessante ma sicuramente non semplice, sia per la scrittura che definirei sperimentale che per lo stile narrattivo particolare, ci sono poche spiegazioni e poco contesto il lettore viene catapultato direttamente nella storia. La narrazione è piuttosto frammentaria e frastagliata. Ogni capitolo inizia con l’ora in cui si svolgono le vicende narrate, tendenzialmente ogni capitolo è dedicato ad un personaggio ma non ci viene detto chi e ci sono anche capitoli dove ne compaiono più d’uno anche qui senza troppe specificazioni. Diciamo che Reynoso rende difficile il compito del lettore, gli richiede tanta attenzione e anche partecipazione per capire di chi si sta parlando e non sempre lo capiamo (almeno io).

“Grigioverde, brillante: gli alberi. Cristalino. Splendore bagnato, nero: l’asfalto; a colori: macchine e cartelloni pubbliciatari, Plaza San Martìn: plumbea, luminosa, come una bolla di sapone. Aria che puzza di pesce marcio.”

Viene narrata una storia in qualche modo sospesa, si chiude la giornata e forse non è cambiato nulla o forse si, rimane molto aperto molte cose non vengono dette.

È il mio primo approccio a Oswaldo Reynoso, che così di primo acchito, a pelle mi è venuto da paragonare/accostare a Pedro Lemebel. Reynoso è uno scrittore sperimentale, criptico, perennemente “giovane” e controcorrente, poco conosciuto - soprattutto fuori dal Perù - fornisce una visione particolare, diversa, non canonica, ma assolutamente realistica e veritiera. È una lettura potente e importante che ben sintetizza ipocrisie e ingiustizie, mi viene da dire che sia anche un libro di denuncia sociale (pubblicato nel 1965 è ambientato circa negli stessi anni) i ricchi vogliono solo arricchirsi di più e chi si lamenta viene represso. Utilizza un linguaggio diretto e senza censure ed è stato anche molto criticato dalla “critica” che lo considerava osceno e offensivo è stato invece apprezzato da altri scrittori come Vargas Llosa.

Sicuramente uno stile letterario lontano “dall’ordinario” e dai miei gusti ma ho comunque apprezzato il libro che mi è piaciuto nononstante sia diverso, sia molto particolare e sia molto evanescente per i miei gusti.

Fatemi sapere se avete letto questo o altri libri di Reynoso.