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giovedì 21 novembre 2024

STUPORI E TREMORI - AMÈLIE NOTHOMB

TITOLO: Stupori e tremori
AUTORE: Amélie Nothomb     traduzione di: Biancamaria Bruno
EDITORE: Voland
PAGINE: 105
PREZZO: € 13
GENERE: memoir, letteratura belga
LUOGHI VISITATI: Giappone anno 1990
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Primo approccio ad Amélie Nothomb ed ho deciso di iniziare con il primo libro pubblicato, anche se non è il primo che ha scritto. Nothomb è un autrice belga, molto prolifica (esce circa un libro nuovo all’anno e sono sempre libri “brevi) e con una scrittura molto tagliente, caustica e concisa.

Stupori e tremori racconta la prima esperienza lavorativa di Nothomb alla multinazionale giapponese Yumimoto. Nel libro parla esclusivamente del lavoro, non c’è nulla al di fuori della vita lavorativa, cosa fa, dove vive, chi frequenta, se ha amici, eccetera. Infatti avevo grande curiosità rispetto a questi aspetti, leggendo della sua esperienza mi sono chiesta come fosse la vita fuori e lo possiamo scoprire leggendo un altro suo libro “Né di Eva né di Adamo”.

Abbiamo una narrazione per episodi di un esperienza dell’autrice che ci narra il suo anno di lavoro in sequenza cronologica, ci viene raccontato solo quello che conosce o di cui viene a conoscenza e per questo non ci sono approfondimenti psicologici.

Ciò che emerge praticamente subito è che quel lavoro non è adatto a lei e alle sue caratteristiche e qualità eppure nonostante l’esperienza sia quasi un viaggio infernale che la porta in gironi sempre più bassi, non si licenzia perché per un giapponese è impensabile (e disonorevole) dimettersi quindi porta a termine l’intero anno di contratto.

Offre uno spaccato molto interessante sul Giappone, in particolare sulla vita lavorativa/professionale giapponese: un ambiente estremamente severo, austero e di durissimo lavoro, dove il merito conto davvero tanto, dove è richiesta tanta fatica e sacrificio, con regole gerarchiche rigide e con un rispetto pressoché assoluto verso i superiori e le regole ma dove c’è tanta invidia. Un aspetto che mi ha stupito molto è “il ruffianare”: l’arte delatoria (almeno per come l’ho capito io) non è visto come qualcosa di brutto anzi è qualcosa di utile all’azienda e in generale nella società e si basa sul dovere di rispettare le regole (morali e di condotta) e dove ciò non avviene è giusto informare i superiori (Nothomb ci dice che il fare la spia è qualcosa di tipico anche della cultura cinese oltre che giapponese).

Altra cosa che mi ha stupito e per certi aspetti fatto sorridere ma anche riflettere è il razzismo verso gli occidentali: i giapponesi si reputano superiori agli occidentali (per tante ragioni ad esempio per i rigidi codici di condotta a cui si attengono oppure perché non sudano) e per quanto il razzismo è sempre qualcosa di negativo mi ha permesso di vedere come in fondo un po’ tutti cercano una ragione per sentirsi diversi e migliori degli altri e per un volta è “il bianco” quello diverso e sbagliato. La questione del “sudare” è una curiosità interessante e trovo quasi divertente il fatto che i giapponesi considerino disdicevole, poco onorevole sudare e guardano agli occidentali che sudano molto, puzzano molto e nemmeno si accorgono della gravità della cosa, con sdegno e rimprovero. Su questo argomento Nothomb racconta un episodio piuttosto divertente.

“Quando lo straniero odoroso se ne andò, la mia superiore era esangue. E tuttavia non era finita. Il capo del settore, il signor Saito, fu il primo a mettere becco e a colpire:
- Non avrei potuto resistere un minuto di più!
Autorizzava così ogni maldicenza. Gli altri ne approfittarono subito:
- Si rendono conto, questi bianchi, che appestano l’aria?
- Se solo riuscissimo a fargli capire che puzzano, finalmente avremmo in Occidente un mercato favoloso per deodoranti efficaci!
- Potremmo forse aiutarli a puzzare di meno, ma non potremmo mai evitare che sudino. È la loro razza.
- Da loro perfino le belle donne sudano.
Erano pazzi di gioia. L’idea che le loro parole potessero indispormi non li sfiorò neppure. Dapprima ne fui lusingata: forse non mi consideravano una bianca. La lucidità mi tornò molto presto: se facevano discorsi del genere in mia presenza, era solo perché contavo meno di niente.” Pag 64 e 65

Nothomb ha una scrittura cinica, dura, colpisce dritto al punto in modo diretto, è quasi asettica e priva di empatia. Ha una grande capacità di sintesi ad esempio paragona la ramanzina che il superiore Omochi fa alla signorina Mori ad uno stupro, è una similitudine brutale ma ben congegnata, che ben rappresenta e fa capire ciò che ci sta raccontando.

Con la lettura di questo libro facciamo un viaggio nella cultura giapponese, nel mondo e nella vita reale del Giappone, non solo nello specifico un ambiente lavorativo ma anche più in generale, quella giapponese è una realtà affascinante ma anche o forse proprio per questo molto diversa e lontana dalla nostra occidentale. Il tutto è filtrato dagli occhi di un occidentale, per quanto Nothomb sia profondamente innamorata del Giappone (tanto che il suo primo lavoro lo fa lì) e per quanto sia anche una grande conoscitrice del Giappone, non è una giapponese, e questo secondo me permette di percepire le differenze cosa che non sempre riesce a fare un semplice romanzo (la filtratura di Nothomb si vede quando sottolinea le diversità) per me è un plus molto importante.

Poiché come detto prima è raccontata un esperienza reale, con persone reali mi piacerebbe molto sapere se e come le persone presenti nel libro hanno reagito al libro, penso in particolare alla signorina Mori, che essendo la diretta superiore di Nothomb è molto presente.

Sono molto contenta di aver letto questa autrice che mi ispirava da tanto, mi è piaciuta molto con questa scrittura quasi sarcastica, cinica ma estremamente reale e diretta, sicuramente leggerò molto altro di suo, l’aspetto positivo che sono tutti libri piuttosto brevi ma di contro sono tantissimi. È un memoir che ci racconta molto anche dell’autrice, del suo modo di essere e di vivere il mondo e ci spiega anche la scelta del titolo.

Fatemi sapere se lo avete letto, se vi piace Amélie Nothomb e cosa mi consigliate di suo.