venerdì 24 maggio 2024

L' AMICA GENIALE (vol. 1) - ELENA FERRANTE

TITOLO: L'amica geniale
AUTORE: Elena Ferrante
EDITORE: E/O
PAGINE: 400
PREZZO:€ 19
GENERE: letteratura italiana, saga 
LUOGHI VISITATI: Napoli immediato secondo dopoguerra
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Mancavo solo io, penso l’abbiamo letto tutti. Questo libro, o meglio questa storia perché è una quadrilogia è accompagnata da un grandissimo hype e io generalmente in questi casi aspetto, però per L’amica geniale l’hype non è mai diminuito vuoi per la trasposizione televisiva, vuoi per il mistero che per svariato tempo ha circondato la sua autrice (Elena Ferrante è uno pseudonimo e non si sapeva chi si celasse dietro, tra l’altro mi pare che ora si sa tutto ma non ricordo…). Inoltre snobbavo proprio la storia, un libro italiano ambientato nell’immediato dopoguerra, con delle bambine per protagoniste, poi tanto clamore: no non mi va di leggerlo… Una mattina (due anni fa in questo periodo) vedo che è uscita anche la grapich novel oltre alla serie tv e mi dico basta ora voglio leggere anche io L’amica geniale, compro il libro, lo leggo e me ne innamoro pazzamente. Era un periodo che dormivo pochissimo per via di Giulia (non che ora…) rinunciavo a quelle poche ore di sonno pur di leggere!

Pur avendolo adorato non sono ancora andata avanti perché mi trovo in quella strana situazione in cui da un lato vorresti leggere tutta la storia per vedere come va avanti e cosa succede, dall’altro però non lo voglio finire mi piace pensare che c’è questa storia che mi aspetta. Capita anche a voi?

Veniamo al libro che è meglio.

Un romanzo di formazione e di crescita, un romanzo che racconta un’amicizia forte, importante ma anche turbolenta. Le vicende sono narrate in prima persona da Lenù che racconta la sua amicizia con Lila, si incontrano da bambine e diventano amiche, un amicizia che durerà tutta la vita. Siamo a Napoli in un quartiere popolare nell’immediato dopoguerra, (povertà, precariato, malavita e degrado) in questo primo volume si raccontano una decina d’anni.

“Non ho nostalgia della nostra infanzia, è piena di violenza. Ci succedeva di tutto, in casa e fuori, ogni giorno, ma non ricordo di aver mai pensato che la vita che c’era capitata fosse particolarmente brutta. La vita era così e basta, crescevamo con l’obbligo di renderla difficile agli altri prima che gli altri la rendessero difficile a noi. Certo, a me sarebbero piaciuti i modi gentili che predicavano la maestra e il parroco, ma sentivo che quei modi non erano adatti al nostro rione, anche se eri femmina. Le donne combattevano tra loro più degli uomini, si prendevano per i capelli, si facevano male. Far male era una malattia.”

 Il libro inizia col botto, un prologo fantastico (e per quel che ho letto io finora molto originale): una donna – Lenù – si mette al pc e scrive tutto ciò che ricorda della sua vita con l’amica Lila, ma perché lo fa? Perché Lila a 66 anni scompare volontariamente cancellando ogni traccia dise e quindi l’amica per ripicca, per dispetto, per impedirle di scomparire si mette a scrivere la loro storia! (Mettersi a scrivere in cosegenza della scomparsa di una persona cara non è cosa nuova, ma farlo per impedire a questa persona di cancellare le proprie tracce sì). Già da qui la voglia di leggere la storia e capire perché Lila a un certo punto scompare è tantissima, come scoprire tutta la loro amicizia.

“«È bello» mormorai, «parlare con gli altri».
«Sì, ma solo se quando parli c’è qualcuno che risponde».
Mi sentii in petto uno sbuffo di gioia. Che richiesta c’era in quella bella frase? Mi stava dicendo che voleva parlare soltanto con me perché non prendevo per buono tutto quello che le usciva di bocca ma le rispondevo? Mi stava dicendo che soltanto io sapevo star dietro alle cose che le passavano per la testa?
Sì. E me lo stava dicendo con un tono che non le conoscevo, fievole, sebbene come al solito brusco. […] Ne ragionammo. Avevamo dodici anni, ma camminammo a lungo per le vie bollenti del rione, tra la polvere e le mosche che si lasciavano alla spalle i vecchi camion di passaggio, come due vecchiette che fanno il punto delle loro vite piene di delusioni e si tengono strette l’una all’altra. Nessuno ci capiva, solo noi due – pensavo – ci capivamo. Noi, insieme, soltanto noi, sapevamo come la cappa che gravava sul rione da sempre, cioè fin da quando avevamo memoria […] C’era qualcosa di insostenibile nelle cose, nelle persone, nelle palazzine, nelle strade, che solo reinventando tutto come in un gioco diventava accettabile. L’essenziale, però, era saper giocare e io e lei, io e lei soltanto, sapevamo farlo.”
 


 Per quanto riguarda la trama Lila e Lenù si incontrano sui banchi delle elementari, vivono nello stesso palazzo e iniziano a frequentarsi diventando amiche, un’amicizia che durerà tutta la vita. Come detto il periodo narrato copre circa una decina d’anni ci sono gli anni delle elementari, poi la crescita i primi amori e le diverse esperienze che fanno. Anzitutto scolastiche perché Lila non può proseguire la scuola oltre la quinta elementare per problemi economici e dovrà andare a lavorare nel negozio di calzolaio del padre, mentre Lenù (da qui l’appellativo di amica geniale) va alle medie e al liceo, ovviamente anche le frequentazioni sono diverse, gli impegni non permettono loro di passare tutto il tempo assieme ma spesso riescono a vedersi e uscire assieme ai coetanei del rione (un agglomerato molto interessante di personaggi secondari).

“Fu durante quel percorso verso via Orazio che cominciai a sentirmi in modo chiaro un’estranea resa infelice dalla mia stessa estraneità. Ero cresciuta con quei ragazzi, ritenevo normali i loro comportamenti, la loro lingua violenta era la mia. Ma seguivo anche quotidianamente, ormai da sei anni, un percorso di cui loro ignoravano tutto e che io invece affrontavo in modo così brillante da risultare la più capace. Con loro non potevo usare niente di ciò che imparavo ogni giorno, dovevo contenermi, in qualche modo autodegradarmi. Ciò che ero a scuola, lì ero obbligata a metterlo tra parentesi o a usarlo a tradimento, per intimidirli. Mi chiesi cosa ci facevo in quell’auto. C’erano i miei amici, certo, […] stavamo andando alla festa […]. Ma proprio quella festa ratificava che Lila, l’unica persona che sentivo ancora necessaria malgrado le nostre vite divergenti, non ci apparteneva più, e venendo meno lei, ogni mediazione tra me e quei giovani, quell’auto in corsa per quelle strade, si era esaurita.”

Io mi sono focalizzata soprattutto sulle due protagoniste. Entrambe le ragazze sono molto intelligenti e portate allo studio ma hanno possibilità diverse, Lila arriva alle elementari che sa già leggere, scrivere e fare di conto senza che nessuno glielo abbia mai insegnato, studierà da autodidatta greco e latino perché li studia Lenù al liceo e darà ripetizioni all’amica ma come detto non può proseguire. Le due amiche sono molto diverse anche caratterialmente Lila è definita una bambina cattiva, è esplosiva, coraggiosa e determinata mentre Lenù è più mite, timida e sognatrice; hanno in comune la voglia di emanciparsi e lasciare il rione e la povertà, seguiranno (per tante ragioni) vie diverse.

Il finale di questo libro è un cliffhanger pazzesco!

Il libro non è solo una storia di amicizia ma anche un modo per approcciarsi a una parte della nostra storia perché con le vicende di Lila e Lenù ripercorriamo anche la storia dell’Italia a partire dal secondo dopoguerra con un affresco in particolare su Napoli e in generale della nostra società (ruolo della donna ma anche alla figura del o della maestra, aspettative, criminalità, politica).

Voglio continuare la lettura non solo di questa quadrilogia ma di tutti i libri di Elena Ferrante.

Fatemi sapere se avete letto la storia dell’amica geniale vi aspetto nei commenti.


venerdì 17 maggio 2024

LA STORIA DELLE API - MAJA LUNDE

TITOLO: La storia delle api
AUTORE: Maja Lunde         traduzione di: Giovanna Paterniti
EDITORE: Marsilio
PAGINE: 426
PREZZO: € 12
GENERE: letteratura scandinava, letteratura norvegese, letteratura ecologista
LUOGHI VISITATI: Inghilterra '8oo, Ohio 2007, Cina 2098 
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“Il suono era diverso da qualunque altro avessi mai sentito. Le api volavano dentro e fuori dall’arnia, dentro e fuori. Portavano nettare e polline, e nutrimento per la prole. Ma non ognuna per sé, perché ogni singola ape lavorava per l’intera comunità, per l’organismo che insieme costituivano.
Il ronzio andava e veniva, riempiva l’aria facendomi vibrare qualcosa dentro. Una nota che mi dava serenità, mi rendeva più lieve il respirare.
Me ne stavo lì, cercando di seguire con gli occhi ogni singola ape, ogni singolo viaggio di ape dall’arnia ai fiori, di fiore in fiore, e poi di nuovo all’arnia. Ma le perdevo sempre di vista. Erano tropee, gli schemi dei loro spostamenti impossibili da decifrare.
E così preferii abbracciare con lo sguardo il loro insieme, l’alveare con tutta quella vita che lo circondava, tutta quella vita di cui si prendeva cura.”

Tre storie, tre protagonisti, tre epoche diverse ma un fattore in comune le api. Un libro per riflettere, per conoscere le api e il loro mondo (anche si tratta di un infarinatura generale). La storia delle api è il primo volume di una quadrilogia: mi è parso di capire che il meccanismo narrativo sia lo stesso per tutti quindi più storie, epoche diverse accomunate da un animale o da un elemento, al momento sono disponibili Gli ultimi della steppa con protagonisti i cavalli di Przewalski e La storia dell’acqua dove l’elemento accomunante è come dice il titolo stesso l’acqua. Queste opere di Lunde si inseriscono in un filone narrativo di tipo ecologista/ambientalista che ha anche lo scopo di sensibilizzare sul cambiamento climatico e analizzare/approfondire il rapporto uomo-natura.

Si tratta di un libro piuttosto avvincente che alterna le tre storie (narrate in prima persona dai protagonisti) tanto che si ha quasi l’impressione di leggere tre libri diversi, c’è un elemento in comune che è quello delle api protagoniste in tutte e tre le storie, ma non è l’unico le storie sono in qualche modo legate ed è stato molto bello scoprirlo anche perché i legami vengono svelati in un modo particolare e ci permettono di chiudere il cerchio narrativo.

Oltre al tema rapporto uomo-natura il romanzo ci racconta anche delle vicende famigliari inserite in tre contesti storici, geografici e sociali molto diversi ma accomunate dall’analisi del rapporto genitore/figlio, dove molto spesso le esigenze e le aspettative del genitore sono diverse e soprattutto non vengono comprese, apprezzate dal figlio.

Veniamo ora ai protagonisti e alle storie che come detto sono tre, un passato un presente e un futuro.

Per andare con ordine inizio dal passato: Maryville UK dal 1857 protagonista è William. Un uomo che nel momento in cui lo conosciamo sta attraversando un periodo di forte depressione, nella vita è molto insoddisfatto della sua vita non è riuscito a seguire i suoi sogni e si trova con una famiglia numerosa e un’attività di commerciante di sementi, avrebbe voluto fare il naturalista ma poi la vita…

“Il promettente naturalista aveva dovuto cedere il posto a uno stanco commerciante di sementi non più giovane, con i piedi affaticati per le lunghe ore passate dietro al bancone, con le corde vocali arrochite dal perpetuo scambio di convenevoli con i clienti e con le dite sempre intente a contare denaro che non bastava mai. E tutto per il chiasso della bambine.”

 “D’un tratto di accorsi che fremevo di entusiasmo. Ecco quello che volevo, ecco ritrovata la passione. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dai miei disegni, dalle api. Era lì che volevo andare. Nell’alveare!”

Recupera passione con lo studio delle api, si concentra soprattutto sullo studio delle api e in particolare di migliorie tecniche alle arnie. È il personaggio che mi è piaciuto meno, più di una volta avrei voluto scuoterlo e dirgli alzati e fai qualcosa, hai una famiglia e delle responsabilità, oggettivamente la situazione non è poi così tragica (siamo in epoca vittoriana e avere una casa e un lavoro non mi sembra male) e tutto sommato non è tardi nemmeno per fare altro, ripone tutte le speranze e la fiducia nel figlio Edmund attribuendogli meriti e doti che gli appartengono e sognando per lui cose diverse ignorando invece chi davvero gli sta vicino e lo aiuta.

C’è poi un presente ad Autumn Hill in Ohio USA dal 2007, protagonista George Sanders un apicoltore appassionato, dedito al lavoro e al sacrificio, molto attento al benessere dei suoi animali, che deve affrontare molte difficoltà in primis economiche, è proprietario di un podere con tante arnie che costruisce personalmente seguendo i disegni che la sua famiglia di tramanda da generazioni.

“[…] aveva capito che le piccole aziende di apicoltura, come la mia, portate avanti più o meno nello stesso modo da generazioni e generazioni, non davano certo grossi guadagni, non li avevano mai dati, e sicuramente non li avrebbero dati adesso. Ogni più piccolo investimento era uno sforzo, vivevamo della carità delle disponibili banche locali, che non erano sempre così fiscali sulle scadenze dei pagamenti dei prestiti. E che avevano fiducia nel fatto che le api avrebbero fatto un buon lavoro anche quell’anno, avevano fiducia in me quando dicevo che quella schifezza adulterata a basso prezzo importata dalla Cina – e che veniva venduta sotto il nome di miele e arrivava in quantità sempre maggiori di anno in anno – non contava nulla, che i prezzi del miele si sarebbero mantenuti esattamente come erano, che le previsioni di guadagni costanti erano buone, che le condizioni metereologiche sempre più imprevedibili su di noi non avrebbero avuto alcun effetto, che eravamo in grado di garantire dei buoni margini di vendita in autunno. Che i soldi sarebbero entrati senza problemi, come sempre.
Bugie. Solo bugie. Tutte quante.”

Le cose non vanno benissimo sia per tutte le problematiche che incontra sia perché i suoi piani sono diversi da quelli della famiglia, il rapporto con il figlio Tom è piuttosto complicato, è andato al college per studiare economia o simili e invece si è appassionato di letteratura e sogna di fare lo scrittore e non seguire le orme del padre… George non è un cattivo uomo però ha le sue idee, è piuttosto tradizionalista e individualista non si ferma mai a cercare di capire gli altri e le loro motivazioni ma pensa solo a (e con) se stesso e soprattutto ragiona pensando che anche gli altri ragionino come lui oppure che quello è l’unico modo corretto. Talvolta l’impressione è che viva in un mondo tutto suo, quasi avulso dalla realtà che lo circonda, un mondo dove le cose vanno come lui desidera…

Infine il futuro Cina 2098 siamo in una sorta di società “post apocalittica” dove le api sono scomparse e spetta agli uomini fare il lavoro di impollinazione, lavoro molto difficile, faticoso e che dà risultati piuttosto modesti. Protagonista è Tao una impollinatrice che vive assieme al marito e al figlioletto in una società molto compartimentata e rigida; la storia si basa su un incidente che un giorno capita alla sua famiglia e che le cambia la vita portandola fino a Pechino. 

“Gli alberi erano vecchi quanto un’intera vita. I rami, fragili come vetro sottile, scricchiolavano sotto il nostro peso. Mi girai con circospezione, non dovevo danneggiare la pianta. Misi la gamba destra su un ramo un po’ più in alto e, con cautela, tirai su anche l’altra. Finalmente trovai una posizione di lavoro sicura, scomoda ma stabile. Da qui sarei riuscita ad arrivare ai fiori più in alto.
Il piccolo contenitore di plastica era pieno di oro vaporoso, scrupolosamente pesato e distribuito a ognuna di noi all’inizio della giornata lavorativa, in dosi esattamente uguali. Con leggerezza cercavo di trasferirne invisibili quantità dal contenitore all’albero. Ogni singolo fiore doveva essere impollinato con un piccolo pennello di piume di gallina, galline selezionate proprio a quello scopo.”

“Inspirai a fondo. Non dovevo pensarci. Non dovevo fare altro che andare avanti. Sollevare la mano, intingere il pennello nel polline, passarlo con cautela sopra ai fiori, sfiorandoli come se fossi stata un’ape.”

Lunde immagina e ci racconta un mondo dove le api non esistono più: tutti - compresi i bambini - devono lavorare per la produzione del cibo ad eccezione di pochissimi prescelti che governano e “privilegiati” sono gli unici ad avere accesso agli studi e vengono scelti in tenerissima età tra i bambini più intelligenti.  Grazie alle esperienze e i viaggi che fa la protagonista Tao possiamo avere un assaggio di come potrà essere il mondo e l’umanità se sparissero le api; queste parti di libro sono in qualche modo paragonabili per certi aspetti a La strada di McCarthy, ovviamente molto più soft.  Tao è il mio personaggio preferito, è quello con cui ho empatizzato di più (sarà che è mamma di un bimbo di tre anni come me, sarà che è il primo personaggio che incontriamo), è forte, caparbia e determinata, è assetata di conoscenza e cerca sempre una spiegazione, non si limita ad obbedire.  

Lettura super consigliata storie interessanti, tanti temi trattati, molto attuale e perfetta base per riflettere. Sicuramente leggerò anche gli altri della quadrilogia.

Fatemi sapere se avete letto questo o altri libri di Maja Lunde. Vi aspetto nei commenti.


venerdì 10 maggio 2024

DOWNTON ABBEY - Serie Tv Stagione 1

TITOLO: Downton Abbey - Serie TV Stagione 1
AUTORE: Julian Fellowes
SCENEGGIATURA: Julian Fellowes - Shelagh Stephenson - Tina Pepler
GENERE: in costume
AMBIENTAZIONE:  Inghilterra tra il 1912 e il 1914



Downtown Abbey Stagione 1

Serie tv in costume ambientata in Inghilterra nello Yorkshire alla tenuta Downton Abbey dei conti di Grantham.

Questa prima stagione affronta gli anni dal 1912 al 1914 inziando e finendo con due eventi storici molto significativi: l’affondo del Titanic e lo scoppio della prima guerra mondiale, eventi che influiscono e cambiano la vita dei nostri personaggi.

Offre uno spaccato storico davvero molto interessante, ormai siamo distantissimi dai tempi dell’aristocrazia i cui membri sostanzialmente non devono fare nulla per mantenersi, non devono lavorare (come lo intendiamo noi oggi) e al contempo hanno al proprio servizio uno stuolo di servitori, di persone che lavorano e servono loro: maggiordomo e governante, valletti e camerieri/e personali che ti preparano i vestiti e ti aiutano ad indossarli, cuoca, autista, camerieri.

Tantissimi personaggi e ben caratterizzati, tutto ruota attorno alle vicende di Downton Abbey e le persone che la abitano a partire dalla famiglia Crawley conti di Grantham - Robert e Cora e le loro tre figlie Mary, Edith e Sibyl (che non potrebbero essere più diverse) e l’onnipresente contessa madre Lady Violet - e tutta la servitù - dal maggiordomo Carson, la governante, i camerieri fino alla sguattera e all’autista - e ai sentimenti che caratterizzano praticamente tutte le vite: amori, invidie, gelosie, vendette, problemi finanziari e lavorativi, segreti…

Iniziamo le presentazioni con i conti di Grantham Robert e Cora Crawley, ad unirli un amore reciproco e sincero (cosa non tanto scontata) insieme hanno tre figlie femmine Mary, Edith e Sibyl molto diverse tra loro e non particolarmente affiatate e infine figura onnipresente è la contessa madre lady Violet. C’è poi tutto il personale di servizio a partire dal maggiordomo Carson un uomo ligio al dovere e alle regole, piuttosto all’antica e in difficoltà rispetto ai cambiamenti che stanno iniziando a immaginarsi, molto legato alla famiglia del conte; la governante Mrs Hughes, Sarah O’Brien la cameriera personale della contessa Cora che fa comunella con il primo cameriere Thomas Baxter (un arrivista senza scrupoli e molto arrogante), le cameriere Anna e Gwen, la cuoca  Beryl fino alla sguattera Daisy (molto ingenua, le sue domande sono una fonte preziosa di informazioni per noi telespettatori) e infine Bates che viene assunto dal conte come suo valletto personale in ragione di una pregressa conoscenza, questo crea scompiglio e malumori all’interno della servitù perché altri ambivano a quel ruolo. Tutto ruota attorno ai sentimenti che caratterizzano praticamente tutte le vite: amori, invidie, gelosie, vendette, problemi finanziari e lavorativi, segreti…

 

Nel corso degli episodi impariamo a conoscere i vari personaggi, ci sono persone per bene, altruiste e generose, altre con sogni e ambizioni e naturalmente non mancano i meschini e malvagi. Tante avventure e tante storie che si intrecciano e anche diverse storie d’amore.

Le vicende si aprono con l’affondo del Titanic che ha delle conseguenze dirette per la famiglia Crawley: a bordo del transatlantico viaggiava il cugino Patrick erede del titolo nobiliare, di tutto il patrimonio e promesso sposo di Mary; è tradizione scritta che tutto il patrimonio vada in eredità unitamente al titolo nobiliare e naturalmente la successione è solo in linea maschile. Ciò apre due problematiche quella di trovare un nuovo pretendente per Mary e quella successoria ed economica, il successore a questo punto è Mattew Crawley un lontano cugino avvocato a Manchester.

Una serie che mi è piaciuta davvero molto e che voglio continuare, l’unico aspetto negativo è la durata degli episodi che superano sempre l’ora.

Fatemi sapere se la conoscete.


venerdì 3 maggio 2024

LE STREGHE DI SMIRNE di MARA MEIMARIDI

TITOLO: Le streghe di Smirne
AUTORE: Mara Meimaridi         
EDITORE: E/O
PAGINE: 621
PREZZO: € 9,50
GENERE: letteratura greca, romanzo storico
LUOGHI VISITATI: Smirne, Turchia a cavallo tra la fine dell'800 e gli inizi del '900
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Per me un’opportunità mancata, una storia interessante con una protagonista tosta ma lo sviluppo mi ha lasciato un po’ perplessa.

Protagonista principale è Katina, ma la sua storia ci viene raccontata all’interno di una struttura narrativa particolare nel senso che a parlare è una sua nipote che dopo la morte della zia riceve uno scrigno e dalle carte e istruzioni contenute si realizza una sorta di passaggio o di svelamento di particolari poteri nell’io narrante Maria. Sarà Maria che in stato di trance racconta o meglio scrive sotto dettatura la vita della zia. Si alternano, in modo non regolare, il presente e il passato, passato che è il tempo di Katina e una parte dell’infanzia di Maria in particolare l’estate che trascorse a casa della zia, dove vede e sente cose che lì per lì bambina non capisce.

Le parti su Katina e la sua storia sono bellissime, interessanti, coinvolgenti tiene attaccato alla pagine, Katina è una bambina quando con la madre Eftalia arrivano a Smirne senza un soldo e nel tempo con determinazione metteranno in piedi (ognuna a modo loro) un attività economica e imprenditoriale di successo. Katina è una donna tenace, agguerrita, impavida, una donna lavoratrice e imprenditrice, caparbia che sa imporsi e farsi rispettare, gestirà egregiamente le attività della famiglia del marito pur senza aver ricevuto una particolare formazione né supporto, e ne creerà di proprie, sa trarre il meglio da ogni situazione e non si lascia abbattere. È una donna “self made” che riesce a imporsi in un mondo di e per uomini. Riuscirà a conquistare gli uomini più belli e ricchi di Smirne, ma non siede sugli allori, sì da fare, ci sono i matrimoni, i figli e la vita in una città cosmopolita e in pieno fermento a cavallo tra Otto e Novecento.

È una storia di determinazione e resilienza, coraggio e forza tutta al femminile e con alcuni insegnamenti “femministi” che trovo molto importanti e utili.

“Eftalìa le lanciò un’occhiata e continuò a prestare sul prezzemolo per ridurlo in poltiglia.
Tap…tap…tap...
«Perché ti arrabbi, mamma? Dai, lascia stare i tuoi traffici e la ciccia delle altre. Ti spezzi la schiena per due soldi. Ci manca qualche cosa?».
«Oggi è venuta la sora Pinnéla dal quartiere vecchio» fece Eftalìa. «Ho mandato un po’ di riso a Caterina-la-pazza, quella del quartiere turco. La conosci, no?».
«Sì».
«Tu lo sai che Caterina-la-pazza era la prima signora Tsesmé? Lo sai che Caterina-la-pazza aveva una casa piena di quadri e tappeti, marito, figli, carrozze e ogni altro ben di dio? Lo sai che era generosa e dava a chiunque ne avesse bisogno? Se non lo sai, te lo dico io».
Tap…tap…tap…
«E come ha fatto a ridursi così?» chiese Katina, che si era intanto seduta una sedia.
«È successo perché pensava che tutte quelle cose fossero eterne e che il domani fosse uguale all’oggi e dopodomani ancora meglio. Ma ha perduto il marito e le nuore l’hanno buttata fuori di casa. E lei aveva messo tutto a nome di figli. Così, le ha dato di volta il cervello».
Tap…tap…tap…
«Tuo marito non ha le lire di un pascià, né i tuoi figli di beni di Abramo. Ognuna di noi deve badare a procurarsi il suo personale sostegno, sia di nascosto sia grazie al proprio marito, e a mettersi sempre da parte quanto più denaro può. Altrimenti ci si attacca come le sanguisughe a chiunque, per succhiargli qualche cosa per vivere. E se sei una sanguisuga non sei niente di più di una sanguisuga. E allora dovrai chinare la testa e prenderti le botte e sorbirti le corna e dire pure grazie».
Smise di pestare e la guardò dritto negli occhi.
«Tu lo sai quanti soldi ho io?».
«Ne hai?» chiese stupita Katina.
«Beh, vedi che non lo sai?».
Tap…tap…tap…
«Sai che fa Pinnéla al sor Arghìris, visto che stiamo parlando di lei? ».
«Che fa?».
Katina sorbiva la lezione pervasa da strane sensazioni: capiva che le era sfuggito qualcosa di importante e che doveva anche lei immancabilmente fare qualcosa, al più tardi quella stessa sera.
« ‘Ho preso due ocche di carne, Arghìris’ gli dice ‘e ce la siamo mangiata tutta’. Bugia. Ne ha presa meno di un’occa, l’ha farcita all’inverosimile, l’ha messa al forno con patate e cipolle, per mangiare fino a scoppiare, e il resto dei soldi li ha aggiunti al suo gruzzolo. Quanti ne avrà accumulati Pinnéla fino a oggi, dopo trent’anni della stessa solfa? Forse cento lire d’oro! Te lo saresti aspettato da lei? E una volta che sor Arghìris fu costretto a prendere un prestito per il suo lavoro e stava per impazzire, il pover’uomo, perché gli avrebbero portato via la barca e la pescheria…».
«… gliele diede Pinnèla le lire, naturalmente» concluse Katina come una scolaretta.
«Sei matta? Neanche glielo disse! Lasciò che andasse a cercare un prestito e a lavorare il doppio per tirare avanti alla meglio».
«Che belva!».
«Che volpe!» gridò Eftalìa innervosita. «Chi è Arghìris?».
«È il marito».
«È un estraneo».
«Sì, ma è anche il marito».
«Adesso. Domani potrebbe non esserlo, potrebbe morire, ammalarsi, impelagarsi in un’altra storia».
A questo punto Katina espresse serie obiezioni.
«Ma che dici pure tu, mamma! Sor Arghìris che se la fa con un’altra… Ma l’hai visto com’è Arghìris, che peggio di così non si può? Avrà ottocento anni, tartaglia ed è giallo come un melone. Ha più rughe lui sulla faccia che tutti i cammelli di Smirne messi insieme, anzi è proprio un cammello».
«Ma è un cammello maschio» dichiarò la madre. «Noi finora, mia cara Katina, non abbiamo potuto fare niente di nascosto. Sì e no riuscivamo a mangiare tutti i giorni. Adesso possiamo. Le fortune die non le dispensa ogni giorno».
«Io non ti metterò alla porta, mamma. Non dire sciocchezze».
«Lo so» rispose Efalìa.
E ricominciò a pestare nel mortaio con più rabbia.” 

Però il libro presenta alcuni punti dolenti. Anzitutto (e qui sicuramente è colpa mia) i nomi che sono da un lato distanti da quelli usuali essendo greci/turchi ma soprattutto sono molto simili ad esempio ci sono due personaggi che si chiamano Spiros e Siros, mi domando non ci sono altri nomi?

Poi la mancanza di spiegazioni soprattutto nell’introduzione dei personaggi, si parla di qualcuno come se il lettore già lo conoscesse (o dovesse conoscerlo) ma non è così: avete presente quando sentite due anziani che parlano di persone che conoscono loro e della loro generazione e danno per scontato che tu (come loro) ne conosca vita morte e miracoli? Mi sono sentita un estranea.

Il quadro generale nella narrazione è un po’ confuso e talvolta frettoloso. Mi è dispiaciuto moltissimo che la parte finale dalla vita di Katina non venga sviluppata maggiormente, si chiude praticamente all’improvviso senza spiegazioni, scopriremo qualcosa dopo ma in modo molto sommario. E sul finale del libro ho fatto davvero fatica perché non si capisce più chi è chi e chi fa cosa, è confuso e indefinito e mi ha messo parecchi dubbi.

Il libro tratta molti temi interessanti: la Storia si interpola con le vicende di fantasia, si parla molto di magia e dello stereotipo della donna “strega”; l’emancipazione femminile; c’è un quadro meraviglioso della vita a Smirne tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, una città cosmopolita dove convivono pacificamente e allegramente diverse comunità, scopriamo anche il modo di vivere usi e costumi.

Dicevo che si parla di poteri magici (siamo nell’ambito di un realismo magico) che si distinguono in due categorie: da un lato poteri quasi premonitori che ha Katina che però è usato pochissimo e non viene sviluppato molto (peccato perché poteva essere interessante) e poi l’insieme di pratiche e ricette che fanno una magia pratica, data dall’insieme di intrugli e formule ed è attraverso questa magia che Katina, pur non è bella, riesce ad accalappiare e sposare gli uomini più belli e ricchi di Smirne.

“Finché un giorno, mentre Katina andava a raccogliere i panni, vide nascosto sul legno del recinto un sortilegio. Il segno era stato attentamente sgrossato con la scure e poi la corteccia era stata risistemata. Benedetto il vento, che faceva agitare il bucato e aveva scoperto la spaccatura.
«È l’occhio di Allah» osservò Eftalìa.
Era un pezzo tagliato dalle mutande di Katina, che erano andate perse (ecco dove stavano!), bruciato e rovinato, avvolto in fili incrociati, con le estremità sporcate di nero; il panno era inchiodato con paletti di legno conficcati in tre punti.” 

“…a un certo punto Katina sospettò di sua madre, perché la signora Nina ce l’aveva proprio sullo stomaco e l’aveva colta durante una notte di luna piena a rimescolare della terra di tomba e a leggere il suo taccuino.
«… metti il chiavistello alla porta, mettiti le scarpe e va sul ponte appena tramonta la luna. Due legni seccati sepolti in terra di tomba e raccolti di sera, appena mette fuori il naso la costellazione delle Pleiadi. Occhio non ti veda mentre li prendi. Uniscili nel mezzo con una fune con quaranta nodi e per ogni nodo un pelo di gatta nera e le parole ‘seni baglamak ghighiò ghitzilma…’ Ti lego perché tu la sciolga. Poi fa sulla porta della tua nemica il cerchio funebre. Dì tre volte dentro di te: ‘Ames atethi. Ames seghità. Ames sanklà. Ghighio ghitzilma…’. Seppellisci il sortilegio nella terra, accanto alla casa, in modo che non possa trovarlo e scioglierlo mai. E la disgrazia arriverà. Le anime cattive che chiedono vendetta sono al tuo servizio, seguono l’occhio del morto e si attaccano al cerchio funebre. Non possono fuggire, ma solo entrare nella casa. E chiedono il male. E la disgrazia verrà».” 

 

Personalmente avrei sviluppato solo la storia di Katina, senza gusci narrativi di contorno di cui non trovo il senso.

Nonostante i “difetti” per me vale la pena leggerlo per la figura di Katina e si sua madre Eftalia e le loro storie, c’è una parte sulla vita della madre davvero toccante che mi ricordo perfettamente a distanza di anni.

Vi aspetto nei commenti per sapere se lo avete letto.


venerdì 26 aprile 2024

CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA di GABRIEL GARCÌA MARQUEZ

TITOLO: Cronaca di una morte annunciata
AUTORE: Gabriel Garcìa Marquez traduzione di: Dario Puccini
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 132
PREZZO: € 12,50
GENERE: letteratura colombiana, letteratura sudamericana, libri brevi
LUOGHI VISITATI: Colombia
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Lettura stupefacente: ho preso in mano il libro senza grandi aspettative, quasi priva di interesse perché conoscevo già la storia per aver tantissimo sentito parlare (bene) del libro sia perché tutto sommato la trama è semplicissima e quello che accade noi lo sappiamo già. Ma leggere il libro è tutta un'altra cosa pur già conoscendolo! Quindi se come me sapete (o pensate di sapere) già tutto, fatevi il favore di leggerlo merita davvero tanto.

La trama di base è semplicissima: un uomo, Santiago Nazar verrà ucciso dai fratelli Vicario per vendicare un delitto d’onore, tutti lo sanno ma nessuno fa niente per impedirlo.

Abbiamo un io narrate che torna nella città natale di Santiago tanti anni dopo il fatto e ricostruisce quella fatidica giornata, e come dice il titolo è appunto una cronaca dove si dà conto di tutto ciò che accadde, il narratore intervista e ascolta tante persone, è anche lui del luogo e conosce tutti dalla vittima ai carnefici passando per il resto della comunità che è rimasta inerme. Dall’alba i fratelli Vicario vanno in giro dicendo di voler uccidere Santiago Nazar ma nessuno fa o dice nulla, anzitutto perché i delitti d’onore sono cosa buona e giusta (tanto che gli assassini verranno assolti) e poi perché nessuno li prende sul serio: c’è chi le ritiene chiacchere da ubriachi o spacconerie tanto più che vittima e carnefici appartengono a due classi sociali diverse, Nazar è un ricco proprietario terriero quindi una sorta di intoccabile… Ma per una serie di ragioni, coincidenze e casualità invece il fatto si concretizza.

Il racconto è un mezzo per denunciare una società machista, maschilista e patriarcale, una società dove ricorrere al delitto d’onore è possibile e doveroso (ma ricordiamoci che fino agli anni ’80 in Italia esisteva il “matrimonio riparatore”) ed è anche un modo per rendere giustizia ad un caro amico Cayetano Gentile ucciso in un delitto d’onore.

È un libro breve, intenso, che si legge in poche ore (io l’ho letto tutto in un giorno, praticamente in un pomeriggio) è un libro corale, ci sono tanti personaggi, tutto il paese è partecipe del dramma che andrà a compiersi, tutti in qualche modo sono protagonisti, è un dramma comunitario e sociale, molte le persone che a distanza di decenni ricorderanno quella giornata con l’io narrante quando li incontra per ricostruire l’accaduto; ma la voce narrante è una soltanto una quella del nostro narratore scrittore che ricostruisce la vicenda. Resterà il dubbio circa la “colpevolezza” di Santiago, non verrà svelato questo particolare perché la custode del segreto non lo fa e quindi non possiamo conoscere la verità essendo una cronaca, una ricostruzione di fatti.

Si tratta del mio primo approccio a Marquez, sicuramente voglio approfondire la conoscenza già mi aspettano in libreria Cent’anni di solitudine e L’amore ai tempi del colera.

Vi aspetto nei commenti per sapere se lo avete letto (altrimenti fatevi questo regalo) e cos’altro mi consigliate di Marquez.


venerdì 19 aprile 2024

MISS POTTER - FILM

TITOLO: Miss Potter
 REGISTA: Chris Noonan
ATTORI PRINCIPALI: Renée Zellweger
DURATA: 92 min
GENERE: film biografico
AMBIENTAZIONE: Inghilterra dei primi '900


Beatrix Potter è un illustratrice e scrittrice per l’infanzia le sue storie sono famosissime e le voglio assolutamente recuperare anche per Giulia - aspetto che sia un pochino più grande nel senso che mi distrugga le pagine - oltre che per me naturalmente. Hanno per protagonisti animali antroporfizzati come il famosissimo Peter il Coniglio e sono accompagnate da splendidi disegni. Il tratto di Potter è fiabesco sono acquarelli dolcissimi e bellissimi almeno per i miei gusti, che trasmettono un senso di pace.

Beatrix è una grande sognatrice e si lascia guidare dai propri sogni, nonostante le avversità e gli intralci; non ha avuto una vita facilissima ostacolata dalla famiglia (soprattutto dalla madre) e dell’epoca ma anche proprio dalla vita in sé, il destino (chiamatelo come volete) non è stato clemente togliendogli un importante fetta per la felicità ma ha comunque proseguito la sua strada lasciandoci tanti insegnamenti preziosi oltre a opere d’arte meravigliose.

Veniamo alla storia raccontata nel film: incontriamo una Beatrix alla soglia dei trent’anni che gira per vari editori portandosi appresso i suoi amici e le sue storie, cerca qualcuno che le pubblichi. Alla fine i fratelli Warne della Frederick Warne & C. decidono di pubblicare Il racconto di Peter Coniglio, più per gioco senza avere reali aspettative. Non solo ma affidano il progetto editoriale al fratello minore Norman alla sua primissima esperienza lavorativa, come si dice prendono due piccioni con una fava accontentano Beatrix o meglio sfruttano il suo libro (su cui non puntano minimante) per accontentare Norman che vuole lavorare nell’azienda di famiglia invece di rimanere a casa a far compagnia alla madre. Presto Beatrix e Norman capiscono il “gioco” dei fratelli Warne e fanno squadra riuscendo egregiamente nel lavoro. Il libro avrà un successo incredibile e sarà Norman a proporre a Beatrix di continuare la collaborazione e pubblicare altre storie.

Tra i due si crea un forte legame che si tramuta in amore, la famiglia di Potter però è contraria al matrimonio e Beatrix andrà a vivere da sola, grazie al suo lavoro può mantenersi e molto di più. Molto interessante è anche la figura Millie, la della sorella ancora nubile di Norman: le due diventano grandissime amiche. Come accennato prima la vita di Beatrix non sarà sempre facile e perderà un importante fetta di felicità, ma non si fa abbattere neanche in questo caso e continua la sua attività ritirandosi in campagna dove acquista una fattoria e si interessa e si batterà per la tutela dell’ambiente. Il film oltre a edulcorare le vicende e sintetizzarle si concentra principalmente sull’attività di scrittrice e sulla storia d’amore con Norman.

Nel film le vicende sono stata un pochino romanzate, edulcorate perché ci sono delle imprecisioni storiche che in qualche modo romanticizzano la storia e fanno presagire fini più lieti.  È in ogni caso un film molto interessante sotto molti punti di vista: in primo luogo ci presenta una donna fortissima, caparbia e determinata che non si lascia schiacciare o soverchiare dalla società e dalla famiglia, che ha il coraggio di scegliere per se stessa, di non piegarsi a convenzioni sociali, e ricordiamoci che siamo agli inizi del ‘900. Poi offre un quadro storico interessante della vita nella tarda età vittoriana anche con riguardo alle aspettative della società soprattutto sulle donne e il loro ruolo, e sull’editoria e su una nascente consapevolezza e desiderio di tutelare la natura e il mondo che ci circonda.

Beatrix Potter è ricordata e conosciuta (da me per prima) soprattutto per le storie per l’infanzia ma ha fatto molto altro nella sua vita in particolare è stata anche una naturalista e si è battuta, con un grande dispendio di tempo e di risorse, per la salvaguardia dell’ambiente. La sua stessa vita è a mio parare un importante esempio di emancipazione e di coraggio.

Fatemi sapere se avete visto il film.


venerdì 12 aprile 2024

IL PORTO PROIBITO di RADICE e TURCONI

TITOLO: Il porto proibito
AUTORE: Teresa Radice e Stefano Turconi (disegni)
EDITORE: Bao Publishing
PAGINE: 319
PREZZO: € 27
GENERE: graphic novel, letteratura italiana
LUOGHI VISITATI: Inghilterra seconda metà '800
acquistabile su amazon: qui (link affiliato)


Oggi parliamo di un grapich novel o fumetto che è qualcosa che non si vede spesso sulle mie pagine perché non ne leggo molti anche se vorrei approfondire, diciamo che la mia difficoltà maggiore, tra virgolette, con i graphic novel è che la storia non è data solo dal testo, non si leggono solo le parole ma anche e soprattutto le immagini, mi sono abituata a una lettura “veloce” invece le immagini, i disegni richiedono tempo e attenzione – secondo me molto più che la parola scritta.

Questo grapich novel è davvero bello e delicato.

Iniziamo parlando dei disegni che in questo caso rispondono pienamente al mio gusto personale: sono disegni realistici pur rimanendo disegno, stile quasi cartone animato (in questa valutazioni mi sono forse fatta condizionare dall’aver letto che i due hanno lavorato per la Disney), non imitano la fotografia, non sono stilizzati ma sono disegni realistici, veritieri in stile cartone animato se devo fare un paragone mi viene in mente Lady Oscar o Sissi. Principalmente in bianco e nero, ma con delle tavole colorate e poi delle magnifiche tavole di approfondimento e studio legate al mondo di ambientazione della storia.

La storia narrata è dolce e malinconica con un tocco di sovrannaturale, quasi una favola moderna.

 

Inizi dell’800 in Siam un ragazzo viene ripescato dal mare, è un naufrago, non ricorda nulla a parte il suo nome. Abel viene preso a bordo di una nave della Marina Britannica l’Explorer visto che a trovarlo è stato il neo promosso capitano William Roberts. L’Explorer ha appena subito un tradimento, il capitano Stevenson è scomparso senza lasciare tracce e con lui un importante tesoro. Il clima a bordo non è dei migliori ma pian piano Abel riuscirà a entrare nei cuori della ciurma, probabilmente è stato un mozzo perché sulla nave sa muoversi e lavorare molto bene e farà ritorno in Inghilterra sbarcando a Playmouth.

Sulla via del ritorno vede in mare un luogo, una sorta di miraggio potremmo dire che viene chiamato “il porto proibito” e un vecchio marinaio gli dice che solo pochi eletti lo possono vedere; senza sapere perché e cosa significa Abel è fra questi. Una volta tornato in patria la memoria non torna momentaneamente vive presso le sorelle Stevenson (figlie del capitano scomparso) che lo accolgono come fosse un fratello, le ragazze gestiscono una locanda e anche grazie a loro farà amicizia con Rebecca la tenutaria del bordello Pillar.  Sarà grazie a questa amicizia che Abel troverà la sua missione: tornare in mare per svelare la verità sulla scomparsa di Stevenson.

È una storia d’amore sotto molti punti di vista e di coraggio e determinazione, ma anche di vendette e tradimenti.

Voglio leggere altro di questi due autori, ci sono due grapich novel dedicate alla ragazze del Pillar di Playmouth e uno che parla della campagna di Russia durante la seconda guerra mondiale.

Vi aspetto nei commenti per sapere se avete letto questo grapich novel o altri di questi autori e cosa mi consigliate.