mercoledì 23 ottobre 2019

LEGGERE LOLITA A TEHERAN - AZAR NAFISI

TITOLO: Leggere Lolita a Teheran
AUTORE: Azar Nafisi - traduzione di Roberto Serrai
EDITORE: Adelphi
PAGINE: 379 - prezzo € 12,00
GENERE: letteratura iraniana - memoir
LUOGHI VISITATI: Teheran - Iran
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".....come Lolita tentavamo di fuggire e creare un nostro piccolo spazio di libertà...."

È un memoir dolce e, al tempo stesso, doloroso e toccante che fa arrabbiare e riflettere.
Tocca tantissimi argomenti a cominiciare dalla vita privata dell'autrice (sogni e aspettative, la vita quotidiana e le difficoltà che ha incontrato come donna e come accademica), la denuncia ai regimi totalitari, la Storia, quella, con la S maiuscola: è la storia dell'Iran e del suo popolo negli ultimi decenni del XX secolo (da fine anni '70 con la rivoluzione che ha portato all'avvento della Repubblica Islamica); strettamente connessi con la nuova forma di stato ci sono tre temi importanti: la "distruzione della cultura", la situazione della donna e la letteratura.

Ho sentito spesso etichettare questo romanzo come un libro che parla di libri ed è assolutamente vero. Un libro che parla di libri e parla attraverso i libri, tutto ruota attorno alla letteratura e  per il suo tramite (con paragoni, confronti, esempi) si affrontano anche altre tematiche, importanti e trasversali.
Emerge tutto l'amore e la passione per la letteratura della Nafisi; quando ci parla di libri emergono  questi due elementi, oltre alla sua competenza e sembra di assistere a delle lezioni di letteratura (e in parte è vero). Anche in queste parti la narrazione è scorrevole e piacevole. Queste "lezioni di letteratura" creano nel lettore tanta curiosità e voglia di leggere i romanzi e gli autori citati, e fornisce anche molti spunti di riflessione letterari.
Ma la letteratura ha però anche un potere salvifico: permette di entrare nel mondo della fantasia e dimenticare, per qualche ora, la realtà che ci circonda. E' quello che succede con il seminario clandestino che mette in piede Azar Nafisi negli ultimi anni in cui vive a Teheran. L'autrice riunisce a casa propria un gruppo di ragazze e qui leggono e discutono di libri. Ci tengo a sottolineare che è un attività clandestina: leggere libri (o meglio determinati libri) è proibito, chi lo fà, se scoperto, può essere punito. E in questo senso emerge un ulteriore potere della letteratura: una forma di ribellione.
Leggere i libri banditi per sfidare il regime.

Il libro è anche una denunica a regimi totalitari; nello specificio il nuovo stato iraniano che
come tutti i regimi totalitari in nome di qualche principio supremo (nello specificoin nome della difesa della rivoluzione e del cambiamento che ha portato e che lo distingue dal "decadente occidente") incide ed invade la vita anche privata dei propri cittadini e li priva di moltissime libertà; qui vengono evidenziati due aspetti la distruzione della cultura e la questione femminile.
Il nuovo stato iraniano (ma non è un idea nuova) cerca di distruggere la cultura, non solo quella straniera/occidentale, ma anche la propria se tratta temi, diciamo, inopportuni. Lo scopo è assoggettare arte e cultura al nuovo regime, lo devono servire, il loro unico scopo è insegnare ai cittadini come ci si deve comportare; tutto viene "islamizzato".

"..... vivevamio in una cultura che negava qualsiasi valore alle opere letterarie, a meno che non servissero a sostenere qualcosa che sembrava più importante: l'ideologia. Il nostro era il paese dove tutti i gesti, anche quelli più privati, venivano interpretati in chiave politica. I colori del mio velo o la cravatta di mio padre erano un simbolo della decadenza occidentale e delle tendenze imperialiste. Non portare la barba, stringere la mano a persone dell'altro sesso, applaudire o fischiare agli incontri pubblici erano considerati atteggiamenti occidentali e quindi decadenti, parte del complotto imperialista per distruggere la nostra cultura."
 Come dicevo tutto viene rivisto sotto un ottica "islamizzata" anche le lezioni in università sono continuamento oggetto di contrasto:

".....è più o meno a questo punto, quando sto per passare a una trattazione più dettagliata di Daisy Miller, che Ghomi alza la mano. Il suo tono di protesta di mette subito sulla difensiva, oltre a irritarmi. «Che cosa avrebbero di così tanto rivoluzionario queste donne? Daisy Miller è perversa, è marcia; è una figura reazionaria e decadente. Noi viviamo in una società rivoluzionaria, e le nostre donne sfidano la decadenza occidentale con la loro morigeratezza. Non strizzano l'occhio agli uomini». Fa una breve pausa e poi riattacca subito, quasi senza riprendere fiato, con un astio e un rancore del tutto immotivati, visto che, dopotutto, sta parlando di un romanzo. [.....] Dopo la lezione resto ancora lì, alla luce delle grandi finestre senza tende che occupano un lato della stanza. Tre studentesse si avvicinano. « Ci teniamo a farle sapere che la maggioranza di noi non è d'accordo con quelli lì » spiega una di loro. « E' solo  che abbiamo paura. Il tema è spinoso. Se diciamo quello che pensiamo, magari ci arriva una denuncia. Se diciamo quello che vuole Ghomi, abbiamo paura di offenderla. Le sue lezioni ci piacciono.»"
 Ovviamente, uno degli aspetti più caratterizzanti del nuvo stato iraniano è l'introduzione e l'applicazione della "Shari'a":

".... «Credo» aggiunse, illuminandosi tutta dopo un momento «che se Jane Austen fosse al posto nostro, direbbe la stessa cosa: è verità universamente riconosciuta che unmusulmano, a prescindere dal suo patrimonio, abbia bisogno di una moglie vergine di nove anni». Fu così che cominciammo a scherzare sul famoso incipit della Austen - una tentazione a cui quasi tutti i suoi lettori devono aver ceduto almeno una volta. [.....] All'inizio del Novecento, l'età minima per il matrimonio - nove anni secondo la sharia - era stata elevata a tredici, e poi a diciotto. Mia madre si era sposata con un uomo che aveva scelto lei ed era stata una delle prime sei donne elette in parlamento, nel 1963. Nel periodo in cui ero cresciuta, gli anni Sessanta, non c'era molta differenza tra i miei diritti e quelli delle donne che vivevano nelle democrazie occidentali. Allora non era di moda pensare che la nostra cultura non fosse compatibile con la democrazia moderna, che esistesserouna versione occidentale e una versione islamica della democrazia e dei diritti umani. Volevamo tutti le stesse opportunità e la medesima libertà. E' per questo che avevamo appoggiato la rivoluzione: era un modo per avere più diritti, non meno. [....]L'adulterio e la prostituzione devoevano essere puniti con la lapidazione. E infine le donne, per la legge, valevano esattamente la metà di un uomo. La sharia rimpiazzò la giurisprudenza esistente, e divenne la norma. Da ragazza avevo visto due donne diventare ministro. Dopo la rivoluzione, furono entrambe condannate a morte, con l'accusa di andare contro la legge di Dio e favorire la prostituzione."
 Altro argomento trattato, che mi sta molto a cuore, è quello della condizione femminile, anche perchè comune a tutti gli stati islamici o comunque a quegli stati in cui c'è una forte contaminazione tra politica e religione.
Nella repubblica islamica la donna deve essere invisibile, portare il velo, sottostare alle regole e tenere un comportamento morigerato, ad esempio non possono trovarsi in compagnia di un uomo che non sia o il padre o il marito o un fratello; e vengono istituite "squadre di controllo":
"....però aveva ragione lei: presto ci avrebbero obbligate a portarlo ovunque. E sarebbero state le squadre di controllo della moralità, con le armi e le Toyota bianche a pattugliare le strade per assicurarsi che obbeddissimo....."
  "..... fra le molestie sessuali che ho subito in vita mia, quella è stata una delle peggiori. Una donna mi ordinò di alzare le mani, su e ancora più su, mentre cominiciava a tastarmi scrupolosamente ogni parte del corpo. Mi fece notare che sembrava non portassi niente sotto la veste. Le risposi che ciò che portavo sotto la veste non era affar suo. Mi porse un fazzoletto di carta e mi intimò di strofinarmelo sulle guance per togliermi quella schifezza che mi ero messa in faccia. Le dissi che la mia faccia era pulita. Allora prese il fazzolletto e me lo passò sulle guance, e siccome non ottenne i risultati sperati, perchè come le avevo detto non ero truccata, sfregò ancora più forte, tanto che sembrava volesse strapparmi via la pelle....."
 Queste e altre testimonianze sono molto preoccupanti, purtroppo ci sono molti luoghi nel mondo dove queste regole assurde sono la quotidianità. L'aspetto che mi preme sottolineare è la necessità della libertà di scelta: indossare il velo e tenere un comportamento estremamente ordosso e rispettoso dei precetti religiosi è lecito ed ammissibile nel momento in cui è la singola persona, la singola donna, che liberamente decide di farlo. Imporre il velo a tutte le donne ne ha fatto perdere il significato profondo e devoto per cui le donne credenti lo portavano.

 Tutta la narrazione è molto scorrevole e dolce; la scrittura è dettagliata e ricca di particolari e descrizioni e piena di dialoghi.
E' uno dei libri più belli che abbia mai letto. Mi capita spesso di dirlo, ma voglio approfondire Azar Nafisi. E per "colpa sua" e della sua bravura voglio leggere non solo "Lolita" ma anche gli altri libri citati a partire da "Dal Grande Gatsby" a "Daisy Miller".

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