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venerdì 4 aprile 2025

I DRAGHI, IL GIGANTE, LE DONNE di WAYÉTU MOORE

TITOLO: I draghi, il gigante, le donne
AUTORE: Wayétu Moore         traduzione di: Tiziana Lo Porto
EDITORE: E/O Edizioni
PAGINE: 288
PREZZO: € 18
GENERE: letteratura liberiana
LUOGHI VISITATI: Liberia e USA 


I draghi, il gigante e le donne racconta della guerra civile in Liberia agli inizi degli anni ’90 e lo fa attraverso gli occhi di una bambina di cinque anni, Tutu.

“[…] Ma il principe diventò egli stesso un drago. Un drago dai denti asimmetrici, i gomiti dotati di artigli e occhi sottili come carta. […] E adesso Hawa Undu era presidente della Liberia, lui che un tempo era stato un principe di buone intenzioni. Nonna diceva che tutti parlavano di lui perché c’era un altro principe che voleva andare nella foresta a uccidere Hawa Undu e riportare la pace. Questo principe si chiamava Charles, come mio nonno. Alcuni pensavano che avesse le carte in regola per farcela, che sarebbe riuscito a uccidere Hawa Undu e mettere fine alla maledizione della foresta e dei principi spiriti che vi danzavano dentro, ma altri affermavano che sarebbe finita allo stesso modo, che nessun principe sarebbe riuscito ad andare nella foresta e mantenere le promesse fatte. Il bosco accecava e confondeva. Hawa Undu non sarebbe mai morto.”

La narrazione si può suddividere in tre macro aree: la guerra civile, la vita in America e il ritorno.

Nella prima parte ci viene raccontata la guerra civile in Liberia vista però attraverso gli occhi di una bambina. La narrazione ha molto del favolistico, un mix tra quello che la bambina vede, sente dagli adulti, la sua fantasia e le favole che conosce. Così ad esempio le fazioni in combattimento sono i draghi, il presidente della Liberia un Hawa Undu un drago cattivo. Fondamentale è l’attenzione con cui la famiglia cerca di proteggere la piccola Tutu, non solo fuggendo ma ammantando il tutto, cercando di nascondere la realtà o meglio dando un significato diverso, edulcorato così i morti che incontrano per strada sono persone molto stanche che si stanno riposando oppure gli spari sono rumori di tamburi.

“Altre volte mi portava a cavalluccio mentre camminavamo. Lì dove ero seduta la brezza era più calma, ma è da lì che ho visto la gente sdraiata sulla strada.
«Perché sono tutti sdraiati per terra?» ho chiesto a papà.
«Dormono» a detto lui. «Noi adesso non possiamo dormire perché dobbiamo andare da Mam».”

 

Nella seconda parte viene narrata l’esperienza americana, poiché Tutu e la sua famiglia si trasferiscono in America, dove già viveva Mam che stava studiando grazie ad una borsa di studio. E sarà in America che Tutu e le sorelle crescono e diventano adulte e affrontano molti altri problemi legati al razzismo e all’integrazione.

“«Guardami» ha detto. «Ti vergogni di me?»
«No» devo avere detto.
«Bene» ha continuato. «Perché se ti vergogni di me, allora ti vergogni di te stessa».
Avrei voluto discutere con lei ma non avevo né la forza né il coraggio di mentirle dicendo che non ero stata trasformata, che non ero vittima di un’educazione che non teneva conto di lei.
«Sei africana» ha detto, con le lacrime che le scorrevano sul viso. «Il libro, il libro che ti fanno vedere con gli africani nudi nelle giungle. Lo sai benissimo che non è così. Non lasciare che ti facciano vergognare, okay? Tu sei africana». Quelle parole mi facevano più male di quanto immaginassi. Non le avevo mai sentite prima di quella sera. Tu sei africana. Tu sei africana. Tu sei africana. Parole insieme così profondamente accusatorie e giudicanti che avrei voluto correre fuori dall’auto urlando. Tu sei africana, e mi è venuta voglia di stringere i pugni e combattere. E non sapevo perché.”


“Così noi venuti da Liberia e Nigeria ed Etiopia, da Ghana e Senegal e Repubblica Democratica del Congo, da Kenya, da Zambia e da ogni altro paese, spinti sull’oceano da quelle squame e denti digrignanti, alcuni prima dei nostri genitori e altri dopo, alcuni senza documenti e altri primi nelle loro famiglie a essere nati con il passaporto blu, ci alleniamo a essere neri, essere bianchi, essere americani, essere tutto quello che non siamo. Impariamo le parole, le abitudini, la rabbia, i modi che i nostri genitori sono qui da troppo poco tempo per tramandarci. Accettiamo le prese in giro, i soprannomi, le incomprensioni, le frasi come «In Africa cavalcavate le giraffe?» e «Lì ce l’avete tutti una casa?» e «Gli africani sono troppo aggressivi» e «Voi africani siete convinti di essere migliori» e «Bè, non sembri africana» e «Quando ho detto quella cosa, stavo parlando di altri africani» e «Qualcuno nella tua famiglia ha mai mandato una di quelle lettere-truffa nigeriane in cui chiedono soldi?» e «Ma sei americana?» e «Capelli nero-blu» e «Ci hai venduto» e «Maledetti africani» e «Lì gli uomini hanno più mogli?» e «Sai fare il voodoo?» e «Perché l’Africa è così povera?» e «Perché gli africani puzzano?» e «Grace Jones» e «National Geograpich» e «African Booty Scratcher» e «Non parli come una persona nera» e «I miei genitori donano soldi all’Africa» e «I neri sono così sensibili» e l’esageratamente entusiasta «Sììì, sorella!» e «Non sono razzista ma» e «Maledetti neri» e «Ma perché hanno macchine di lusso e vivono nelle case popolari?» e «Mia mamma non voleva dirla quella che cosa che ha detto. Lo sai come sono quelli delle generazioni precedenti alla nostra» e «Ti sei fatta aiutare con quel compito?» e «Se parli troppo dell’essere nero, sei tu a essere razzista» e «Questa volta non possiamo darle la promozione» e «Per me la razza non conta». Noi incassiamo tutto.” 

 

 

Infine c’è una terza parte che è il ritorno in Liberia, i genitori tornano a vivere nella terra natia e Tutu li raggiunge per una sorta di vacanza che però nasconde anche altri scopi (come rivedere la terra natale e cercare una persona importante del suo passato). Quella che troviamo qui è una Libreria post guerre civili che cerca di riprendersi, di tornare alla normalità ma che non potrà mai tornare davvero come prima, le ferite lasciate dagli di conflitto sono troppo profonde. E anche grazie alle domande, apparentemente ingenue della protagonista, si può riflettere molto sulla guerra e sulle sue cause. E ci ricorda una volta di più le grandi responsabilità che l’Occidente ha nei confronti dell’Africa e dei suoi popoli.

«Chi rovinerebbe le cose per cui combatte?» ho scosso la testa, disillusa.
«Forse non combattevano per la Liberia» ha detto papà a voce bassa, e poi le parole si sono attardate qualche istante, tormentandomi.
[…]
«Dove sono andati i ribelli?» ho chiesto a papà, e ho notato che con le mani stringeva forte il volante.
«Guarda fuori dal finestrino. Sono tutti qui intorno» ha detto. «Alcuni di questi tassisti, benzinai, guardie di sicurezza. Sono dappertutto».
«Si sono solo dati una ripulita e hanno ripreso a vivere le loro vite come se non fosse accaduto nulla» ha detto Mam.”

Ogni parte è a modo suo molto dolorosa e toccante. Sicuramente un libro non facile, si parla oltretutto di eventi successi poche decine di anni fa e che purtroppo succedono quotidianamente in giro per il mondo. 

Da quello che ho capito non è un memoir puro ma unisce l’esperienza personale con l’invenzione, le esperienze di Moore che è fuggita dalla Liberia in guerra e l’esperienza di essere africana e nera negli Stati Uniti, oltre all’esperienza del ritorno “in visita” nel paese natale.

Vi aspetto nei commenti per sapere se lo avete conoscete.


venerdì 17 luglio 2020

LE MIE FIABE AFRICANE - NELSON MANDELA

TITOLO: Le mie fiabe africane
AUTORE: Nelson Mandela - traduzione di Bianca Lazzaro
EDITORE: Feltrinelli - collana Universale Economica Feltrinelli
PAGINE: 170
PREZZO: € 8,50
GENERE: antologia, raccolta di racconti (fiabe)
LUOGHI VISITATI: continente africano
acquistabile su amazon: qui (link affiliato)

le mie fiabe africane di nelson mandela recensione

Una lettura interessante che è un ottimo modo per entrare nel folclore, nella tradizione orale e di storie di un continente tanto grande e variegato come l’Africa; e nonostante ciò è possibile individuare alcune costanti così il ruolo assegnato ad un animale tende ad essere uguale in tutte le fiabe ad esempio la lepre incarna la furbizia e la scaltrezza, il leone è il re.

Non so francamente cosa mi aspettassi di trovare in queste fiabe, ma durante la lettura (soprattutto agli inizi) mi sono stupita di trovare tante somiglianze, tanti elementi in comune con le fiabe che conosciamo, dopo averci riflettuto sono giunta ad una conclusione che mi piace molto: in tutto il mondo le persone inventano delle storie semplici per insegnare o anche solo per intrattenere e alla fine in tutte troviamo molti elementi comuni nonostante l’apparente distanza geografica e “culturale”, siamo tutti uguali anche se viviamo in luoghi diversi e abbiamo tradizioni ed usanze diverse (che poi se analizzate attentamente forse così diverse non sono).

Così anche in queste fiabe troviamo la magia, animali parlanti, streghe e stregoni, metamorfosi e incantesimi, re, principesse; ovviamente ci sono delle differenze di contesto: ad esempio abbiamo la savana e gli animali che la abitano, anziché castelli ci sono palazzi imperiali e i villaggi (chiamati “kraal”).

Le fiabe sono piuttosto brevi, la maggior parte occupa poche pagine, in tutto sono trenta e provengono dalla tradizione di tutto il continente africano e alcune anche dalla tradizione della comunità indo-malese di Città del Capo in Sudafrica.

Ogni fiaba è introdotta da un brevissimo trafiletto corsivo iniziale che dà conto del luogo di provenienza e della tradizione da cui è tratta e della fonte specifica.

Ci sono alcune fiabe che proprio non mi sono piaciute, sarà che non ne ho capito il significato (ammesso che ce ne fosse uno); alcune sono molto simpatiche in particolare ve ne voglio segnalare due che hanno degli animali per protagonisti: “La gatta che venne in casa” dove si racconta come furono addomesticati i gatti  e “I doni del re” dove viene spiegata la ragione di particolari caratteristiche animali ad esempio perché l’elefante ha le zanne e la proboscide? Oppure perché alcuni hanno il corpo maculato e altri le corna?

I temi trattati sono svariati, animali che si trasformano in meravigliosi principi grazie all’amore di una ragazza che rompe un incantesimo, o maleficio (ad esempio “Il serpente a sette teste”, “Il guardiano del lago”; animali “umanizzati”, streghe, re e principesse, bambine disubbidienti (“Mmadipetsane”) e bambini puri (“Mpipidi e l’albero motlopi” che è una fiaba dolcissima e tenera) e non mancano mostri e spiriti maligni (“Asmodeus e l’imbottigliatore di spiriti).

Tra le mie preferite c’è “La madre che divenne polvere” una fiaba che racconta dell’avvento della vita sulla terra, dell’indifferenza, dell’irriconoscenza e dell’egoismo degli uomini, anche se non di tutti; una fiaba molto attuale che evidenzia principalmente i lati “brutti” dell’umanità e invita con parole semplici a riflettere su temi importanti.

“E così la stella, figlia del sole, che aveva regnato nel cielo con brillantezza impareggiabile, divenne la Madre di Tutti i Figlia nati sul pianeta verde e blu. Li amava tutti e si prendeva cura di ognuno di loro. I figli alti e quelli bassi, i figli grassi e quelli magri, quelli scuri, chiari e dalla pelle dorata. Si prendeva cura di tutti, giorno e notte. […] Essi prendevano gli uccelli nei boschi e li mettevano dentro gabbie in cui non c’era lo spazio per volare. Andavano in cerca di pesci nel mare per metterli in vasche senza spazio per nuotare. Uccidevano gli animali solo per svago e ne collezionavano le teste e le pelli. Talvolta intrappolavano le bestie selvatiche e le sbattevano dentro prigioni. Tagliavano gli alberi delle foreste e le lasciavano spoglie. E così, quando la terra si stancò e la Madre di Tutti i Figli diventò vecchia, si ammalò e morì, non furono neppure in grado di preoccuparsi.” (citazione dalla fiaba “La madre che divenne polvere”).

Forse se proprio voglio trovare un difetto al volume (e lo voglio trovare) è la mancanza di una spiegazione, di un corredo di commenti al significato, a ciò che la fiaba vuole insegnare. Come detto ciascuna fiaba è accompagnata da un brevissimo corsivo introduttivo ma per alcune non mi è stato sufficiente e non le ho capite appieno, ma probabilmente sarà un mio limite.

Ovviamente l’opera va guardata e inserita nel suo ruolo che è quello di far conoscere ai bambini di oggi - e anche agli adulti – la tradizione favolistica, così come dice Mandela nell’introduzione:

“Il mio desiderio è che in Africa la voce del cantastorie possa non morire mai, e che tutti i bambini africani abbiano la possibilità di sperimentare la magia dei libri senza smarrire mai la capacità di arricchire la loro dimora terrena con la magia delle storie.”

 Ho scelto di leggere questo libro per il progetto #viaggiatoritralerighe che per il mese di luglio prevede di esplorare il continente Africano.

Una strada piana e dolce per iniziare ad addentrarsi nella cultura e nella tradizione africana e nel suo folclore.

Lo conoscete? Aspetto vostri suggerimenti di libri africani.