Visualizzazione post con etichetta #ilcardellino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta #ilcardellino. Mostra tutti i post

venerdì 15 maggio 2020

IL CARDELLINO - DONNA TARTT

TITOLO: Il cardellino
AUTORE: Donna Tartt - traduzione di Mirko Zilahi de' Gyurgyokai
EDITORE: Rizzoli
PAGINE: 893
PREZZO: € 17,00
GENERE: letteratura america contemporanea
LUOGHI VISITATI: New York
PREMI: vincitore del Pulitzer nel 2014

acquistabile su amazon: qui (link affiliato)

il cardellino di donna tartt

Un libro magnifico.
Protagonista è un ragazzino di tredici anni Theo (Theodore Decker) che improvvisamente si trova orfano a seguito di un’esplosione in un museo della sua città, New York. Solo si troverà ad affrontare i sensi di colpa, le paure e il trauma, ma anche a fare nuove amicizie, una di queste proprio grazie ad un incontro fatto durante quell’esperienza drammatica; ma soprattutto si troverà ad avere un segreto che lo rende speciale.
“Come avevo potuto credermi una persona migliore, una persona più saggia, una persona più nobile e valida e degna di vivere, solo perché avevo quel segreto? Eppure lo avevo fatto. Il quadro mi aveva fatto sentire meno mortale, meno ordinario. Era stato un sostegno, una forma di rivalsa, di nutrimento e di resa dei conti. Era il pilastro che aveva tenuto in piedi la cattedrale. Ed era terribile scoprire […] che dentro di me, per tutta la mia vita adulta, ero stato sorretto da questa colossale, crudele, invisibile gioia: credere che la mia intera esistenza avesse trovato il suo equilibrio grazie a un segreto che poteva disintegrarla da un momento all’altro”.
“Ma se anche potevo guardarlo solo di rado mi piaceva pensare che fosse lì, per via della profondità e concretezza che infondeva alle cose. Era come se rinforzasse le fondamenta della mia vita, e mi rassicurava, così come si rassicurava sapere che, lontano da lì, le balene nuotavano indisturbate nelle acque del Mar Baltico e che, in remoti angoli delle Terra, schiere di monaci cantavano senza sosta per la salvezza del mondo.”
L’altro grande protagonista del libro è “Il cardellino” dipinto di Carel Fabritius (pittore fiammingo nel XVII secolo), opera reale che vive particolari avventure all’interno del romanzo.



Il romanzo è scritto in prima persona e la voce narrante (e quindi anche il punto di vista) è quella del protagonista Theo, un ragazzo dolce, curioso e molto interessato alla vita delle persone, passa il tempo a speculare su chi sono e cosa fanno. È una ricostruzione della sua vita a partire dal tragico giorno in cui tutto cambierà per sempre fino all’età adulta, una vita che non sarà semplice (fatta di solitudine, paure e la sindrome post-traumatica da stress) ma che vedrà alcune persone molto importanti restargli accanto e con amore, così come alcuni oggetti e alcune abitudini. È la trasposizione su carta della sua vita ma anche e soprattutto delle riflessioni e delle sensazioni vissute. Mi sono arrabbiata, con Theo per alcune scelte ma soprattutto con alcuni adulti e con il “sistema”, ci sono degli adulti privi di scrupoli, e davvero odiosi e altri invece davvero generosi e meritevoli. Ci sono alcuni legami di amicizia molto belli, e attraverso di questi il lettore ha modo di conoscere la storia di vita anche di altre persone grazie alle chiacchierate con Theo, che poi lui ci riporta. Ci sarebbero tantissime cose da dire ma ho visto che la quarta di copertina è molto generica (secondo me quasi riduttiva, non rende giustizia al romanzo) e io non voglio svelare nulla di più e togliere al lettore il piacere della scoperta. È un libro che va letto, è un libro parla di emozioni e che trasmette emozioni, tra queste un grande amore per l’arte, per il cinema e per la letteratura, che in fondo sono una forma d’arte; è ricco di citazioni soprattutto cinematografiche ma non mancano riferimenti e contestualizzazioni di opere letterarie e di antiquariato.

“Rise. «I grandi quadri – la gente accorre per vederli, attirano folle, sono riprodotti all’infinito sulle tazze e sui tappetini dei mouse e su qualunque cosa. E, questo riguarda anche me, puoi passare una vita intera a visitare musei con grande piacere, un bel giretto, e poi via, a pranzo da qualche parte. Ma…» tornò a sedersi al tavolo, «se un quadro ti affonda davvero nel cuore e cambia il tuo modo di vedere, e di pensare, e di provare emozioni, non pensi, ‘oh, amo questo quadro perché è universale’, ‘amo questo quadro perché parla a tutto il genere umano’. Non è questa la ragione per cui ci si innamora di un’opera d’arte. È un sospiro segreto in un vicolo. Pss, tu. Ehi ragazzino. Sì, proprio tu.» Le dita scorrevano sulla foto sbiadita – il tocco del conservatore, un tocco senza tocco, lo spazio di un’ostia tra la superficie e l’indice. «Un’intimo colpo al cuore. Il tuo sogno, il sogno di Welty, il sogno di Vermeer. Tu vedi un quadro, io ne vedo un altro, il libro d’arte lo colloca in un altro modo ancora, la signora che compra la cartolina al negozio di souvenir del museo vede qualcosa di completamente diverso, per non parlare della gente d’altri tempi – quattrocento fa, quattrocento nel futuro – non colpirà mai nessuno allo stesso modo, e la maggior parte delle persone non ne verrà affatto toccata in maniera profonda, ma – un quadro veramente grande è abbastanza fluido da farsi strada nella mente e nel cuore da ogni possibile angolazione, in modi unici e molto particolari. Sono tuo, tuo. Sono stato dipinto per te. E – oh, non so, fermami se sto farneticando…»”.

“… e alle moltissime cose a cui ho avuto modo di pensare (tipo per cosa vale la pena vivere? per cosa vale la pena morire? quali cose non sono altro che un’assurda perdita di tempo?), ho pensato molto a quello che mi ha detto Hobie: alle immagini che ti colpiscono al cuore e lo fanno sbocciare come un fiore, immagini che ti aprono a una bellezza talmente grande che puoi passare tutta la vita a cercarla senza più riuscire a trovarla”.

La narrazione è scorrevole, ricca di dialoghi. Non manca l’ironia e non manca la suspence, quasi la paura, l’incertezza per quello che può succedere anche se non si tratta di un thriller, e non mancano i colpi di scena. È ricchissimo di analisi psicologica del protagonista e dei personaggi; Theo si interroga molto, a lungo e in profondità sul senso della vita, sia la sua sia in generale. La scrittura è descrittiva, ricca, barocca ogni aspetto, ogni frase è piena, articolata e direi ridondante di aggettivi e qualificazioni per indicare e raccontare le cose, per trasmettere al lettore tutto il possibile. È questo aspetto della scrittura che mi ha conquistata. Tutta l’esperienza di Theo, come detto, viene narrata dallo stesso una volta adulto, emergono le differenze nel percepire gli avvenimenti tra ora e quand’era ragazzino, ci sono dei rimandi a cose che Theo – e il lettore con lui – scoprirà più avanti, quasi il famoso “senno di poi”.

Le città dove Theo vive e dove sono ambientate le vicende possono considerarsi delle protagoniste New York, Las Vegas e Amsterdam, ricche e dettagliate le loro descrizioni, ma tra loro la vera star è New York nel libro si sentono i rumori e gli odori di questa grande metropoli, e se ne scoprono tante facce, leggere è un po’ come passeggiare tra le sue vie.
“Presto, lo sapevo, il cielo nero della notte avrebbe virato al blu scuro e il primo tenue bagliore della fredda alba d’aprile sarebbe entrato di soppiatto nella stanza. Giù in strada i camion della spazzatura avrebbero cominciato a ruggire, gli uccellini nel parco avrebbero attaccato a cantare; e infine le sveglio nelle camere da letto di tutta New York si sarebbero messe a suonare. Ragazzi abbarbicati sul retro dei furgoni avrebbero lanciato pesanti pacchi di ‘New York Times’ e ‘Daily News’ sui marciapiedi vicino alle edicole. Mamme e papà di tutta la città avrebbero ciabattato per casa in pigiama e accappatoio, i capelli in disordine; messo su il caffè, inserito la spina nel tostapane e poi svegliato i ragazzi, avanti che è ora.”

“Scesi a Washington Square e vagai per trequarti d’ora in cerca dell’edificio. Perdersi nello schema inaffidabile del Village (isolati triangolari, strade senza uscita che svoltavano ad angolazioni assurde) non era difficile, e per tre volte fui costretto a fermarmi per chiedere indicazioni: da un giornalaio che vendeva pipe per l’erba e riviste gay, in una panetteria affollata con della musica lirica sparata a tutto volume, a una ragazza in canottiera e salopette bianche armata di vecchio secchio e lavavetri che si dava da fare sulla vetrina di una libreria”.

E proprio la città di New York è il motivo per cui ho letto ora questo libro: la challenge #scrittoinamerica che per il mese di maggio prevede di leggere un libro ambientato nella “Grande Mela”.
Ho scoperto una scrittrice esplosiva, catalizzante, anche misteriosa, come dico sempre voglio leggere altro di suo e questa volta non sarà difficile (se mi impegno) leggere tutta la sua bibliografia poiché la Tartt è una scrittrice poco prolifica, ad oggi ha pubblicato solo tre romanzi (di cui uno l’ho già letto). 
Questo libro soggiornava da un paio di annetti nella mia libreria, comprato d’impulso senza saperne assolutamente nulla: dovevo concludere un ordine su Libraccio, e su Instagram sentii qualcuno dire che era molto meritevole, l’ho trovato tra i remainders (i libri nuovi scontati a metà prezzo) e l’ho preso, come detto non ne sapevo nulla e pensavo che fosse “vecchio” (dato che era superscontato) invece è stato pubblicato nel 2013 con un’ambientazione recente indicativamente dopo il 2000. Inoltre nel 2014 ha vinto il premio Pulitzer (che mi sta dando grandi soddisfazioni, finora i libri vincitori che ho letto mi sono piaciuti moltissimo).

Non posso far altro che consigliarlo a tutti. 

Lo avete letto? Aspetto di sapere quali personaggi avete preferito e quali odiato? (Almeno uno per categoria) O siete intimoriti dalla mole?