mercoledì 26 agosto 2020

IL MATRIMONIO DELLE SORELLE WEBER - STEPHANIE COWELL

TITOLO: Il matrimonio delle sorelle Weber

AUTORE: Stephanie Cowell - traduzione di Serena Prina

EDITORE: Beat

PAGINE: 344

PREZZO: € 9,00

GENERE: romanzo storico - letteratura statunitense

 LUOGHI VISITATI: Europa di fine '700

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“Il matrimonio delle sorelle Weber” di Stephanie Cowell è un romanzo storico incentrato sul rapporto tra le sorelle Weber (Jofesa, Aloysia, Costanze e Sophie) e il compositore Wolfgang Amadeus Mozart.

I Weber sono una famiglia di musicisti, a partire dal padre, Fridolin che è tenore e insegnante di musica, un uomo per cui la musica è vita ma che non gli restituisce quanto basta per vivere. Quella dei musicisti è una realtà precaria, fatta di alti e bassi, con una costante: la mancanza di soldi. La madre, Maria Cecilia è una donna forte, tenace, ma anche molto egoista e prepotente, quasi pazza, sempre intenta a macchinare, a progettare e sperare in un matrimonio conveniente per le figlie, un matrimonio che le elevi socialmente ed economicamente.

Josefa è la figlia maggiore, è una ragazza pratica, genuina e sincera, appassionata di filosofia oltre che di musica. Poi viene Aloysia, bellissima, civetta, amante dello sfarzo e del lusso, assieme alla madre sogna di poter avere tutto quello che desidera grazie ad un matrimonio vantaggioso, ma è anche arrogante, superficiale, presuntuosa ed egoista. Costanze è la figlia quasi dimenticata, non bella, non canta, è colei che cercherà di tenere unita la famiglia, dovrà imparare a conoscere il mondo ma soprattutto sé stessa; sarà colei che sposerà Mozart. Infine, la più piccola, Sophie che fin da bambina è giudiziosa, compassionevole, ha sempre pronta una buona parola per tutti, appiana le liti e i contrasti in famiglia.

Josefa ed Aloysia sono le figlie più grandi, sono dotate di stupende voci e infatti diventeranno due soprani affermati e talentuosi.

“Mi alzo lentamente. Per un attimo chiudo gli occhi e la piccola stanza polverosa e buia svanisce, come pure il mio corpo appesantito, e io sono di nuovo con le mie sorelle, a ruzzolare insieme a mamma e papà, nell’appartemento al quinto piano che avevamo preso in affitto in una via laterale, a Mannheim. Posso sentire la musica, le risate, il gorgogliare del vino versato nei bicchieri. È giovedì sera, i musicisti stanno arrivando per suonare, ed ecco il nostro Mozart mentre sale a balzi le scale, per la prima volta. Era un giovedì sera, deve essere stato un giovedì sera. Io avevo undici anni, indossavo un grembiule bianco sull’abito scuro, la più piccola della famiglia…” 

Il Mozart che incontriamo in questo romanzo è giovane e alla ricerca di commissioni, sta girando varie città con la madre proprio alla ricerca di opportunità, e nella cittadina di Mannheim consocerà le sorelle Weber nel 1777. Di lui sappiamo molto poco se non che è stato un bambino prodigio, componeva e ha tenuto concerti in giro per l’Europa verso i cinque, sei anni. Presta servizio presso l’Arcivescovo di Salisburgo come organista, ma non è la vita che fa per lui, vuole comporre per l’opera e così lascerà l’incarico per dedicarsi unicamente alla composizione di ciò che ama. Seguiamo a grandi linee le vicende della sua vita da quando conosce i Weber fino a quando sposa Costanze nel 1782.  Il romanzo fondamentalmente si chiude con il loro matrimonio.

La narrazione si struttura in due parti che si intrecciano: un presente narrativo che è il 1842 dove a parlare è Sophie (la più piccola delle sorelle Weber), che racconta la storia della propria famiglia e della profonda amicizia con il compositore Mozart a Vincet Novello, un biografo inglese che si è recato in Austria proprio per scrivere sulla vita del compositore, con particolare riguardo alle donne che hanno influenzato le sue opere.

“Dissi: «Monsieur Novello, quando venne da me la prima volta mi parlò di come aveva sempre trovato reali le donne delle opere di Mozart e mi chiese se io e le mie sorelle avessimo in qualche modo influito sulla loro creazione. In tutta modestia credo di poterle rispondere che abbiamo esercitato una notevole influenza su di lui. Lo abbiamo fatto davvero, Monsieur».

L’amabile biografo avvicinò la lampada e continuò a voltare le pagine delle partiture. «Sì, siamo tute lì dentro», dissi. «Tutte noi, vede… Aloysia, Costanze, Josefa e io…Tutti i nostri umori, la nostra sensualità, la nostra giovinezza. Qualsiasi spartito lei prenda in mano…Don Giovanni, Così fan tutte… ci troverà qualcosa di noi. Siamo le fanciulle giocose, le contesse solitarie, le donne abbandonate. Io mi vedo nei panni della cameriera travestita da notaio, anche se – ahimè – non ho mai cantato, non ho mai saputo cantare!»”

 E poi ci sono le parti di ricostruzione della vicenda, in terza persona e con un narratore onnisciente.

Il punto focale della narrazione sono le sorelle Weber, attraverso le loro vicende e la loro storia è possibile anche ricostruire un quadro della situazione dell’epoca, e attraverso il rapporto di amicizia con Mozart è possibile ricostruire una parte della vita del compositore.

La narrazione è scorrevole, coinvolgente, e immersiva nella realtà storica, con particolare riguardo al mondo della musica.

Il periodo storico considerato è molto affascinante siamo nella Mitteleuropa di fine ‘700, in particolare le vicende ruotano attorno ad alcune corti di principi elettori del Sacro Romano Impero e dell’Impero Austroungarico degli Asburgo, in un mondo pre rivoluzione francese. Si tratta di un mondo fatto di sfarzo, di lusso, di teatro, di compositori e musicisti e cantanti, e opere e grandi feste (dove, appunto hanno modo di esibirsi gli artisti, e i nostri protagonisti), parrucche di seta incipriate, un mondo dove la musica è importante dove i figli delle persone che contano prendono lezioni di musica e/o di canto. Ma anche un mondo quotidiano fatto di rituali con di inchini e riverenze e non mancano i riferimenti e le ricostruzioni storiche dell’ambiente in cui le vicende si svolgono:

“Qualche metro sotto il livello delle case si trovava una delle numerose cantine in cui, annaffiate da birra locale in abbondanza, si potevano gustare braciole grasse così spesse che uno riusciva a malapena ad addentarle, una specie di pappa d’avena, grassi formaggi stagionati, grossi pezzi di prosciutto con coltelli affondati dentro per stimolare l’appetito, piatti di mostarda e cavolo e così via. Lì ci si dimenticava il giorno e l’ora: la luce non riusciva a penetrare nelle stanze sotterranee dal soffitto a volta, debolmente illuminato da poche candele che tuttavia bastavano a tramutare l’ostessa in un’ombra ben fatta e prosperosa e l’oste in un’ombra a forma di lungo coltello. Le due ombre, insieme a quella del garzone ingrugnito della birreria, fluttuavano e danzavano con i loro vassoi sulle pareti in pietra. L’odore di birra era fortissimo. […] Per accedere al locale i frequentatori dovevano aprire una pesante porta in un vicolo dietro a un gruppo di stalle e farsi strada a proprio rischio e pericolo scendendo i ripidi scalini consunti, vecchi di secoli. Le donne, laggiù, urlavano e ridevano sguaiatamente, e ogni tanto sollevavano di colpo le sottane fino alle ginocchia facendo baluginare per un attimo le calze bianche nella luce fioca. Lì andavano studenti di legge, attori e poveri musicisti.”

“Nel giro di poche settimane tutte e quattro le sorelle si considerarono viennesi. Nessuno che abitasse laggiù avrebbe potuto desiderare di abitare da qualche altra parte. Era un modo di essere: con una semplice passeggiata attraverso la città uno poteva passare accanto a tutto quello che, nel mondo, valeva la pena di essere posseduto e anche incontrare l’Imperatore che girava in carrozza. Si poteva parlare con disprezzo di tutto quello che capitava in campagna, nelle fattorie, nelle città di provincia, come se tutti quelli che vivevano laggiù fossero semplicemente troppo stupidi o troppo privi di valore per vivere qui. Si poteva dire una qualsiasi frasetta in francese o in italiano ed essere capiti al volo da chiunque.”

“Il caffè-pasticceria sul Graben era il più bello di tutta Vienna: file di ripiani di marmo reggevano i dolci su piatti d’argento; un lampadario a più braccia si rifletteva innumerevoli volte negli specchi dorati; e un trio di clavicembalo, violino e violoncello, in un angolo, suonava dei motivi popolari. L’aroma intenso del caffè e della cannella accoglieva gli avventori fin dall’ingresso.”

Questo è il secondo romanzo della Cowell che leggo, questa primavera avevo letto “La donna col vestito verde”, sono gli unici due tradotti in Italia, ho riscontrato alcune somiglianze: anzitutto in entrambi c’è una ricostruzione plausibile di una storia d’amore che coinvolge un importante personaggio del panorama artistico e culturale, in questo Mozart e le sorelle Weber mentre nel primo il pittore Monet; in entrambi ad essere analizzato è il mondo degli artisti un mondo segnato da grandi passioni, grandi idee a cui, purtroppo, non corrispondono guadagni e sicurezza di vita in termini economici. La somiglianza più evidente io l’ho riscontrata nella struttura narrativa, nell’alternanza tra le parti ambientate in un “oggi” letterario e quelle invece di narrazione, ricostruzione delle vicende passate. Spero che vengano portate in Italia anche altre sue opere, che mi è parso di capire siano sempre romanzi storici.

Ho trovato i romanzi un ottimo modo per iniziare a conoscere alcuni aspetti della vita di importanti artisti, le cui vicende sono rese fruibili e godibili grazie anche alla scorrevolezza di un romanzo.

 Voi conoscete la Cowell? Vi piace questo periodo storico? 

Aspetto i vostri suggerimenti


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