venerdì 28 giugno 2024

IL PIÙ GRANDE UOMO SCIMMIA DEL PLEISTOCENE di ROY LEWIS

TITOLO: Il più grande uomo scimmia del Pleistocene
AUTORE: Roy Lewis     traduzione di: Carlo Brera
EDITORE: Adelphi
PAGINE: 178
PREZZO: € 12,00
GENERE: letteratura inglese, letteratura umoristica
LUOGHI VISITATI: Pleistocene
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“Il libro che avete tra le mani è uno dei più divertenti degli ultimi cinquemila anni.
Detto così alla buona, è il racconto comico della scoperta e dell’uso, da parte di una famiglia di uomini estremamente primitivi, di alcune delle cose più potenti e spaventose su cui la razza umana abbia mai messo le mani: il fuoco, la lancia, il matrimonio e così via. È anche un modo di ricordarci che i problemi del progresso non sono cominciati con l’era atomica, ma con l’esigenza di cucinare senza essere cucinati e di mangiare senza essere mangiati. E ci ricorda pure che la prima arma a uccidere la gente lasciando in piedi gli edifici fu la clava.”

Un libro breve denso e divertente che catapulta il lettore nella Preistoria al seguito di un clan familiare di ominidi/uomini scimmia capeggiati da Edward: instancabile (e incontentabile) inventore, così per fare un esempio Edward è colui che porta il fuoco andando a prenderlo al vulcano e trasportandolo poi fino alla caverna.

“«Abbiamo vinto!» gridammo, sopraffatti dalla gioia e ancora increduli. «Abbiamo vintooo!».
«Ma naturale che abbiamo vinto» disse papà. «E ricordatevelo bene: la natura non sta necessariamente dalla parte del più forte. La natura sta dalla parte della specie che sa far valere un vantaggio tecnologico sull’altra. Ossia noi… per il momento». Ci rivolse uno sguardo ammonitore. «Per il momento, ho detto. Non lasciatevi inebriare da un successo sporadico. Abbiamo ancora tanta strada da fare… tantissima strada. Ma adesso prendiamo possesso di questa invidiabile residenza».”
 

Edward è un grandissimo sostenitore e fautore dell’evoluzione, non si accontenta, vuole sempre migliorare la propria vita e quella degli altri, per questo motivo litiga spesso con suo fratello Vania che invece vive ancora sugli alberi ma però con la scusa di andare a “sgridare” Edward approfitta sempre per scaldarsi al fuoco e mangiare la carne che cacciano e cucinano.

Le vicende sono narrate in prima persona da uno dei figli di Edward, Ernest che racconta a suo figlio le mirabolanti scoperte e capacità del padre.

La cifra stilistica del libro è l’ironia, è un libro molto divertente e spassoso ma è pieno di riflessioni e spunti per riflettere sulla condizione umana ancora oggi. Altra caratteristica è il punto di vista della narrazione o meglio il linguaggio e le conoscenze utilizzate: le vicende sono ambientate nel Pleistocene ma sono raccontate con gli occhi di oggi. Questi ominidi ragionano in termini di teoria dell’evoluzione, sicuramente alcune conoscenze potevano essere frutto di osservazione e logica (ad esempio vedendo una tigre dai denti a sciabola “predicono” la sua estinzione perché ora i denti enormi le sono d’impaccio) però Ernest conosce il nome dell’era geologica in cui vive, conoscono nomi di animali, cose, alberi e luoghi (viene citata l’America!). Ma il tutto è ben congegnato, al servizio dell’ironia e di noi lettori che possiamo capire e apprezzare.

Come detto è anche ricco di spunti di riflessione e assistiamo ad una sorta di doppio scontro ideologico:

Edward vs Vania: il progresso, la ricerca tecnologica, la voglia di migliorarsi e di avere sempre di più, non accontentarsi di stare bene contro il conservatorismo, il va bene così, è contro natura evolversi ulteriormente, la paura delle novità e dei progressi (di cui però si giova).

“«Sono tornato ieri» riprese zio Vania «e naturalmente avevo già intenzione di venirvi a trovare. La sera stessa ho capito che c’era qualcosa che non andava. Mi risulta che da queste parti ci sono undici vulcani, Edward… non dodici! Guai in arrivo, quindi, e ho subodorato che c’entravi tu. Sperando ancora, assurdamente, ma col cuore stretto, son corso qui. Avevo ragione. Vulcani privati, nientemeno! Stavolta l’hai fatta grossa, Edward!».
Papà ebbe un ghigno sornione. «Lo credi davvero, Vania?» gli domandò. «Insomma, secondo te ci siamo, è il punto di svolta? L’avevo pensato anch’io, ma come si fa a esserne sicuri? Indubbiamente è una svolta, nell’ascesa dell’uomo, ma sarà proprio la svolta?» e papà strizzò gli occhi, in una sua tipica smorfia di comica disperazione.
«Che ne so se è una svolta o la svolta» ribatté zio Vania. «Io non presumo affatto di sapere quello che tu credi di fare, Edward. Ti monti la testa, questi sì! E ti dico che questa è la cosa più perversa e contro natura che uno…».
«È contro natura, eh?» disse papà, interrompendolo con impazienza. «Ma allora, Vania, l’artificiale è entrato nella vita subumana già con gli utensili di pietra. Sai, forse è stato proprio quello il passo decisivo, e questa è solo un’elaborazione; e però la selce la usi anche tu, e quindi…».
«Ne abbiamo già discusso mille volte» rispose zio Vania. «Entro limiti ragionevoli, gli utensili e i manufatti non infrangono l’ordine naturale. I ragni usano la rete per catturare le prede; gli uccelli costruiscono nidi che noi manco ci sogniamo; e chissà quante volte le scimmie avranno scagliato una noce di cocco per spaccarla su quella tua testa dura – cosa che spiega i tuoi deliri. Non più tardi di qualche settimana fa, ho visto un branco di gorilla attaccare una coppia di elefanti – elefanti, nota bene! – con dei bastoni. Sono disposto ad accettare come naturali le semplici selci sbozzate, a patto di non giungere a dipenderne, e di non raffinarle indebitamente. Non sono un reazionario, Edward, tanto è vero che fin lì ci arrivo. Ma questo!... È tutta un’altra cosa. Non si sa dove può portare. Coinvolge tutti. Anche me. Potresti bruciarci la foresta. Che fine farei io, allora?».”

Ernst vs Edward: la praticità e la possibilità di trarre vantaggi notevoli dalle scoperte e tenerli solo per se contro l’idealismo e progetti (romantici) di evoluzione della specie, un condividere gratuitamente con tutti le scoperte affinché tutti ne possano beneficiare; egoismo verso concetto di comunità.

Bello, bello bello. Un finale un po’ forte ma capisco necessario, inoltre siamo nel Pleistocene!

Consiglio assolutamente la lettura a chi cerca un libro di intrattenimento, un libro che parli della preistoria, divertente ma al tempo stesso dietro le battute e l’ironia si nascondono riflessioni interessanti e attuali.

Fatemi sepere se lo avete letto.


venerdì 14 giugno 2024

MR HOLMES E IL MISTERO DEL CASO IRRISOLTO - FILM

TITOLO: Mr Holmes e il mistero del caso irrisolto
REGISTA: Bill Condon
ATTORI PRINCIPALI: Ian McKellen nel ruolo di Holmes
DURATA: 104 minuti
GENERE: giallo, drammatico
AMBIENTAZIONE: Inghilterra fine anni '40

Una commedia dolce amara tinta di giallo con protagonista uno Sherlock Holmes alle prese con gli acciacchi della vecchiaia e soprattutto un dubbio lacerante sulla risoluzione di un caso, pensa di aver sbagliato, di aver fallito e che questo suo errore abbia portato a una conseguenza drammatica.

Conosciamo un Holmes anziano, scontroso e arcigno, si è ritirato da tempo a vita privata in campagna dove alleva api e vive con una governante (Mrs Murno e suo figlio Roger), è appena tornato dal Giappone, un viaggio lungo e faticoso per recuperare una pianta (il fiore del pepe) che spera possa aiutarlo con la memoria.

Si parla dei libri del suo amico Watson che lo vedono protagonista e anche un film che lo stesso Holmes ha letto e visto per caso e che sono pieni di licenze poetiche come la pipa e il cappello da caccia Deerstalker e ovviamente a Holmes non piacciono. In particolare c’è una cosa che lo tormenta il caso Kelmot: la ricostruzione che ne è stata fatta non lo convince ma non ricorda nulla a parte che è stato il suo ultimo caso prima di ritirarsi, così cerca di ricordare come andarono realmente i fatti e per questo sta scrivendo il racconto di quel caso.

La narrazione procede per flash back che alternano il presente con il viaggio in Giappone e il passato, in particolare la ricostruzione del caso Kelmot.

Holmes trova nel piccolo Roger un aiutante fedele e prezioso sia per le api che allevano assieme sia per il caso, tra i due si instaura un dolcissimo rapporto di amicizia quasi nonno nipote veramente intenso e commovente e anche il finale è davvero molto bello. Il piccolo Roger ha bisogno di una figura amica, è orfano di padre (morto nella RAF), ha solo la madre che sta cercando di dargli un futuro e per questo sta organizzando di trasferirsi sulla costa dove potrebbero lavorare entrambi in un albergo.

È un film anche tenero e triste, c’è tanto Holmes con le sue grandi capacità deduttive e logiche, un caso finale che lo segna nel profondo e lo fa smettere e poi la vecchiaia con tutti i suoi problemi che ne conseguono. Intenso, bello e dolceamaro come spesso accadde alle narrazioni quando hanno per protagonisti dei “vecchietti”.

Quella che emerge è la figura dello Sherlock Holmes uomo, uomo con dei sentimenti, con un passato che lo tormenta, alle prese con gli acciacchi dovuti all’età, un film godibilissimo.

L’Holmes che conosciamo in questo film (e lo si vede già dalla locandina) è un Holmes molto diverso dal personaggio descritto dal dottor Watson: niente pipa e niente cappello da cacciatore, per quanto, come spiegherà lo stesso Holmes la pipa gli piaceva ma dopo il successo l’abbandona perché non riusciva più a fumarla in pubblico e cercherà anche di discostarsi il più possibile dal personaggio letterario creando una sorta di dicotomia tra l’Holmes narrato da Watson e l’Holmes reale.

Non sono una grande esperta di Sherlock Holmes, ho letto due libri in passato (Il mastino dei Baskerville e una raccolta di racconti, entrambi in edizione ragazzi) che mi piacquero molto e da tempo voglio approfondire la conoscenza inoltre è una delle figure investigative più famose e io adoro i gialli.

Film consigliato a chi ama i gialli e Sherlock Holmes ma anche a chi ama le storie con dei vecchietti per protagonisti.

Fatemi sapere se lo avete visto.


venerdì 7 giugno 2024

ROSSO ISTANBUL - FERZAN ÖZPETEK

TITOLO: Rosso Istanbul
AUTORE: Ferzan Özpetek
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 111
PREZZO: € 11,50
GENERE: letteratura turca
LUOGHI VISITATI: Istanbul 
acquistabile su amazon: qui (link affiliato) qui (link affiliato) 



Dietro ai libri che compro e leggo spesso c’è una storia da raccontare, una sorta di paratesto, di contorno e di aneddoti che potrebbero anche essere interessanti e curiosi. Libro preso praticamente a scatola chiusa in accoppiata nella promo due a 9e90 e avendo Istanbul nel testo l’ho preso perché mi piace viaggiare con i libri. Poi quando lo prendo in mano per leggerlo mi accorgo che avevo letto tempo prima una recensione e di aver pensato questo libro è di quelli che non fanno per me, non mi interessa ecc ecc,  però ormai avevo deciso di leggerlo, mi ero portata solo quello ed è breve mi sono buttata ed è stata una folgorazione anche in questo caso!!

Ferzan Özpetek è anche un regista turco ma da tanti anni trasferitosi a Roma, ha la capacità di mettere su carta o su pellicola le storie che vede, per sua ammissione/dichiarazione trae spunto da ciò che lo circonda e ci crea delle storie.

“Quanti segreti, penso con un sorriso. Misteri mai risolti, segreti di famiglia mai svelati. Crimini veri e crimini del cuore. Forse è per questo che, nei miei film, mi piace raccontarli, quei segreti; svelarli, con dolcezza; scioglierli e spiegarne il perché.” “Io, invece, mi guardo sempre intorno. Ascolto le convesazioni altrui. Mi chiedo che cosa stiano digitando, le persone, sulla tastiera del loro cellulare, a chi rispondano. Cerco di immaginare le loro storie chiuse dentro a un telefonino. E i loro segreti, i rimpianti, i sogni. Per raccontarli nei miei film. Qualcuno ha detto che sono un ladro di storie, e forse è davvero così.” 

Questo libro è un mix tra realtà e finzione, un continuo alternarsi tra l’autobiografia e l’invenzione, che analizza l’amore in tutte le sue sfaccettature. Una storia inventata, se vogliamo ricamata, su una persona vista in aereo. Un racconto lungo dove si alternano dei capitoli brevi intitolati Lui-Lei a seconda del protagonista.

La parte di lui è autobiografica protagonista è lo stesso Özpetek, scritto in prima persona, ci racconta della volta in cui torna ad Istanbul per salutare la madre e soprattutto la propria casa. Il suo quartiere natale è oggetto di un “rinnovamento” che vede l’abbattimento delle ville/dimore storiche per costruire palazzine moderne. Il ritorno a casa diventa anche occasione per rivedere amici e luoghi, è un tuffo nel passato, nell’infanzia e nell’adolescenza, amici e primi amori, la vita in famiglia, la madre. Una ricostruzione melanconica dolce amara.

La parte di Lei è scritta in terza persona e protagonista è Anna in viaggio con il marito Michele e una coppia di giovani loro impiegati (Andrea ed Elena); le sue avventure ad Istanbul iniziano con la classica visita turistica alla città fino a che una serie di eventi inaspettati, casuali e drammatici cambiano la vita di Anna che prende una decisione drastica e coraggiosa e la sua vita prenderà una piega molto diversa e la porterà a scoprire anche la vera Istanbul.

“Nella cartolina di mio padre, Istanbul è ritratta in biaco e nero. Istanbul, la città della malinconia, anzi dell’hüzün, quel sentimento a metà fra la tristezza e la nostalgia. Sarà per i palazzi abbandonati che si stanno sgretolando; o per le yali, le antiche case di legno costruite su pontili e affacciate sull’acqua del Bosforo, usate un tempo per la villeggiatura. Poi bruciate o distrutte, una dietro l’altra. Hüzün sono le sere piovose d’inverno, e i gabbiani in certe albe tristi.
Per me Istanbul è, invece, una città di colori. Il blu della Moschea di Rüstem Pasha, avvolta di maioliche Iznik, in Anatolia, dove sono state create e modellate. E l’azzurro di certe giornate in cui il cielo ti fa venir voglia di diventare un aquilone.
[…] Istanbul è il blu e rosso, che paiono riuscire a fonderssi solo in certi tramonti sul Bosforo. E il rosso, il rosso dei carrettini dei venditori ambulanti simit: le ciambelle calde ricoperte di sesamo che sono la prima cosa che compro quando arrivo. Il rosso fiammante dei vecchi tram: oggi ne è rimasto solo uno, con cui i turisti attraversano il cuore della città. Il rosso-arancio con cui erano decorati i piattini del tè che una volta ti porgevano nei kahve: tè bollente, servito nei bicchieri di vetro."

Altra grandissima protagonista è la città di Istanbul che viene analizzata e raccontata da vari punti di vista, quella dei turisti, quella di chi ritorna dopo tanto tempo, e quella di chi la vive quotidianamente e si batte per mantenerla in un certo modo. La città si trova anche al centro di uno scontro tra modernità e passato, tra chi vuole cambiarle faccia e avvicinarla il più possibile all’occidente e al moderno e chi invece vuole preservarne l’identità storica e culturale e questo scontro sfocia in proteste e che infiammano la città con manifestanti con garofani rossi e che ballano nelle piazze e polizia che risponde con idranti e manganelli. Entrambi i nostri protagonisti per ragioni e in modo diverso si trovano coinvolti in queste proteste.

“C’è una donna vestita di rosso che va incontro alla polizia, vorrebbe parlare, dire qualcosa, convincerli. Ha un abito scarlatto che è come una bandiera: un vestito più adatto, forse, per passeggiare in riva al Bosforo, o stare seduta al tavolo di un elegante caffè di Bebek. E invece è lì. Viene investita in pieno da un getto d’acqua, ma non cade, non vacilla. È come se quel vestito fosse un’armatura. La forza delle idee. O forse, solo di un abito rosso.
E poi è rosso, rosso ovunque, per tutti i giorni che seguono, freneticamente. Al ritmo delle pentole che le donne anziane con il velo battono alle finestre per dire che sì, anche loro sono d’accordo, stanno dalla parte dei manifestanti. È rosso per i garofani scarlatti che i manifestanti portano per strada, che offrono ai militari: segno di pace, di rivoluzione, di resistenza. Una ragazza porge un fiore a un poliziotto chiuso nel suo casco, lui china la testa. Riusciranno i petali a sconfiggere la violenza?
La rivoluzione dei garofani, Lisbona 1974. La primavera di Praga, nel 1968, e i fiori contro i carri armati. Un ragazzo solo contro i carri armati, in piazza Tienanmen, 1989. Le barricate a Parigi, nel 1830: la Libertè guidant le peuple, una donna che sventola una bandiera alla guida dei rivoluzionari nel quadro di Delacroix, come oggi fanno le ragazze di Gezi Park. Perché tutto cambia, ma non la voglia di cambiare il mondo. Tutto cambia, ma non la rivoluzione.”

Un libro breve ma inteso, forte che si occupa di amore e vita, introspezione, nostalgia del passato e paura per un futuro incerto. Ti porta a chiederti io cosa farei al posto dei protagonisti?

Lettura superconsigliata, fatemi sapere nei commenti se avete letto il libro e cosa ne pensate.